Capitolo 44

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Andare via è una cosa che tutti noi abbiamo fatto.
Non credo esista qualcuno che non abbia mai preso questa decisione.
Non lo dico per cinismo, per giudicare, per dare qualche lezione di vita, è semplicemente la verità.
A volte è la strada più semplice, a volte è quella più difficile. Ma è cosi, tutti noi ce ne andiamo prima a poi.
Abbandoniamo qualcuno, ci allontaniamo, scappiamo anche da noi stessi.
Non so per quale ragione, credo ce ne siano sette miliardi o che possa essere istintiva la cosa, a volte andarsene diventa parte di noi.
Ma non ti giustifica da quello che lasci dietro di te, perché le conseguenze si ripercuotono più su gli altri.
Perciò, non ti sto dicendo che non devi andare via, è l'unico modo per vivere ma spesso dovremmo anche guardare cosa lasciamo, chi lasciamo.
Josephine aveva vissuto tutta la sua vita sentendosi continuamente abbandonata, ogni giorno della sua esistenza era un altro abbandono. Aveva perso il conto di chi non c'era più stato per lei.
Aprì gli occhi di scatto e si tirò a sedere cercando aria, la sua vista si abituò subito e si guardò in giro.
Non riconobbe la navicella, se non per il fatto che prima di svenire l'aveva vista per poco.
Era tutto a parte che terrestre.

<<Tranquilla, va tutto bene>>

Josie si girò e vide un uomo camminare verso di lei, portava una tuta verdognola e quando si avvicinò notò gli occhi gialli.
Lo stesso uomo che le aveva fatto visita quando era solo una bambina, fu semplice riconoscerlo, non lo aveva mai dimenticato davvero.

<<Tu..>>

<<Ho rimosso il proiettile, sei guarita da sola ma sei svenuta per aver usato così tanto i tuoi poteri. La pallottola terrestre non avrebbe comunque avuto fortuna, ma noi sì>>

Ella si sedette meglio e vide la branda su cui era, come una militare. Guardò i muri e vide la scritta impressa, inclinò la testa.<<Helion? >>

<<È il nome della mia nave ed è l'unica cosa che ho potuto fare, darti il secondo nome.>>

Ella si girò a guardarlo meglio, lui si sedette ma la ragazza strinse le gambe sul petto per non farsi toccare. Non aveva paura, era solo nervosa.
Quante volte aveva pensato a suo padre? Forse poche, perché pensare la portava a provare emozioni, perciò ignorava le cose che le avrebbero fatto male.
Ricordò cosa successe e si odiò per questo.

<<Ho- io... io ho ucciso Ivan>>chiuse gli occhi tartagliando, non credeva di averlo fatto sul serio e non se ne pentiva, era solo il modo a sorprenderla.

Aveva ucciso e smantellato un'intera organizzazione, la Stanza Rossa, aveva aggredito un punto debole dell'Hydra e l'aveva indebolita. Tutto da sola. Ricordò Zemo e Erik, sperò stessero bene.

<<Sarò onesto, sì>>commentò, non sembrava per niente dispiaciuto e non lo era. Fu diretto, come era giusto che fosse.

<<E tu sei..>>

<<Tuo padre. A tutti gli effetti>>

Ella respirò piano, si torturò le mani calde. Era davanti all'uomo a cui non aveva mai dato un volto ed era un alieno. Ma una cosa la sapeva.<<Cosa ti fa credere che tu sia mio padre?>>

<<Jo, non ti sto chiedendo perdono. So di non poterlo fare, ma sono qui ora, appena mi hai chiamato ho attraversato la galassia per venire da te>>

<<Io non ti ho chiamato>>

<<Si, con la collana.>>indicò il ciondolo al suo collo<<Tua madre te la diede quando avevi solo cinque anni ma..>>

<<Mia madre non mi ha dato o detto niente, ho trovato questa collana da poco. Nella stessa baita dove tu non sei tornato>>mormorò fredda, glaciale.<<Non hai alcun diritto nei miei confronti e, per quanto mi riguarda, neanche un dovere.>>

𝐅𝐈𝐑𝐄 𝐃𝐄𝐀𝐓𝐇 - 𝐓𝐡𝐞 𝐀𝐯𝐞𝐧𝐠𝐞𝐫𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora