II.

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Gayaniya Preobrazhensky, Piazza del teatro 1, Bolshoi, Mosca-Russia.

Mi guardai nello specchietto della macchina solo per scrupolo, perchè sapevo di non essere molto presentabile. Purtroppo, da quando Ivan aveva abbandonato la scuola per due lunghi mesi, non mi era stato semplice concentrarmi sulle lezioni e su me stessa, il che poteva essere un grande errore, considerato che non avevo più avuto sue notizie e poteva benissimo aver perso interesse per me, o per qualsiasi altro essere umano.

D'altro canto, suo fratello Mikhail, il legale della Drakta, mi teneva aggiornata in continuazione sul risvolto del disconoscimento, ma nell'ultimo paio di settimane avevo più l'impressione che mi chiamasse per tenermi occupata, come se fosse a conoscenza del mio pietoso stato d'animo, piuttosto che aggiornarmi sulla questione legale.

Ivan...

Ivan in poco tempo era diventato non solo qualcuno che mi piaceva da impazzire, ma anche un confidente e non averlo al mio fianco era quanto di più terribile in queste circostanze; anche perché Kalisa aveva ripreso con i suoi stupidi gesti di supremazia, ora che la banda della Drakta si era dileguata dall'Accademia.

Scesi dalla macchina e mi addentrai all'ingresso dell'enorme teatro in cui ogni ballerina russa avrebbe sognato di ballare: il Bolshoi di Mosca, ma non con l'emozione che avrei dovuto avere.

Scesi dalla macchina e mi addentrai all'ingresso dell'enorme teatro in cui ogni ballerina russa avrebbe sognato di ballare: il Bolshoi di Mosca, ma non con l'emozione che avrei dovuto avere

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Ivan Matvej Ivanov, Villa Ivanov, New York.

Tentai in ogni modo di concentrarmi sulla domanda che mi aveva posto Lily Rose alla nostra ventesima seduta, ma il mio pensiero rincorreva una minuta ragazza dai capelli scuri e dalle labbra color pesca, che mi aleggiava nella mente come una musa.

"Ivan?"

"Mh?" Girai la testa verso la mia psichiatra e incrociai le mani sul petto. "Sì?"

"Dov'eri?"

"Qui sdraiato su questo lettino, e dove se no?" Le risposi con fare fin troppo ovvio, ma il suo sorrisetto mi suggerì tutt'altro. "Da nessuna parte."

"C'è per caso qualcosa che dovrei sapere?"

Mi sollevai dal lettino verde mela e la guardai stralunato.

"No." Scossi la testa con decisione. "Sono abbastanza consapevole che avere mia cognata come psichiatra non sia normale, ma anche come dottoressa del cuore, no grazie." Sollevai le mani in aria e mi riadagiai pesantemente sul materassino, rimanendo colpito da come tutte le donne in casa Ivanov si fossero abituate facilmente al russo in un paio di anni e ficcare il naso negli affari altrui. "E poi, so bene che Andrej mi prenderebbe in giro, quindi passo volentieri prima che il nostro rapporto si trasformi in un conciliabolo di comari."

Lily scoppiò a ridere divertita e scosse la testa.

"Comunque non è così insolito, sai?" Mi sorrise materna. "La storia della cognata come psichiatra."

Resilienza | THE NY RUSSIAN MAFIA #4Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora