Capitolo 38 • Mylene

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«Come mi hai chiamata?»

La mia voce uscì più acuta di quanto avessi voluto. Mentre pronunciavo quelle parole, mi ricordai di colpo dove avessi già visto la sua faccia.

Si trattava della ragazza che era di fianco a mia madre in quella specie di foto di famiglia.

«Nipotina» ripetè lei. «Non avevi capito dalla foto che ti ho fatto avere che tua madre non era figlia unica?»

«Q-Quindi sei mia zia?» balbettai, sconvolta.

«Certo» rispose con tono leggero, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

«E quindi io non sono l'ultimo sole?» domandai confusa, nonostante sapessi già la risposta.

«Certo che lo sei» replicò impaziente. «Io e tua madre eravamo sorelle solamente per via materna. Mio padre è stato così buono da crescere Alya come se fosse figlia sua.»

Mi limitai a guardarla.

Era la milionesima volta che mi sconvolgevo nel giro di pochi giorni, ormai avrei dovuto esserne abituata.

Ma non c'era nulla che potesse rendere meno scioccante l'avere una persona del mio stesso sangue davanti a me.

Non ero sola al mondo! Avevo vissuto tutta la mia vita con questa convinzione, ma proprio davanti a me c'era mia zia, mia zia!

«I tuoi genitori...?» chiesi piano, lasciando la domanda a metà.

«Mio padre è morto» rispose con una nota di amarezza. «È stato giustiziato nell' Arena dei Miracoli per aver cercato di entrare nella Reggia Azzurra per conto dell'Ordine.»

Alla vista della sua espressione, mi ritrovai a mormorare «Mi dispiace».

«Sapeva che cosa avrebbe rischiato quando ha accettato la missione» replicò, sventolando una mano in aria come per liquidare l'argomento.

«E tua madre?»

«Mamma è viva.»

Sentii una sensazione che non avevo mai provato nascermi del petto. Era sollievo puro: da qualche parte, in una gigantesca isola in mezzo all'oceano, avevo una nonna.

«Vive ancora a Fyreris» continuò con un piccolo sorriso, soddisfatta della mia reazione. «Ma non la vedo da molto tempo.»

Non riuscii a dire altro.

Dopo qualche secondo mi resi conto di avere ancora mani e piedi legati. Di colpo, la felicità che mi aveva pervaso quando avevo scoperto di avere una famiglia si affievolì. Piano piano fu sostituita dalla consapevolezza di non essere altro che una prigioniera.

«Perchè mi avete legato?»

«Precauzione» rispose Mylene. «Hai poteri che non puoi nemmeno immaginare, voi Figli del Sole potete essere molto pericolosi.»

«Beh, ora non sto facendo saltare in aria nessuno, né sto dando di matto, quindi...»

«Stevens.» Chiamandolo semplicemente per nome, Mylene ordinò a Shaun, alle mie spalle, di slegarmi i lacci che mi legavano alla sedia.

Shaun mi liberò le mani dietro alla schiena e, quando si spostò per passare a slegarmi i piedi, dovette per forza entrare nel mio campo visivo.

Non mi sarei mai aspettata di vederlo così, nella stessa identica uniforme di Mylene. Vidi che portava una cintura sul torace, piena di coltelli, di pugnali e di moltissime altre armi a cui non seppi dare un nome.

ELYRIA • L'ultimo soleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora