Capitolo 37

62 6 0
                                    

Ore: 16: 10

La punta di una penna nera appoggiata ad un foglio.

Una stanza silenziosa tranne per il tic-tac insopportabile che rendevano le mani e dita di Fabrizio un unico tremolio, una nervosa e sfiduciata nel fare una semplice firma, la seconda ferma a vedersi ma accompagnata dal muoversi costante della gamba di poco divaricata all'altra per l'impazienza che l'uomo alla quale doveva dare un sì o un no gli trasmetteva.

Lì per lì Fabrizio non si convinse che fosse semplice dopotutto. L'incontro prefissato era per il pomeriggio, lui si era presentato alle quattro ed un quarto; era andato tutto bene, una stretta di mano, fiducia reciproca momentanea, il valore poi di collaborazione fra continui bla bla continui, l'annuire e dire di tanto in tanto di Fabrizio dicendo e spiegando che le sue canzoni erano pronte non tutte ma erano lì in una busta plastificata ma pronte in ogni caso. L'uomo ci credeva anzi voleva come promesso a sé stesso fin dal principio per dare una svolta alla sua carriera e cambiare. Poi però quando l'accordo sembrò essere preso, ogni dettaglio specificato e dettato un altro foglio venne presentato di fronte a Fabrizio dall'uomo con i capelli brizzolati ed il viso spigoloso con rughe attorno agli occhi che poteva avere qualche anno in più rispetto al suo interrogato lo stesso Moro si ritrovò a trattenere il respiro.

La frase – Basterà una firma e poi sarà il benvenuto nella nostra compagnia discografica – con tanto di sorriso soddisfatto con quel tanto di orgoglio della compagnia stessa bastò per far sì che l'uomo spegnesse il suo sorriso di annuire per dar spazio all'indecisione perché ad un tratto trovatosi con una penna stretta fra mano e dita la sentiva come un principio di aver appena accelerato quello che in realtà doveva essere una promessa ad una cosa che in realtà non era davvero sicuro di volere.

L'incontro con la realtà all'improvviso gli ricordarono perché era là, perché aveva accettato la sfida e chi soprattutto lo avesse tenuto in piedi fino a quel momento ad afferrare il suo futuro: Ermal.

In un attimo Fabrizio si ricordò le parole quasi mormorate e la supplica che l'altro ragazzo gli aveva detto e sperato che lui accettasse di andare, di prendere quel treno e contratto e di vivere la sua di vita, non pensare a lui ed al suo tempo che gli mancava, che non bastava.

Il magone svelato. La rabbia quando Fabrizio provò a dirgli che no, doveva rimanere e che avrebbe aspettato perché lui Ermal era più importante di una semplice proposta. Di contratti c'erano molti, di persone alla quale il moro teneva così tanto poche. Molti amici ma alla fine quello che contava di più era là era sempre stato lì tra i suoi pensieri, parole, incubi e notti insonni. Anche quando la paura sembrava prenderlo, soffocarlo e tenerlo affondo di quel buco nero di cadere infinito con una testa fra le mani, tra i singhiozzi e muri alti ma Ermal – il suo riccioletto – era sempre stato là. Non uno sconosciuto come all'inizio credeva ma che poi col passare dei giorni, tormenti, settimane, paura di cercarlo e mesi ritrovandolo se ne era innamorato fermandosi poi al precipizio e ricadendo quando scoprire che l'uomo di cui era tanto innamorato e straveduto fin da subito era malato.

L'orgoglio lo allontanò.

La paura gli disse di scappare che non era giusto varcare quel confine che gli era stato nascosto per tutto quel tempo. Il pianto, il rimorso gli dissero di ritornare indietro fare qualcosa perché Ermal aveva bisogno di lui e viceversa da sempre come se fosse stato scritto che doveva andare così, terminare in quel modo come era cominciato: con un caffè in un bar sconosciuto, parole di musica e due estranei uniti dagli stessi valori.

Da una parte i pensieri di Fabrizio gli dissero << Gettati è la tua opportunità>> dall'altra Ermal.

La mano smise di tremare.

Dicembre || Ermal x FabrizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora