Gayaniya Preobrazhensky, Istoricheskaya Akademiya, Mosca-Russia.
"Ivan?" Il mio sussurro si perse tra i suoi ansiti. "Ivan?"
Le mie mani iniziarono a tremare e quando si girò a guardarmi, il mio cuore perse un colpo.
Ivan non era Ivan. Aveva gli occhi iniettati di sangue, la pelle pallida e tirata, il sudore sulla fronte. Ivan stava male. Molto male.
"Ivan, rispondimi." Mi avvicinai di un passo, ma il ragazzo si accasciò sul banco di fronte a lui e chiuse gli occhi. "Ivan, mi stai facendo spaventare, ti prego, rispondimi." La mia voce si spezzò e così anche il cuore quando sollevò di nuovo lo sguardo e lo puntò nel mio. "Dimmi cosa è successo," lo implorai, aiutandolo a sedersi sul pavimento.
Senza parlare si tolse la giacca ed iniziò a sbottonarsi la camicia. Mi posizionai in ginocchio tra le sue gambe semi aperte e lo aiutai a togliere la cravatta perché le mani gli tremavano troppo per riuscirci in autonomia.
"Hai bisogno di acqua?" Mi guardai intorno ma in quell'aula dismessa non vi era nulla che somigliasse ad una bottiglietta. "Hai bisogno di-
Le braccia di Ivan mi circondarono la vita e mi ritrovai il suo viso sul mio petto, perché anche da seduto era alto quasi quanto me. Lo vidi chiudere gli occhi e respirare profondamente contro la mia felpa; non sapendo dove appoggiare le mie di mani, gliele accostai delicatamente sulle spalle ed iniziai ad accarezzarlo con lentezza, il giusto per permettergli di rilassarsi.
"Ciliegia," mormorò senza abbandonare la presa intorno alla mia vita qualche minuto più tardi, rompendo per la prima volta il silenzio. "Ciliegia."
"Come?" Chiesi non avendo colto il suo discorso se non l'ultima parola. "Ivan?"
"Ciliegia, i tuoi capelli profumano di ciliegia." Mi toccò i capelli con le dita ancora tremanti. "I tuoi capelli mi fanno sentire in pace," continuò a sussurrare un po' più imbarazzato, come se ammettere che gli piacessero i miei capelli lo rendesse più vulnerabile. "Sono del colore della notte senza stelle, adoro la notte."
Con estrema cautela mi abbassai alla sua altezza e gli presi il volto tra le mani.
"Ivan." I suoi occhi azzurri mi calamitarono nel suo mondo di profondo dolore e lo abbracciai, appoggiando la testa sul suo collo; il ragazzo ricambiò il mio gesto e inspirò tremante. Per avvicinarlo di più a me gli passai una mano tra i capelli. "Dimmi cosa ti sta succedendo, ti prego."
Mi spezzava vedere Ivan così inerme, così impaurito e dolorante, soprattutto perché sembrava sempre il classico spaccone, ma dietro la sua perfetta facciata vi era molto altro.
"Io-Io..." Tremò nel mio abbraccio e lo strinsi più forte. Passarono interi minuti prima che Ivan allentasse la sua presa intorno ai miei fianchi e reclinasse la testa contro la parete dell'aula. "C'è una cosa che devi sapere, Gaya." Deglutì con gli occhi chiusi e la bocca secca. "Devi conoscere una parte del mio passato e se non vuoi averci a che fare capirò, ma prima di scegliere devi sapere."
Non parlai, gli strinsi le mani tra le mie come segno di presenza e prese un grosso sospiro.
"Avevo quattordici anni quando i miei fratelli iniziarono a spiegarmi cosa ci si aspettasse da me nella nostra società." Prese un altro grosso respiro. "A differenza loro, non mi sono mai abituato alla persona che sarei dovuto diventare: fino ai quattordici stavo sempre nella mia stanza a giocare ai videogiochi, ignaro di ciò che stesse succedendo nella nostra società, ma dai quindici in poi fu un delirio." Si passò una mano tra i capelli. "Gaya, io, la mia famiglia, io sono il fratello di Dimitri e lui è il boss della Drakta."
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Resilienza | THE NY RUSSIAN MAFIA #4
ChickLit[COMPLETAMENTE REVISIONATA✨] Ivan Matvej Ivanov. Un ragazzo salvato per miracolo, una vita spezzata dalle oppressioni della propria società, uno spiraglio di luce in due occhi scuri.