Capitolo 20

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Evelyn

La madre di Oliver ci aveva lasciati quella stessa notte dopo un lungo e silenzioso incontro col figlio, di cui ero a conoscenza solo perché questi era crollato in lacrime al mio fianco quando i medici ne avevano confermato la scomparsa. Non aveva sofferto, così avevano detto e Oliver ci aveva creduto perché così sarebbe stato più facile accettarlo. Ero rimasta al suo fianco per tutto il tempo senza dire una parola e afferrando la sua mano ogni volta che vedevo cercasse la mia.

Il funerale era stato un paio di giorni dopo e a presenziare erano stati solo pochi conoscenti, tra cui la mia famiglia e gli amici di Oliver. In molti si erano dimenticati di Agatha Hudson nel corso degli anni. Forse perché la consideravano già defunta dopo la triste scomparsa del marito che, in troppi, avevano visto come un uomo debole e disperato, in seguito al suo gesto.

Oliver era visibilmente distrutto ma durante la funzione non si era lasciato scappare neppure una lacrima di fronte ai partecipanti. Si era limitato invece a consolare sua zia che in vita sua aveva preso parte a fin troppi funerali.

La pasticceria rimase chiusa solo quel pomeriggio ma, mentre gli Hidson preparavano il giusto addio per la signora Agatha, io mi occupavo della sua gestione, volendo lasciare a Clara modo di riprendersi senza fretta. Mi aveva ringraziata per giorni, tentando di nascondere gli occhi eternamente gonfi dal pianto. La pasticceria era rimasta chiusa fin troppo tempo ed io mi sarei potuta occupare da sola del locale senza problemi. Clara aveva fatto così tanto per me.

Mi rigirai la penna tra le dita mentre contavo le confezioni di zucchero rimaste sullo scaffale del magazzino.

Avevo deciso di lasciare ad Oliver i suoi spazi. Lo chiamavo e gli mandavo messaggi consapevole che se non avesse avuto la testa per rispondermi non l'avrebbe fatto. Aveva perso sua madre ed il minimo che potevo fare, non trovandomi nelle condizioni per stargli accanto, era rispettare il suo dolore.

Anche se, quando l'avevo visto abbracciare Isabelle dopo il funerale, un minimo di fastidio l'avevo provato. Niente di importante, solo una leggera morsa allo stomaco che mi aveva costretta a distogliere lo sguardo. Non capivo perché mi ostinassi a pensare che quella nostra sorta di relazione avrebbe funzionato. Avremmo dovuto cambiare Stato per stare insieme alla luce del sole!

Eravamo quasi a corto di farina ed era solo giovedì. L'appuntai sul quaderno di Clara mentre sentii distintamente un rumore provenire dal corridoio.

Pregare che non fosse un'altra rapina fu istintivo. Non sarei sopravvissuta quella volta. Avrei avuto un attacco di cuore prima.

Non feci in tempo neppure a voltarmi o ad urlare che mi ritrovai avvolta dalle braccia ma, soprattutto, da un profumo che conoscevo fin troppo bene. Mi riempii i polmoni e chiusi gli occhi quando sentii le sue labbra posarsi sul collo.

<<Sorpresa!>> sussurrò facendomi voltare e prendendomi le mani nelle sue.

Aveva un sorriso che mi fece sciogliere.

<<Ho il cuore a mille>> sospirai in modo teatrale.

<<Caspita, sei così felice di vedermi? Mi sento onorato!>> scherzò lasciando un dolcissimo bacio sui palmi delle mie mani.

<<Magari la prossima volta potresti entrare meno come un ladro e più annunciando la tua presenza>>.

<<Vero, ma avrei rovinato la sorpresa. Ed ora tu non avresti quello splendido sorriso>>.

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