Quella sera mi ero trattenuto ancora una ventina di minuti a casa dei Lewis sotto richiesta di George, il padre di Avril e Jake. Lui e Chelsea, la moglie, avevano sentito le grida ma a quanto pareva la figlia gli aveva fatto cenno di non intervenire. Mi avevano offerto un tè che mi sarei sentito maleducato a rifiutare, perciò eravamo rimasti tutti e cinque in silenzio seduti in salone a sorseggiare la bevanda calda dalle tazze. Io, ancora in giacca e cravatta, e i Lewis, in pigiama e/o vestaglia.
La frase più lunga era stata pronunciata da Chelsea dopo un sospiro ed era stata: <<Povera Elizabeth. Sarebbe bello tornare ai vecchi tempi in cui voi bambini giocavate allegri al parco mentre noi chiacchieravamo con Adam e Katy sulle differenze tra Bath e Londra>>
Quando tornai a casa era da poco passata la mezzanotte. Incrociai mia madre mentre usciva dalla camera di Camille con una tisana in mano e la mascherina per gli occhi di seta tirata su tra i capelli corvini.
<<Buonanotte tesoro>> sussurrò prima di entrare nella sua stanza già buia.
I miei compiti di storia mi aspettavano aperti sulla scrivania, ma quella giornata mi aveva risucchiato ogni forza vitale dal corpo. Mi sarei svegliato prima la mattina successiva e avrei studiato il doppio delle pagine che mi spettavano in modo da poter recuperare e non rimanere indietro.
Ci misi un paio di minuti a cambiarmi, lavarmi i denti e infilarmi sotto alle coperte. Non appena spensi la luce, tuttavia, sentii il mio cellulare squillare. Mi corrucciai e mi alzai, pensando che Elizabeth mi stesse chiamando per sfogarsi. Il nome sullo schermo però non era il suo, bensì quello di mio fratello. Normalmente non avrei risposto e avrei richiamato il giorno dopo, ma ultimamente stava diventando impossibile raggiungerlo perciò feci un'eccezione.
<<Ti rendi conto che qui a Londra è mezzanotte e quaranta, vero?>> dissi con voce assonnata.
<<E tu ti rendi conto di avere diciassette anni inoltrati e di andare a dormire come se ne avessi novanta, vero?>> ribattè Andrew. Come al solito quando mi chiamava, sentii delle voci di sottofondo che mi fecero capire che stava camminando per il dormitorio affollato.
<<Domani ho scuola>> mi giustificai, mettendomi a sedere con la schiena appoggiata alla testiera del letto. <<Come va la tua vita americana? Hai già iniziato a cambiare accento?>>
<<Questo me lo devi dire tu>> rispose. Sebbene lo avessi detto per prenderlo in giro, Andrew aveva ancora il suo marcato accento posh. L'unica differenza che avevo notato nelle nostre ultime conversazioni era il suo modo diverso di chiamare l'ascensore, le patatine fritte, la fila e qualche altra parola comune. <<Lo sai che qua le ragazze ti cadono ai piedi se ti sentono parlare? Hanno una specie di ossessione per l'accento britannico>>
Feci una risata. <<Immagino che Caroline sia particolarmente felice allora>>
<<Come pensi che l'ho conquistata?>> ribatté divertito. Fece una piccola pausa che mi insospettì. <<Ho saputo di una certa Elizabeth>>
Sospirai ed esitai prima di rispondere. Non volevo mentirgli. <<Mamma?>>
<<L'ho sentita ieri e non ha parlato di molto altro>> confermò lui. <<Ho saputo che vi ha dato buca alla cena. Papà dev'essere entusiasta>>
Mi strofinai gli occhi con una mano, provando a non addormentarmi mentre la stanchezza della giornata tornava a farsi sentire. <<C'era stato un imprevisto. Abbiamo recuperato stasera da Mayfair>>
<<E?>> chiese in attesa. <<Sei innamorato?>>
Ero troppo debole per poter avere una conversazione del genere in quel momento. <<E' una ragazza difficile>>
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Non mi aspettavo di trovare te
Teen Fiction"IL BABYSITTER DI MIO FRATELLO" (disponibile su Amazon) dal punto di vista di Ethan Matthews. Ethan Matthews, diciassette anni, non ha bisogno di un lavoro. La sua famiglia ha più soldi del necessario e farebbe di tutto per assicurargli la vita migl...