Capitolo 7 • Sotto la botola

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La macchina di Rose stava sgommando per le trafficate strade di Boston a grande velocità: tutta la sua impazienza nell'arrivare a casa di Adam Fallon il più presto possibile si traduceva nel suo modo di guidare.

Ero seduta nei sedili posteriori, chinata in avanti per non perdermi nemmeno una parola di quello che stavano dicendo i due Domini.

«Sono già scesi?» stava chiedendo Matt.

«Non ancora» rispose Rose. «Quando mi hanno chiamata avevano appena avvertito l'Istituto Omega per far inviare dei Domini della Terra sul posto, così che qualcuno dicesse quanto è profondo.»

Matt annuì, alzando lo sguardo sullo specchietto retrovisore e sorridendomi quando vide che ero tutta orecchi.

«È probabile che arriveremo prima noi» aggiunse dopo qualche secondo.

Nella mia mente passò fugace il ricordo dell'incontro che avevo avuto con Will. Allontanai in fretta il ricordo, sentendo il sangue affluire alle guance, e mi riscossi.

«Come fate a sapere che non è tornato a Elyria?» chiesi ripensando a quello che aveva detto Will in risposta alla mia domanda.

«Non lo sappiamo. Dobbiamo solo sperare che non sia così, visto che non possiamo fare nulla nel caso sia davvero tornato là.»

«Giusto...»

«Eccoci» ci interruppe Matt, allungando un dito e indicando la familiare casa bianca.

Emozionata com'ero fui la prima a scendere.

Aggirammo la casa in silenzio, raggiungendo il giardino sul retro. Nessuno si era preso la briga di ripulire quel casino: bicchieri di plastica, bottiglie di birra e di superalcolici, tovaglioli di carta e mozziconi di sigarette lasciate a metà erano sparsi dappertutto. Nell'aria regnava ancora un forte odore di tabacco, di canna e di alcol.

Il vento evocato da Rose aveva sradicato i pochi alberelli presenti nel cortile e la terra era smossa nel punto in cui Matt aveva eretto il muro. Alzando lo sguardo potevo vedere i resti dell'esplosione che aveva causato Adam.

«Ward!»

La voce che aveva chiamato Rose era familiare e non ci misi molto a capire a chi appartenesse. L'uomo che mi aveva accolta all'Istituto Omega ci stava venendo incontro, camminando spavaldo nella sua divisa nera. Notai che sul braccio destro, poco sotto la spalla, portava una spessa fascia marrone.

«Bennett» lo salutò Rose.

«Non sapevo che avreste portato ospiti» mi rivolse un'occhiata veloce.

«Ciao Damian» lo salutò Matt.

«Matt» rispose l'altro con l'accenno di un sorriso, che stonava con la severità del suo viso.

«Lui ti può chiamare per nome?» Rose alzò le sopracciglia.

«Lui è il figlio del mio capo» rispose guardando con superiorità la ragazza.

«Tecnicamente anche mia zia sarebbe il tuo capo...»

Evidentemente Rose aveva detto la cosa sbagliata. Damian Bennett s'irrigidì impercettibilmente per un secondo e, rivolgendo un'occhiata sprezzante e infastidita a Rose, si congedò.

«Matt, appena puoi...»

Nell'espressione di Bennett riuscii a leggere del disprezzo, nascosto da quello che poteva sembrare del semplice fastidio. Se Rose, per una ragione a me ancora ignota, lo aveva offeso, lui non lo diede a vedere.

Si allontanò verso un gruppo di Domini, che portavano la stessa divisa nera che aveva lui. La fascia sul braccio, però, era azzurra.

Li seguii con lo sguardo mentre entravano uno dopo l'altro dentro la casa.

ELYRIA • L'ultimo soleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora