Capitolo 33

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Evelyn

Suonai alla porta di casa Hudson con titubanza. Sentivo di essere sul punto di svenire. Non avevo alcun diritto di presentarmi da lui il giorno della sua partenza. Non avevo il diritto di pretendere che, dopo tutto il tempo che avevo avuto a disposizione per dirgli la verità, avessi aspettato l'ultimo minuto. Ma eccomi lì con il cuore in gola e molte, forse troppe, cose da dire. E Oliver mi avrebbe ascoltata, a costo di costringerlo.

La signora Clara posò gli occhi su di me e ci guardammo per alcuni istanti reciprocamente confuse. Aveva gli occhi rossi ed un fazzoletto di carta tra le mani. Ci misi un po' di tempo per capirne il motivo ma fu lei a prendere parola per prima.

<<Evelyn, tesoro, che cosa ci fai qui?>> tirò su col naso, forzando un sorriso.

Black out.

<<Ehm... C'è Oliver?>> chiesi nonostante già avessi compreso la motivazione di tali lacrime.

<<No, mi dispiace. È uscito di casa mezz'ora fa>> spiegò rattristandosi.

Mi sentii morire. Ero arrivata tardi?

<<Lui è già... È già partito?>> pronunciai con un nodo alla gola.

<<So che sarebbe andato da Andrew prima di andare in aeroporto. Forse si trova ancora là>> ipotizzò con l'intento di calmarmi. <<Hai provato a chiamarlo?>>.

<<Sì, no lui... Ha il cellulare spento>>. Anche se non avrei voluto parlargli per telefono. Dovevo guardarlo negli occhi e dirgli quello che sinceramente provavo. Glielo dovevo.

<<Aspetta, provo a sentire Andrew e vedere se è già andato via. Lo accompagnava quel suo amico in aeroporto... Ehm... Jacob, se non sbaglio>> disse. Ma io non avevo tempo di aspettare. Non se era già tardi. Dovevo muovermi.

<<Provo ad andare da Andrew>> decretai. In fondo sarei dovuta passare da lì se avessi voluto raggiungerlo in aeroporto, era di strada.

<<Come preferisci. Chiamo comunque mio nipote>> mi informò prima che scappassi via. La ringraziai frettolosamente e mi precipitai verso la mia auto. Non potevo perdere altro tempo. Dovevo trovarlo e fermarlo prima che mettesse fine una volta per tutte al capitolo della sua vita che mi riguardava. Non potevo accettare che voltasse pagina senza aver avuto un confronto con me. Uno vero questa volta.

Mi aveva dato tante possibilità ed io le avevo sprecata tutte ma non avrei lasciato che per "la mia codardia", come Oliver stesso aveva detto, lo perdessi. Perché avevo paura di tante cose, forse troppe, ma stare con lui mi aveva aiutata a capire che c'era una cosa che temevo di più: stare senza di lui.

<<Dove vai?>>. Alzai il capo e mi trovai di fronte mia sorella. Era appoggiata alla mia auto. Ero così confusa che neppure l'avevo notata. <<Hai parlato con Oliver?>>.

<<È già andato via...>>. Non fui di molte parole. Ero concentrata su altro.

<<Va bene. Dammi le chiavi, guido io>>.

Scossi il capo. <<No, tranquilla, è una cosa che devo risolvere da sola>>.

<<Te lo puoi scordare, ho intenzione di accompagnarti perché - primo - sei sovrappensiero e non ti concentreresti sulla strada - secondo - guidi come una lumaca, non arriveresti mai in tempo>> spiegò senza mezzi termini. <<Quindi, chiavi>> concluse porgendomi una mano.

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