Capitolo 29

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Oliver

<<Okay, cugino, dammi tregua un attimo...>> pronunciò Andrew, privo di fiato. <<Io non ce la faccio più>>.

Facendo una leggera corsetta sul posto, mi voltai verso di lui e non potei trattenere una risata. <<Dici così alle ragazze sul più bello?>> lo presi in giro. Grande e grosso com'era, era comunque piegato in due.

Mi lanciò un'occhiataccia. <<Per tua informazione, le mie ragazze non si sono mai lamentate. Anzi>> mi fece l'occhiolino ammiccante ed io feci una smorfia di rimando. <<Inoltre non ho la tendenza ad annegare i miei problemi facendo dieci chilometri di corsa al giorno>>.

<<Esagerato, ne avremo fatti sì e no cinque>> gli feci presente. <<Ed io non sto cercando di annegare i miei problemi>> mi misi sulla difensiva.

<<Ah, no? Allora perché mi hai trascinato a correre di domenica mattina, al posto di passarlo a rotolarti tra le lenzuola?>>.

Lo seguii con lo sguardo mentre andava a sedersi su una panchina. Persi la mia ilarità in meno di un secondo e rimasi immobile con lo sguardo perso nel vuoto.
Erano passate cinque settimane da quando Evelyn era uscita da casa mia e dalla mia vita senza guardarsi indietro. Da allora non l'avevo più sentita né vista. Evitavo di andare in pasticceria per non vederla e lei a sua volta evitava la casa dei suoi genitori per lo stesso motivo. Era stata abbastanza chiara: non voleva più stare con me. Non si fidava e credeva che io non mi fidassi di lei. Forse aveva ragione, non l'avevo aspettata. Avevo voluto sapere tutto subito, senza preoccuparmi dei suoi tempi e delle sue ragioni. E probabilmente non aveva neppure tutti i torti quando diceva che ci fossimo solo illusi che tra noi potesse funzionare.

Chi volevo prendere in giro? Il mio era solo un tentativo di autoconvincimento. Mi mancava. A volte era come se mi trovassi improvvisamente rinchiuso dentro ad una bolla priva d'aria e non riuscissi più a respirare. La cercavo con lo sguardo, illudendomi di incrociare il suo da un momento all'altro. Altre volte invece sentivo il bisogno di andare da lei e semplicemente scambiare due chiacchiere. Era stata il mio punto di riferimento per uno dei tanti periodi bui della mia vita e avevo finalmente sentito di poter contare su qualcuno. Di avere una persona al mio fianco che mi avrebbe sostenuto in tutto. Ma era stata tutta una bugia, dovevo accettare la realtà. E nella realtà Evelyn aveva deciso di allontanarsi da me.

<<Mi hanno offerto un lavoro>> deviai il discorso, semplicemente perché non ero mentalmente pronto a parlarne.

Andrew annuì, nonostante si aspettasse altro da me. <<È un'ottima notizia... no?>>.

<<È un posto da vice redattore>> continuai senza rispondere alla sua domanda. Certo che lo era, la migliore dell'ultimo periodo. Ma ero pronto e disposto a lasciare tutto? Non ne ero così sicuro.

<<Ancora meglio!>> si illuminò. <<Potrai liberarti di Brown e farti una carriera di tutto rispetto. Perché sembra esserci un problema?>>.

Aveva ragione e come avrebbe potuto non averla?! Era una grande opportunità e solo uno sciocco avrebbe reagito come stavo facendo io.

<<Perché è a Boston...>> rivelai in un sospiro. <<Un ex insegnante ha fatto il mio nome ad un vecchio amico che aveva bisogno. Mi ha contattato qualche giorno fa. Tra poco più di due settimane dovrei essere lì per il colloquio, anche se mi ha confidato che sarà solo una formalità. Vogliono che lavori per loro>>.

<<Cugino, ma è grandioso ! Si può sapere perché hai quella faccia da funerale?>> sbottò basito.

<<Lo sai benissimo perché...>> replicai. Non potevo andarmene, non nella consapevolezza di lasciare gli unici famigliari che mi erano rimasti da soli. Non me lo sarei mai perdonato se mia zia fosse stata ancora male in mia assenza. Si era presa cura di me da ragazzino ed era giusto che ora io le stessi accanto.

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