32. New York

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L'aeroporto quel giorno era pieno di persone, la struttura era colma del vociare di coloro che si preparavano a partire, oltre ampie vetrate, sulla pista di decollo, si potevano osservare gli aerei di linea prendere il volo. Nell'imponente struttura grigia erano ospitati numerosi negozi, al di sopra un grande spazio centrale, dove la gente attendeva il proprio aereo, tabelle digitali segnalavano i voli.

Katsuki conosceva ormai bene quel posto tante volte si era ritrovato a partire, quasi non faceva più caso alla confusione attorno a lui mentre si dirigeva, trascinando il suo trolley nero, con i suoi amici verso il gate.

La fila procedeva lentamente verso l'imbarco e in quei pochi minuti i ragazzi si scambiarono quatto chiacchiere

«ahh New York! New York! New York!!» non faceva che ripetere Mina emozionata. Erano là da quasi quattro ore e il biondo poteva giurare di non averla sentita parlare di altro
«Mina siamo qua dalle quattro di mattina solo... silenzio, ti prego» imprecò Denki con occhi chiusi e la fronte poggiata sulla spalla destra di Hanta che, ridacchiando, scrollava la home di Instagram del suo telefono.
«forse dovresti... un po rilassarti, ecco» sorrise Katsuki e la ragazza sbuffò sonoramente, alzando gli occhi al cielo con fare tragico
«ma non capite? New York? America? Ho sempre voluto andare in America! Basta deciso! Mi trasferisco!» i ragazzi la fissavano divertiti mentre lei continuava a parlare, con un tono di voce probabilmente fin troppo alto dal momento che aveva attirato l'attenzione di diversi passeggeri, agitando le braccia e attirando non poche occhiate stranite
«si... come te la cavi con l'inglese?» chiese divertito Hanta inarcando un sopracciglio e Mina aprí la bocca più volte in cerca di una risposta
«che importa! Smettetela di rovinare i miei progetti futuri! Parlo con tutti e tre! Andiamo Eijiro, dí qualcosa» piagnucolò la ragazza e solo allora il rosso sollevò lo sguardo dal suo telefono

Sì, anche Eijiro quella mattina era con loro, ma come probabilmente avevano pensato tutti era come se non ci fosse, costantemente perso nei suoi pensieri, insolitamente silenzioso e cosa assai più strana senza quel perenne sorriso a illuminargli il volto.

Katsuki aveva notato immediatamente che qualcosa non andava: quando si era svegliato quella mattina, il letto di fianco a sé era vuoto, fatto assolutamente insolito vista l'abitudine di Eijiro di aspettare il suo risveglio ogni giorno per poi riempirlo di dolci attenzioni. Anche la sua colazione, che altro non era stato che un semplice bicchiere di latte freddo, era stata consumata in solitudine; appena alzato aveva trovato il rosso in cucina intento a sistemare le stoviglie dopo il suo pasto e quando lo aveva visto, accennando un sorriso, si era congedato verso la camera da letto affermando che dovesse finire di sistemare la sua valigia. Non un buongiorno, non un bacio, nulla.

Certo non era da fraintendere, Katsuki non si abbatteva per delle simili piccolezze, era ben consapevole dell'amore del rosso nei suoi confronti e non aveva la minima intenzione di mettere in dubbio niente di tutto ciò, la sua principale preoccupazione era proprio il comportamento del suo ragazzo. Era un libro aperto, non serviva un professionista per comprendere a pieno le sue emozioni, quegli occhi fin troppo espressivi facevano trapelare anche la minima tristezza e quella mattina sembravano mostrare parecchio turbamento.

Aveva provato a parlare con lui, sia in camera da letto che quando erano usciti di casa, per salire in macchina e raggiungere l'aeroporto, ma non aveva ottenuto nulla, solo sorrisi imbarazzati e frasi per sviare ogni discorso che potesse indurre al suo stato emotivo. Il risultato era stato un tragitto silenzioso, senza nemmeno la radio di sottofondo; Katsuki avrebbe fatto qualunque cosa pur di sentire quelle canzoni rock, che definiva un "fastidioso frastuono" beccandosi puntualmente uno schiaffo sulla nuca dal suo ragazzo.

A distoglierlo dai suoi pensieri fu proprio la voce di Eijiro che, con voce assorta, rispose alla sua amica

«mh? Cosa?» chiese distratto, non avendo la minima idea di cosa stessero parlando. Lanciò anche uno sguardo di sottecchi al suo ragazzo e come immaginava, questi lo stava fissando, con gli stessi occhi di quella mattina. Quanto odiava quelle occhiate sospettose, aveva capito che l'unica soluzione era probabilmente ignorarle.

Backstage || KiribakuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora