Capitolo 15

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Fissavo la strada davanti a me, in silenzio. Elizabeth era seduta al mio fianco e guardava fuori dal finestrino senza dire una parola. Erano passati quattro giorni dal nostro litigio, quattro giorni in cui avevamo avuto interazioni puramente professionali.

Derek doveva aver riferito parte della discussione origliata alla madre: tre giorni prima la signora Jonson mi aveva trattenuto in corridoio per chiedermi il favore di occuparmi della mia vita privata fuori dall'orario lavorativo. Mortificato, avevo annuito e mi ero scusato. Per evitare altri richiami del genere, avevo dovuto ignorare l'irritazione che mi nasceva in petto ogni volta che vedevo Elizabeth e rivolgermi a lei solo se indispensabile.

Non sapevo perché lei avesse insistito per venire alla festa con me; avevo provato a dissuaderla ma non c'ero riuscito. Svoltai nella stradina in cui si trovava l'abitazione protagonista di tante feste passate e parcheggiai in uno dei pochi posti ancora liberi.

L'esterno della casa era già in condizioni tragiche e vidi Elizabeth esitare. Probabilmente si stava pentendo della sua scelta, ma le avevo detto che non l'avrei riportata a casa se avesse cambiato idea e non mentivo: l'avevo avvertita che non sarebbe stato il suo ambiente, non avrei passato l'intera serata a fare come voleva lei.

<<C'è bisogno che ti dica di fare attenzione?>> chiesi ad alta voce quando ci trovammo nell'atrio, provando a sovrastare il volume della musica.

Scosse la testa e rilassò i muscoli, guardandosi attorno. <<Lo fai sembrare come se fosse la cosa più pericolosa al mondo>>

Si liberò dalla mia presa sul suo braccio e io mi passai le mani sul viso, sperando che non avrei dovuto riportarla a casa ubriaca marcia per aver seguito la massa. <<Non lo è, ma purtroppo ti conosco troppo bene per sperare che vada tutto per il meglio>>

<<Non mi conosci affatto>> ribattè guardandomi male. Strinsi i denti per non risponderle a tono e lei tornò a scrutare la folla. <<Se vedi Jake o Avril mi avverti?>>

Annuii e la presi per il polso, iniziando a dirigermi verso l'angolo della stanza in cui avevo visto parte della squadra di calcio.

<<Non c'è bisogno che tu mi faccia da babysitter>> disse seguendo il mio sguardo.

Tornai a guardare davanti a me e a farmi spazio tra gli ospiti. Decisi di mentire. <<Non ti sto facendo da babysitter>>

Si divincolò dalla mia presa e strinse le braccia al petto. <<Hai capito quello che intendo. Vai a divertirti, io me la cavo>>

Combattuto, la osservai per qualche istante. Aveva sedici anni inoltrati, probabilmente sarebbe stata in grado di sopravvivere anche da sola. Inoltre, se andava a cercare Jake ci avrebbe pensato lui a lei.

<<Non accettare da bere>> mi raccomandai, sperando di pulirmi le mani da ogni responsabilità.

Sbuffò con aria divertita. <<Non accetterò nemmeno le caramelle>>

Alzai gli occhi al cielo e decisi di andarmene prima che lei tornasse a comportarsi amichevolmente. Un coro di esclamazioni si alzò dai ragazzi della squadra quando li raggiunsi e feci un giro per salutarli tutti. Mancavano sia Jake che Jason, oltre a un altro paio.

<<Matthews ho visto la tua biondina prima>> commentò Luke, uno dei miei compagni, a voce un po' troppo alta e con una bottiglia di birra in mano. <<Penso che ora sia fuori da qualche parte>>

<<La "mia biondina" si chiama Grace>> ribattei scuotendo la testa divertito. <<E' il caso che lo impari prima di farmi fare una figura di merda>>

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