Capitolo 2 • Tre regole di sopravvivenza

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«Allora, sei nuova qui?»

«Sì, mi sono appena trasferita.»

Rose Ward, al mio fianco, affrettò improvvisamente il passo e si mise davanti a me, cominciando a camminare all'indietro. Aprì le braccia con fare teatrale e sorrise. Era un sorriso affabile, radioso, ma non potei fare a meno di notare che lasciava trapelare una certa, inspiegabile ansia.

«Evelyn Lewis, benvenuta alla Mayer High School» esordì. «Devi sapere che ci sono tre regole chiave da seguire per sopravvivere qui...»

Il suono assordante della campanella la interruppe a metà frase. Facendo una sorta di sorrisetto di scuse, Rose fece ricadere le braccia lungo i fianchi.

«Mi sa che dovremo rimandare questa conversazione a più tardi» disse ritornando a camminare al mio fianco. «Meglio che ci sbrighiamo. Già devo prevedere scarsi risultati scolastici da parte mia, non è il caso che arrivi in ritardo già il primo giorno.»

Non feci in tempo a dirle che sarebbe potuta andare, che non mi sarebbe servito il suo aiuto per arrivare all'ufficio del consulente. Eravamo arrivate proprio davanti alla porta che riportava la scritta "Ufficio del consulente scolastico".

Rose si congedò in fretta, promettendomi che ci saremmo incontrate più tardi. Senza dire mezza parola di più, girò sui tacchi e cominciò ad allontanarsi di gran carriera. Rimasi a guardarla scomparire quando girò l'angolo, notando come molti studenti si voltassero al suo passaggio.

Riscuotendomi, mi girai verso l'ufficio, allungando la mano per bussare. Prima che io potessi anche solo sfiorarla, la porta si aprì.

Feci un passo indietro istintivamente, ritrovandomi a guardare l'alto e imponente uomo di colore che aveva portato via il ragazzo che aveva fatto a pugni. Era seguito a ruota da quest'ultimo, che, notai, non aveva ancora perso quel sorriso ghignante.

Era stato già abbastanza strano che sia Rose Ward che quel ragazzo di cui già mi ero scordata il nome - che mi stava guardando - avessero avuto quella reazione senza che ci si mettesse pure lui.

«Lei dev'essere la signorina Lewis, giusto?» mi chiese con voce profonda e aggrottando le folte sopracciglia in un modo che mi fece venire voglia di prenderlo in giro.

«Sì, sono io» confermai, evitando di guardarlo dritto negli occhi, convinta che se lo avessi fatto sarei davvero scoppiata a ridere.

«Il signor Moore ti sta aspettando» disse indicandomi la porta da cui era appena uscito.

Annuii, interpretando quella frase come un congedo.

Mentre mi ricominciavo a muovere, il mio sguardo non poté fare a meno di cadere sulla faccia del ragazzo. Mi concessi due secondi, solo due secondi, per alzare lo sguardo e guardarlo, ma furono abbastanza per farmelo distogliere e per farmi arrossire come una dodicenne in piena crisi ormonale.

Feci un passo in avanti e subito lo sentii dire: «Lewis ha detto?».

Mi fermai subito, senza pensarci, e mi girai a guardarli, vedendo l'uomo rivolgergli un'occhiata di fuoco. «Cole, smettila.»

«E perché? Sto solo cercando di socializzare...» la sua voce grave con quella perenne nota di durezza e tipica del finto innocente mi ricordava vagamente qualcuno, ma non riuscii ad afferrare chi.

«Il signor Moore ti sta aspettando» ripeté il preside, ignorando Cole.

Obbedii subito, felice di avere una scusa per allontanarmi da quella situazione imbarazzante.

«Ti vieto di importunarla, Cole.» sentii dire dal preside mentre entravo dentro l'ufficio e mi chiudevo la porta alle spalle. «Quel tuo sguardo non mi ha proprio convinto...»

ELYRIA • L'ultimo soleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora