Capitolo 22

1.2K 135 25
                                    

Quando arrivai a casa, vidi tutti già seduti a tavola. La voce squillante di Camille rimbombava fino al salone, mentre i miei genitori si limitavano a frasi pronunciate con toni moderati.

<<Mi faccio una doccia e arrivo>> annunciai affacciandomi in sala pranzo. Al contrario di Derek durante il nostro pseudo-allenamento al parco ero riuscito a non macchiarmi d'erba o terra, ma il sudore non ero riuscito ad evitarlo.

<<Ti puoi lavare dopo>> mi contraddisse mia madre. <<Ora siediti a cena con noi. Stai tornando ogni giorno più tardi>>

Aprii la bocca per ribattere, ma lei mi interruppe. <<Dimmi un'altra volta che il coach vi ha messo degli allenamenti extra e vado a lamentarmi con il preside>>

Effettivamente era una scusa che usavo troppo spesso per mascherare il mio lavoro. Avrei potuto essere più originale. In silenzio, poggiai lo zaino e il borsone a terra e raggiunsi la mia sedia. Avevo sempre trovato ridicolo usare l'intera sala pranzo per sole quattro persone, enfatizzava solo il vuoto di quella casa.

<<Il fatto che tu ora abbia una ragazza>> intervenne mio padre come se stesse faticando a finire la frase. <<Non ti da il diritto di trascurare la tua famiglia>>

<<Buon appetito!>> esclamò mia sorella, addentando con gioia i gamberi sbucciati davanti a sé.

Io, meno fortunato, iniziai ad armeggiare con le posate provando a levare il guscio senza far schizzare il crostaceo dall'altra parte della stanza. <<Non ti devi più preoccupare per Elizabeth. Ci siamo lasciati>>

Mantenni lo sguardo basso, concentrandomi sul piatto nella speranza che non smascherassero le mie bugie. Eravamo riusciti a tenere in piedi quella farsa per il tempo necessario, ora era arrivato il momento di finirla. Lo avevo promesso. Tra l'altro, era anche l'unico modo per non farla venire all'aperitivo a cui mia madre l'aveva invitata senza prima consultarmi. Per qualche miracolo, Elizabeth non aveva colto la ricchezza della mia famiglia da Mayfair. Tuttavia, una volta che avesse messo piede in casa nostra c'era ben poco che potessi fare per camuffare la verità.

<<Se non eri da lei e non eri agli allenamenti, allora dove sei stato?>> indagò mio padre. Non sembrava alterato, ma sapevo che stava cercando solo un'altra occasione per sottolineare quanto lo stessi deludendo. Lo guardai e mi chiesi in quale momento della mia vita la nostra relazione aveva iniziato a degenerare. Non era mai stato il padre affettuoso delle sitcom americane, ma quando ero piccolo litigavamo molto raramente. Ora, invece, era tutto ciò che facevamo.

<<Perché?>> esclamò invece mia madre mentre la sua voce sfiorava gli ultrasuoni. <<E' una ragazza tanto carina. Mi è stata davvero simpatica>>

<<Liza?>> chiese invece Camille, provando a capire l'argomento di conversazione.

<<Ero andato a prendere degli appunti a casa di Edward>> mentii rivolto a mio padre. Spostai lo sguardo su mia madre e continuai. <<Ci siamo lasciati perché ci andava di lasciarci, per favore stanne fuori e non farne un affare di stato>>

Quella sera a letto mi sentii in colpa per averle risposto a tono. Aveva sempre buone intenzioni nei confronti miei e dei miei fratelli, voleva in qualche modo controbilanciare la mancanza di affetto dimostrataci da suo marito. Il problema arrivava quando non capiva la differenza tra l'essere una madre amorosa e l'essere una madre invadente. Rimproverava mio padre quando prendeva decisioni al posto nostro, ma lei finiva per fare lo stesso errore.

Il senso di colpa durò meno di ventiquattro ore. Quando il pomeriggio successivo vidi Elizabeth nervosa e le chiesi se stesse bene, scoprii che neanche quella volta mia madre era riuscita a starsene con le mani in mano vedendo suo figlio affrontare una normale problematica adolescenziale come poteva essere una rottura con la presunta ragazza.

Non mi aspettavo di trovare teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora