Capitolo 29

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Scesi le scale con la vista ancora offuscata dal sonno mentre un brivido di freddo mi attraversava la schiena. Mi era stato detto di impostare la sveglia alle sei del mattino in modo da arrivare a Heathrow in orario per recuperare un collega di mio padre e portarlo a casa, dove lui ci avrebbe accolti con un brunch che – a parole sue – sarebbe dovuto essere perfetto.

La sera prima, a cena, mi aveva informato del programma. Gli avevo ricordato che sarei dovuto andare a scuola ma lui aveva sottolineato l'importanza di quell'incontro con talmente tanta grinta che non me l'ero sentita di ribattere. Avevo proposto che andasse Charles all'aeroporto e io accompagnassi mia madre in ufficio sul mio tragitto, ma lui aveva spiegato che si trattava di un collega di prima classe e voleva che venisse accolto da me invece che da un servitore. Ero stato molto grato che l'autista dei miei non fosse presente a sentire come era stato definito.

Trovai mio padre in cucina con Alice, che segnava l'elenco degli alimenti da comprare per il fatidico brunch.

<<Oh, Ethan menomale sei sveglio>> mi salutò lui appena mi vide. <<Forza, fai colazione e vatti a vestire. L'aereo atterra alle sette e quaranta.>>

Afferrai una tazza e ci versai all'interno il caffè avanzato.

<<Buongiorno>> risposi, facendo un sorriso anche ad Alice. <<Ci sono ancora dei cornetti?>>

<<Ne sono rimasti un paio in sala pranzo>> mi spiegò mio padre. <<Tra quindici minuti devi uscire, sbrigati>>

Con la tazza calda tra le mani, mi trascinai verso la mia colazione.

<<Sono pronto>> ribattei a voce più alta in modo che mi sentisse dall'altra stanza. Sul tavolo c'era effettivamente ancora un vassoio di cibo, tra cui i due cornetti che mi erano stati promessi e una cesta di frutta fresca.

<<Non mi sembri pronto>> disse mio padre raggiungendomi mentre mi sedevo e addentavo il cibo. <<Non puoi andare vestito così>>

Corrugai la fronte e abbassai lo sguardo sulla mia felpa e i miei jeans. Rialzai la testa e lo guardai perplesso.

<<Deve essere tutto perfetto, Ethan>> enfatizzò gesticolando. <<E' l'unica e ultima occasione che ho per non perderlo come alleato. Sai quanto sono importanti i legami lavorativi per poter fare carriera>>

Sospirai e mi passai una mano sul viso. <<Non vedo come i miei vestiti tinta unita possano renderti più difficile l'impresa>>

Lo sguardo che mi rivolse mi fece stringere lo stomaco ma mi morsi la lingua per non gridargli in faccia quanto pensavo fosse ridicola tutta quella situazione. Era solo un brunch.

<<Mettiti dei pantaloni che non siano jeans e una camicia>> ordinò. Si scostò la manica per poter guardare l'orologio e borbottò qualcosa sottovoce.

Mi alzai scuotendo la testa e dando un ultimo morso al mio cornetto prima di iniziare a camminare verso il salone.

<<E mettiti il trench nero che ti ha regalato tua madre!>> mi gridò dietro. <<Se ti vedo scendere con quell'oscenità di pelle, esci senza giacca. Ti avverto>>

Quando arrivai in aeroporto erano le sette e mezza. Trovare parcheggio fu un incubo ed ero certo che avrei dovuto pagare più di quanto fosse socialmente accettabile per un semplice posto-auto. Tuttavia, lasciai la macchina e presi il ticket. Guardai il cielo e sperai che le nuvole avrebbero resistito ancora per qualche ora: il trench nero non era impermeabile.

Mio padre mi aveva mandato un messaggio con il numero del volo e il terminal che avrei dovuto cercare. L'aereo sarebbe arrivato da New York con British Airways e il terminal era il numero cinque.

Non mi aspettavo di trovare teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora