Elizabeth se n'era andata da un paio d'ore ormai, il che voleva dire che era passata almeno un'ora e mezza da quando mi ero seduto a quella scrivania. Un'ora e mezza intera in cui non avevo fatto altro che fissare il foglio bianco davanti a me. La sensazione della penna inutilizzata tra le dita mi stava iniziando a dare fastidio.
Non c'era verso. Ero sempre riuscito a svolgere con facilità i temi che mi venivano assegnati dal professor Davies, ma c'era qualcosa in quello specifico che mi bloccava.
Quanto può essere difficile parlare del mio futuro? Scrivi due stronzate e finiscila qui. Continuavo a ripetermi, eppure non riuscivo a mettere in fila due parole che mi soddisfacessero.
Mi alzai dalla sedia e mi sgranchii le gambe. Allungai la schiena con una lamentela e aprii la finestra, nella speranza che un po' d'aria mi avrebbe ispirato.
Erano passate ormai varie settimane da quando l'insegnante mi aveva tenuto da parte dopo la lezione per darmi delle dritte su cosa scrivere e sembravo non ricordarmi nessuno dei suoi consigli.
Il suono del campanello rimbombò per i corridoi e impiegai un minuto e altri tre tentativi da parte di chiunque fosse fuori dalla porta per ricordarmi di essere l'unico in casa.
<<Eccomi!>> gridai affrettandomi fuori dalla stanza. <<Un secondo!>>
Scesi due scalini alla volta e per poco non inciampai sui miei stessi piedi. Ero già con il palmo sulla maniglia quando mi accorsi di non essere neanche lontanamente presentabile: quella mattina mi ero messo un paio di jeans e una semplice maglietta sapendo che Lizzy avrebbe passato la mattinata a casa mia, ma non appena se n'era andata mi ero cambiato in qualcosa di più comodo. Avevo preso i primi vestiti che mi ero trovato a tiro, ovvero la tuta che avevo indossato la sera prima e che avevo buttato sul pavimento della mia stanza troppo stanco e brillo per metterla apposto.
Il diciottesimo di Jake si era prolungato fino a notte piena e, per quanto avrei preferito staccarmi le mani a morsi, non ero in condizioni di guidare e avevo dovuto chiamare Charles per farci venire a riprendere. Avevamo fatto una sosta a Eleanor Road, lasciando Elizabeth, per poi tornare a Canons Close.
Vedendomi sfilare per il corridoio con la giacca sul braccio, i capelli spettinati e la cravatta allentata, mio padre si era limitato ad alzare un sopracciglio e rimanere in silenzio.
Il campanello suonò di nuovo, perciò me ne fregai della maglietta sgualcita e dei pantaloni slargati e aprii.
<<Lasciatelo dire>> commentò Tiffany non appena mi vide. <<Quando stavamo insieme avevi più stile>>
Fui tentato dal richiudere la porta senza ribattere, ma probabilmente capì le mie intenzioni e fece un passo all'interno della casa.
<<Posso?>> chiese una volta già dentro.
<<Fai pure>> sbuffai con sarcasmo.
<<Grazie>>.
Rimasi con le dita avvolte sulla maniglia, a fissare lo spiazzo vuoto davanti a me, fino a quando il mio cervello stanco dal tema di letteratura non venne svegliato da un'ondata di risentimento.
<<Te l'hanno mai detto che è maleducazione fare irruzione a casa del tuo ex ragazzo di domenica mattina?>>. Tiffany ormai era già in salone e dovetti raggiungerla, incredulo.
<<E' quasi mezzogiorno, Ethan>> ribatté con tranquillità, voltandosi verso di me. <<Sei l'unico ad essere ancora in pigiama>>.
Lei, ovviamente, era vestita all'altezza di un tè con la regina. Raffinata, elegante, ma in qualche modo anche casuale.
Mi passai entrambe le mani sul viso, strofinandomi con forza la pelle un paio di volte prima di sospirare. Ero troppo stanco, fisicamente e mentalmente, per quella conversazione. <<Che ci fai qua?>>
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Non mi aspettavo di trovare te
Teen Fiction"IL BABYSITTER DI MIO FRATELLO" (disponibile su Amazon) dal punto di vista di Ethan Matthews. Ethan Matthews, diciassette anni, non ha bisogno di un lavoro. La sua famiglia ha più soldi del necessario e farebbe di tutto per assicurargli la vita migl...