Capitolo 19

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Non la riuscivo a vedere in faccia, la mia visuale era coperta dall'impacco di ghiaccio che mi stavo tenendo sul naso. Ero seduto sul bancone della cucina di casa Lewis ed Elizabeth stava provando a ripulirmi il viso dal sangue con un fazzoletto umido.

<<Non ci sono ferite>> le feci notare, sentendo il suo tocco esitante. <<E' solo sangue dal naso. Non mi fai male>>

La mia rassicurazione sembrò non tranquillizzarla affatto e proseguì con mano delicata. Quando il pezzo di Scottex che stava usando fu troppo sporco per poter continuare ad usarlo, si allontanò da me e ne andò a prendere un altro. Mentre era voltata di spalle, spostai di qualche centimetro il ghiaccio in modo da poterla osservare senza ricevere rimproveri per aver momentaneamente sospeso la medicazione delle mie tragiche ferite.

Solo qualche giorno prima la situazione era capovolta: io cercavo in giro cerotti e disinfettante per poterla aiutare. In entrambi i casi il colpevole era stato Jason.

Elizabeth tornò a voltarsi verso di me e io buttai nuovamente la testa indietro nel tentativo di bloccare la fuoriuscita di sangue.

Feci una smorfia quando un pizzicore mi invase il labbro ferito. Lizzy allontanò immediatamente il batuffolo di cotone immerso nel disinfettante dal mio viso. <<Scusa>>

<<Non ti preoccupare>> sussurrai chiudendo gli occhi, in attesa di sentire ancora il bruciore.

Per qualche secondo non successe niente, dopodichè tornò a pulirmi il taglio con movimenti cauti. Le mie labbra si inarcarono lievemente verso l'alto, ma strinsi i denti per bloccare il sorriso in modo che non lo notasse. Ero sempre stato io a prendermi cura di lei e per la prima volta era il contrario. In quel momento era lei quella preoccupata di farmi star bene, di non farmi male. E quei tocchi delicati erano quasi una carezza.

Lavorò per un paio di minuti in un silenzio concentrato. Quando finì, poggiai l'impacco di ghiaccio al mio fianco. Dopo aver poggiato il batuffolo di cotone sporco sullo Scottex altrettanto sporco, Elizabeth riportò la sua attenzione sul mio viso in cerca di altre ferite e io mi accorsi della nostra vicinanza.

Come a volermi torturare, sfiorò con il pollice il mio labbro inferiore. Senza il disinfettante, quel tocco era decisamente più piacevole. Alzò lo sguardo nel mio ed esitò, mentre le sue guance si coloravano di un rosa adorabile.

Fece per allontanarsi ma io, senza pensare, le avvolsi un braccio attorno alla vita e la trattenni a me. Il suo sguardo era sorpreso, ma non contrariato.

Attento, Ethan.

<<Grazie>> mormorai. Racimolai ogni briciola di forza che trovai in corpo e allentai un po' la presa, continuando però a tenerla vicino a me. Il calore del suo corpo mi stava facendo dimenticare quando fossi stato arrabbiato con lei nelle quarantott'ore precedenti.

<<Uhm, di niente>>

E' sempre Elizabeth. L'impossibile, frustrante Elizabeth. Ricordatelo.

<<Ti sei trasferita qui?>> domandai interrompendo l'attimo di silenzio che si era creato. Se i miei calcoli non erano sbagliati erano già due notti che dormiva dai Lewis e non sembrava intenzionata ad andarsene. Mi chiesi come mai la signora Jonson fosse d'accordo.

<<Temporaneamente>> rispose lei, guardandosi attorno.

Mi corrucciai. <<Perché? Problemi a casa?>>

La vidi giocherellare con le dita. <<Una specie>>

Elizabeth si allontanò da me, che mi ero momentaneamente dimenticato di avere ancora la mia mano sul suo fianco, e si andò a sedere su uno sgabello.

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