IV

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Ivan Matvej Ivanov, Villa Ivanov, Mosca-Russia.

Mi bloccai a metà della scalinata con i capelli ancora bagnati e una misera tuta grigia da ginnastica, perché Gayaniya era lì, immobile e assolutamente in imbarazzo di fronte ai miei fratelli, deliziosamente aggrappata alla sua borsettina nera; eppure, nonostante la sua vista mi avesse fatto battere il cuore un pochino più veloce, fui abile abbastanza da notare subito che qualcosa non andava per il verso giusto.

Per esempio, era stranamente appoggiata più sulla gamba destra e il braccio sinistro era un po' cadente. Mi avvicinai con cautela e continuai a studiarla con attenzione.

"Ciao," pigolò per rompere il silenzio.

"Ciao." Feci un cenno ai miei fratelli. "Grazie, mh, va tutto bene, parleremo in salotto."

Un po' impettito mi girai e iniziai a dirigermi in salotto, ma Dimitri mi richiamò con uno sbuffo dal naso.

"Puoi andare in camera tua, non c'è nessun problema."

Lo guardai con riconoscenza e feci strada a Gayaniya, sempre più vigile sul suo stato di salute fisica. Quando spalancai la porta, la studiai per bene e quello che vidi non mi piacque, così chiusi l'uscio dietro di me e non feci in tempo a respirare, che mi abbracciò di slancio. Accolsi con molto piacere quel contatto e nascosi la testa tra i suoi capelli profumati di ciliegia.

"Mi sei mancata, krasotka." Bellezza.

Mi strinse ancor più forte e le passai una mano tra la dolce cascata di capelli neri, la sollevai in braccio e la adagiai sul materasso. La strinsi, la strinsi così forte e così vicino al mio petto, che per un minuto intero non feci altro che percepire la sua presenza.

"Non voglio più fare la ballerina." Squarciò il silenzio con quella dannata confessione. "Non voglio più."

"Ma che costa stai dicendo, Gaya?" Mi allontanai di poco e le passai una mano sulla fronte. "Era tutto quello che volevi."

"No"—deglutì con pesantezza e mi sorrise triste—"no, l'ho capito ieri quando sono andata al Bolshoi." Scosse la testa. "Io volevo questa vita solo perché non potevo immaginarne una diversa, ma quelle pareti sono lo stesso una prigione, una prigione dorata, ma pur sempre una dannata prigione in cui la gente si spintona per primeggiare, ed io non voglio."

Mi tracciò il profilo della mano e la intrecciai alla sua.

"E cosa vuoi, Gaya?" Mi avvicinai, le sfiorai le labbra e quando la sentii rabbrividire le feci passare una mano intorno alla vita. "Cosa vuoi?"

"Te." Respirò tremante. "Lontano da tutto questo, lontano dalla Russia, ma voglio te, Ivan. Ho sempre voluto te."

Sgranai gli occhi. "Sempre?"

"È da due anni che non faccio altro se non guardarti da lontano, immaginare ogni tuo singolo gesto essere attuato solo per farmi felice... io, io ti voglio, ti ho sempre voluto."

Le accarezzai la guancia con il pollice e chiusi gli occhi: non poteva nemmeno sapere quanto quella sua rivelazione fosse per me assolutamente preziosa.

"Non appena avrò fatto i conti con me stesso, ti porterò via, ma ora non posso Gaya, non posso farti affondare con me."

Sollevò la testa e mi accarezzò i capelli umidi.

"Non lo faresti mai, Ivan, non mi hai mai fatto del male." Mi diede un bacio casto sulle labbra. "Ma non sapevo se provassi le mie stesse emozioni."

"Ti ho pensato ogni singolo giorno di questo mese." Mi regalò il sorriso più bello che avessi mai visto. "Ma solo ieri sera ho fatto progressi con la terapia e prima non volevo darti false speranze."

Resilienza | THE NY RUSSIAN MAFIA #4Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora