Capitolo 19

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La porta si aprì con uno scricchiolio conosciuto ed un sospiro.

Le chiavi tintinnarono rumorose ed Ermal quasi invitò loro a stare in silenzio ma ridicolo.

Stava impazzendo o quasi.

"Un po' d'acqua mi farà del bene" disse a sé stesso con una lieve scossa di viso e una risata naturale ma amara con l'intento di spegnere quell'improvvisa gola asciutta e lingua aspra dalle medicine assunte nel dirigersi verso la sua piccola cucina.

Fece qualche passo constatando quanto gli fosse mancato quel posto in quei giorni di ospedale. Piccolo, poco consono alla vita di una persona ma protettivo e sicuro dal freddo intenso che ora gli attraversava le ossa.

Quattro.

Eppure così vicini, neanche accortosi del suo stato breve di coma.

Accadde tutto così veloce che lui stesso ne rimase stupito e sconvolto.

Poteva accadere ogni cosa in quattro giorni ed ore.

Tutto.

"Morire." soffiò al nessuno intorno con un brivido intenso mettendo da parte per un attimo cosa lo stesse preoccupando e sistemarsi nella sua comodità.

Si tolse la giacca e sciarpa.

La sacca nera prestatagli da Fabrizio cadde con un tonfo sul letto ordinato.

Cominciò a toglierne i vestiti sporchi che avrebbe trovato un modo di lavare alla lavanderia e con essi anche le sue medicine.

A quelle il ragazzo porse una smorfia e le guardò. Gli spifferi nella stanza gli causarono brividi quando ne prese un tubetto fra le mani girandoselo tra le dita come se fosse una mina pronta a scoppiare. Come potevano delle piccole pillole farlo così stare male ma nello stesso tempo aiutarlo a stare bene? Un'altra smorfia, qualcosa lo tenne fermo all'oggetto arancione.

"Non siete reali" la voce scandì ignorando come quelle dovrebbero essere sparite dopo tutto quel tempo.

Scosse la testa e con essa sistemò le altre parti di compresse da assumere nella sua scrivania.

Le appoggiò con una facilità di non doverle vedere mai più.

Non era così.

C'era una giornata di fronte a lui e di certo pensarci adesso era solo faticoso.

Al ricordo del suo incubo il riccio fece un passo all'indietro nel chiedersi poi se quell'uomo od ombra fosse davvero la morte e se per uno strano motivo all'improvviso le sue pastiglie si sarebbero tramutate in una foto raffiguranti lui e Fabrizio.

Sempre più confuso si guardò attorno con angoscia sperando in cuor suo che l'ombra non fosse lì ad osservarlo nella stessa posizione nella quale Ermal si trovava.

Era assurdo, tutto quanto.

Niente.

Non accadde che Ermal sfiorò o strinse una fotografia e nemmeno quel pensiero o voce che gli diceva di dar retta al tempo; tempo, subdolo, veloce ed ingiusto.

Il cuore palpitò quando il suono di un clacson proveniente dalla strada lo rinsavì portandolo a dirsi che dolente o no avrebbe perso Fabrizio. Verità o no, Fabrizio lo avrebbe allontanato od in ogni caso chiesto e domandato perché non dargli fiducia su cosa gli stesse succedendo.

Non lo meritava.

L'essersi preoccupato per lui e rimanere al suo fianco speranzoso che potesse svegliarsi era tanto per lui.

Quello che anche lo stesso Marco gli raccontò a tratti di cosa fosse accaduto quattro giorni prima, be', gli diedero conferma che, per quanto Ermal mentisse sia a Fabrizio che a sé stesso, Fabrizio meritava molto di più di menzogne. Il passo per dirglielo c'era, solo... che doveva aspettare il momento giusto.

Dicembre || Ermal x FabrizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora