Capitolo 39

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"Ermal Meta?".

"Son-... Sono io.".

Il ricciolo si rivolse di nuovo all'infermiera che lo attendeva alla soglia della porta con fare infastidito ma allo stesso tempo serio perché anche gli occhi di lei andarono in direzione del ragazzo poco prima uscito che di nome faceva Cordio e questi si posarono pensierosi su di lui.

Le labbra della donna rimasero chiuse, non parlarono non sino a quando Ermal stesso non disse un qualcosa facendola ritornare con un sussulto su di sé e quindi notare ora gli occhi inumiditi.

"Lui è-...".

La voce spezzata dell'infermiera sorprese il ricciolo che terminò la sua frase lasciata in sospeso. Scosse il viso.

"È giovane." deglutì con un crescente magone ma che nascose prontamente asciugandosi il naso col palmo della mano ritornando in quello stato duro e privato che una infermiera doveva avere.

Ermal la guardò.

"Possiamo solo sperare e pregare per lui. La sua famiglia..." lei aggiunse bloccandosi. Le parole le si fermarono perché tremule come foglie indecise se staccarsi da un ramo di un albero in pieno autunno.

Ermal aspettò. Il nodo allo stomaco si intensificò capendo. La dottoressa però non continuò la frase, la spezzò ed invitò il ragazzo accanto a lei ad entrare nuovamente.

"Vieni ragazzo tocca a te.".

Ermal annuì, si strinse nelle spalle, seguì l'infermiera solo che una sensazione lo prese d'istinto.

Il ragazzo si volse dove poco prima era seduto e da lì notò un'ombra. Sopracciglia inarcuate e brividi freddi lungo, la spina dorsale già conosciuti ma che gli diedero quel breve tempo per scrutare una sedia vuota, e nient'altro.

<< Dove sei? >> sussurrò ormai certo che fosse proprio lì. Nessuno però di vero era davvero presente.

Due passi, spalle alla strana sensazione ed Ermal una volta dentro si chiuse la porta alle spalle.

**

Riassumendo cosa accadde dentro quella stanza non è poi così difficile da immaginare.

Ad Ermal furono fatte altre serie di analisi brevi e le sue analisi furono il centro del principale parlato. Non migliorarono le cose anzi il medico si dispiacque molto quando dovette dare delle brutte notizie al ragazzo. Nessun cambiamento, niente di importante e neanche una minima speranza. Inutile dire che Ermal si rassegnò a questo capendo molto bene che fosse la sua strada quella e che non poteva più tornare indietro od aspettarsi un piccolo miracolo. Credente o meno, il ricciolo si chiuse in sé stesso di fronte al medico per una manciata di minuti che l'uomo stesso comprese. Occhi umidi, occhiaie sporgenti bisognoso di un abbraccio ma soprattutto la mancanza di Fabrizio si fecero sempre di più sentire. Una mano sulla spalla da un medico estraneo non era la stessa cosa, non proprio, no.

"Mi dispiace figliolo.".

Tre parole che causarono in Ermal ancor di più dispiacere per sé stesso.

Una malattia non era come l'amore per la musica che lo aveva colpito fin da subito ma curandolo e nascondendogli alcune ferite, no essa come era arrivata non voleva più andarsene e mai sarebbe accaduto.

L'infermiera intenta a sistemare di parte delle siringhe ed altri prodotti adepti fermò quello che stava facendo per notare come ora il moro fosse del tutto stretto nelle sue spalle, pensieri ed anche afflizione. Lei provò a sorridergli nonostante il crescente ma violento e trattenuto pianto ma sorrise perché non poté fare altro se non provare compassione ed augurargli buona fortuna. Lei abbassò e rialzò il viso quando Ermal intercettò le sue espressioni e capì che forse quella era l'ultima volta che si sarebbero visti o no.

Dicembre || Ermal x FabrizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora