VIII

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Gayaniya Preobrazhensky, Istoricheskaya Akademiya, Mosca-Russia.

La settimana era volata. Il sabato era giunto con una velocità disarmante. Io e Ivan non ci eravamo più parlati, vi era solo stato un continuo scambio di sguardi, più o meno celati; niente di più e non sapevo se sentirmi sollevata alla prospettiva di non dover spiegare la mia infanzia a qualcuno, oppure delusa.

In un battito di ciglia mi ritrovai a fronteggiare lo stupido abito da sera nella mia cameretta. Non avevo capito nulla delle spiegazioni di mio padre circa quell'evento: a quanto pareva facevamo parte di una società molto potente e per questo motivo avremmo dovuto apparire al meglio a quel ricevimento. Una società che gli avrebbe permesso di crescere, così mi aveva spiegato, di acquisire potere e influenza.

Passai le dita sulla stoffa blu notte e mi chiesi cosa diavolo avessi mai fatto nella mia vita precedente per poter finire in un pasticcio del genere. Non avevo creduto ad una sola parola di mio padre. Avevo un brutto presentimento, che si acuì quando indossai il vestito striminzito, i trampoli argentati, i mille gingilli e la spilla che fermava i miei capelli neri e setosi, che avevo acconciato con delle onde voluminose.

Ero esposta.
Troppo esposta per i miei gusti.

Ivan Matvej Ivanov, Salone dei ricevimenti di un generoso esponente della Drakta, Mosca-Russia

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Ivan Matvej Ivanov, Salone dei ricevimenti di un generoso esponente della Drakta, Mosca-Russia.

Rimasi impalato. Erano tutti lì: Dimitri, Maria, Aleksei, Ella, Gennady e me lo avevano appena detto: Fillip; a destra, Andrej con Lily Rose e Erin. Poi spostai lo sguardo su mio fratello Mikhail e la rossa appoggiata alla sua spalla. Avevo dei blandi ricordi di Ariel, per lo più cancellati dalla cocaina, ma ero più che certo all'epoca non fosse incinta, o sposata con mio fratello Mikhail, che la guardava come si osservava il sole di mezzogiorno dopo un lunghissimo e freddo inverno, e come se suo figlio, Vanja, mi avevano detto si chiamasse, fosse la sua aria ed il suo respiro.

Barcollai all'indietro e provai un vago senso di disagio, ma probabilmente questo disagio i miei fratelli non lo avvertirono, perché si fiondarono tra le mie braccia senza lasciarmi scampo.

Sentii.
Percepii una scintilla.
Un qualcosa.
In fondo.
Così in fondo che mi sembrò di sognarla.
Ma qualcosa.
Qualcosa c'era nel petto.

Una sensazione stranissima, una sensazione che era da tantissimo tempo che non avevo più incontrato, che però si spense non appena iniziò il ricevimento.

Una sensazione stranissima, una sensazione che era da tantissimo tempo che non avevo più incontrato, che però si spense non appena iniziò il ricevimento

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Resilienza | THE NY RUSSIAN MAFIA #4Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora