Capitolo 5

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Guardai un'altra volta nello specchietto retrovisore e non potei impedire ai miei occhi di alzarsi verso il cielo. Inizialmente non avevo dato importanza all'Audi nera che stava facendo la mia stessa identica strada da quindici minuti buoni, poi il mio sguardo era caduto sul guidatore e, poiché sapevo che Jason per andare a casa sua sarebbe dovuto andare nella direzione opposta, avevo guardato anche la ragazza seduta al posto del passeggero: Elizabeth. Non li avevo mai visti scambiarsi più di due parole in croce perciò non riuscivo a capire come mai lui la stesse accompagnando a casa.

Lui disse qualcosa che la fece ridere e io sbuffai scuotendo la testa: Jason avrebbe dovuto far attenzione a non superare i limiti con lei.

Distolsi lo sguardo dallo specchietto, riportandolo sulla strada e armeggiai con la mano sinistra nello scomparto dove tenevo i cd. Aprii quello dei The Killers e infilai il disco azzurro dell'album Hot Fuss nel lettore, rimettendo al suo posto l'album dei The Script. Saltai automaticamente la prima traccia, andando direttamente a una delle mie preferite. Le note di Mr.Brightside invasero la macchina. Mi ritrovai a tamburellare le dita a ritmo sul volante, mentre canticchiavo tra me e me il testo della canzone.

Mi sporsi leggermente all'indietro, cercando la borraccia d'acqua che tenevo nello spazio dietro al bracciolo tra il sedile del guidatore e quello del passeggero. Feci una smorfia quando le mie dita si infilarono in un mucchietto di briciole e imprecai sottovoce sbattendo leggermente la testa contro il sedile. Mi fermai al semaforo e mi voltai a guardare i pezzi di biscotto che Camille quella mattina aveva lasciato in macchina mentre l'accompagnavo all'asilo nido. Di solito ci pensava Charles, l'autista dei miei genitori, ma quel giorno aveva dovuto portare mia madre ad una riunione straordinaria di lavoro o una cosa del genere.

<<Quante volte ti ho detto che non si mangia in macchina?>> chiesi a nessuno in particolare, ripromettendomi che quella sera avrei pulito.

Presi un sorso d'acqua dalla borraccia e poi la rimisi al suo posto, ripartendo quando il semaforo diventò verde.

Accostai davanti a casa Jonson sulle ultime note di Somebody told me e lanciai un'altra occhiata allo specchietto retrovisore, vedendo l'Audi nera parcheggiare dietro di me.

Spensi la macchina, sfilai le chiavi e scesi. Presi un piccolo respiro e mi voltai, fingendomi sorpreso di trovarmeli davanti. <<Ciao Lizzy. Jason>>.

<<Ehi Ethan>> mi salutò lui chiudendo lo sportello della macchina e seguendo Elizabeth che si stava incamminando verso la casa, senza ricambiare il mio saluto. Perché non era rimasto in macchina? Realizzai che non le aveva semplicemente dato un passaggio. <<Mi ricordavo che casa tua fosse in tutt'altra zona>>.

Superai Elizabeth, che era intenta a cercare le chiavi di casa nello zaino, e suonai al campanello.

Guardai Jason stringendo impercettibilmente gli occhi, provando a capire cosa stesse provando a fare con la migliore amica del suo migliore amico. <<Infatti. Non abito qui, ci lavoro. Faccio da babysitter al fratellino di Elizabeth>>

La porta si aprì e prima ancora che la madre potesse dire qualcosa, Elizabeth afferrò il polso di Jason e lo trascinò a testa bassa dentro casa incitandolo a non fermarsi a parlare.

<<Salve signora>> disse invece lui, cogliendomi di sorpresa con le buone maniere e porgendo la mano alla signora Jonson. <<Sono Jason>>

Entrai anche io nella casa e chiusi la porta alle mie spalle. Incrociai le braccia al petto e mi appoggiai al muro, in attesa di vedere come si sarebbe evoluta quella situazione.

<<Gli servono ripetizioni di matematica>> mentì Elizabeth rivolta alla madre. Mi trattenni dallo sbuffare: Jason era un anno avanti a lei, avrebbe potuto inventare una scusa migliore.

Non mi aspettavo di trovare teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora