Capitolo 28

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Oliver

Evelyn si stava aggirando nella stanza già da dieci minuti. Fissava il pavimento e si torturava le mani senza proferire parola. Quando me l'ero trovata sulla porta e mi aveva chiesto di entrare, ero più che deciso a cacciarla. Non poteva sparire per giorni e poi ricomparire come se nulla fosse. Aveva optato per ignorare le mie chiamate e i miei messaggi, quando io avrei solo voluto parlare e spiegare perché mi ero comportato in quel modo. Ma lei non aveva mai risposto. E questo mi aveva ferito. Ero convinto di essere più importante di così per lei, avevamo condiviso tanto però forse non era stato abbastanza. E adesso ero terrorizzato dall'idea che potesse finire tutto.

Stavamo entrambi giocando ad ignorare lo sguardo l'uno dell'altra. Dovevamo sembrare ridicoli ma, davvero, io non ce la facevo. Sapevo che se l'avessi fatto sarei crollato senza il minimo ritegno. Perché, per quanto avrei voluto ripagarla con la sua stessa moneta, io non potevo negarle niente. Avrebbe potuto chiedermi qualsiasi cosa e io gliel'avrei concessa senza batter ciglio.

Approfittai del silenzio per indossare una maglietta poi mi misi in attesa. Sembrava non aver la minima idea di dove cominciare.

<<La tua faccia...>>, esordì ad un tratto, sfiorandosi il viso con delicatezza. <<Stai bene?>>.

Annuii. <<Bene... certo>> dissi senza dare un vero tono alla voce. Come se potessi stare bene sentendola così distante. <<Che cosa ci fai qui?>>.

Si grattò con un dito la tempia, in imbarazzo. <<Ho... Ho saputo che cos'è successo. Volevo accertarmi che fosse tutto a posto>>.

<<Ma sul serio...>> sbottai sarcastico. <<Volevi accertarti che stessi bene...>>. Ridicolo. Come facevo a crederle? Avevo dato per scontato che Jason le avrebbe raccontato tutto, ma che arrivasse così presto non me l'aspettavo. Avrei preferito calmarmi prima di affrontarla e dire parole di troppo che in realtà non pensavo affatto. Ma ormai era tardi.
Scoppiai in una grossa risata, esplicativa della grande amarezza che mi portavo dentro. Ero ancora troppo nervoso per vedere con lucidità le sue azioni. <<Potrei anche indovinare chi sia la tua fonte, pensa te!>>.

Evelyn parve confusa. <<Che stai dicendo? Sono venuta qui perché ero in pensiero. Io...>>.

Ero arrabbiato. Più con Jason che con lei ma ora era Evelyn che avevo davanti. <<Non è necessario che tu prosegua. Sono giorni che cerco di mettermi in contatto con te ma tu non ti sei mai azzardata a rispondere. Con che coraggio ora vieni qui?!>>.

<<Oliver, perché mi tratti così? Non ti capisco. Ero preoccupata per te>>.

Ignorai la sua domanda. Avevo un chiodo fisso nella testa e non avevo intenzione di passare per uno scemo. <<È stato Jason, vero? Anzi, no. Non rispondermi. Già lo so>>.

<<Sei impazzito?! Perché avrebbe dovuto dirmelo Jason? Perché avrei dovuto parlare con lui?>>. Evelyn era delusa e allibita, glielo potei leggere negli occhi. Gli stessi occhi che un attimo prima mi scrutavano velati di preoccupazione.

<<Quindi non è stato lui, stai dicendo?>>. Avrei voluto crederle ma non potevo. Non ci riuscivo. Immaginarla tra le sue braccia mi faceva ribollire il sangue nelle vene. <<Perciò non è neanche vero che vi siete baciati, giusto?>>.

Una parte di me sperava fortemente che fosse una menzogna. A costo di sbagliarmi e venire etichettato come quello che crede più allo stronzo di turno piuttosto che alla propria ragazza. Avrei accettato che si infuriasse con me e avrei fatto di tutto perché mi perdonasse. Ma la verità, per quanto cruda fosse, era un'altra.

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