26 - Pagina bianca

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Sabrina

Mi è costata più fatica di quel che credevo, convincere papà a non pensare a me come su erede. Per fortuna è stato più semplice convincere uno dei suoi uomini a fare il lavoro sporco sul corpo di Ella e renderlo irriconoscibile.

So che è stato ritrovato e anche che non sono riusciti a risalire all'identità della donna del cantiere. Sono stata orribile, ne sono consapevole, ma sono davvero sicura che Sage, Vinnie, perfino Tony, staranno meglio se pensano che io sia morta.

Ero seria quando gli ho chiesto di non venire a cercarmi. Non sono mai stata dalla parte di mio padre, ma non volevo che la piccola in qualche modo finisse nel mirino di papà, quando era convinto che fosse di Sage.

I federali non mi avevano mai contattata e stavo già pensando a un modo per sfuggire dalla rigida sorveglianza di papà, quando Lorna mi ha invitata per un brunch.

A papà non interessava, aveva controllato e una volta compreso che sarei stata in un prato recintato e guardata a vista dalle guardie del corpo della signora, aveva dato il suo benestare.

Fortunatamente, le guardie erano federali e Lorna era riuscita a farsi portavoce per me. Ci è voluto davvero poco per organizzare la trappola per papà, una volta che li ho convinti che ero dalla loro parte.

Sono tornata a casa senza alcuna microspia attiva, come hanno controllato gli uomini della sicurezza, ma avevo alcuni "regali" spia che ho disseminato per casa. Sono certa che se i federali non stessero cercando di incastrarlo da diciassette mesi, non sarei stata così fortunata.

Ero pronta alla fuga, quando hanno dato il via al blitz.

Guido ha spedito due dei suoi a proteggermi e loro hanno fatto un lavoro egregio. Almeno finché non ho "accidentalmente" urtato la finta parete che divideva lo studio nascosto di papà da quello lasciato in bella mostra per eventuali visite sgradite.

Il rumore ha attirato i federali, che sono entrati pensando di trovare un arsenale e... hanno fatto tombola.
Ho imparato a piangere a comando, nel corso degli anni con papà. Le lacrime sono l'unica cosa che lui non tollera. Non sa come gestire una crisi di pianto, soprattutto se femminile, così ho messo in scena un pianto coi fiocchi.

I federali sapevano perfettamente che aspetto avessi, ma quelli che hanno fatto irruzione devono aver preso troppo alla lettera gli ordini, perché nonostante avessi gridato che mi arrendevo, mi hanno sparato.

Da quel giorno è passata una settimana, forse di più. Quando ho ripreso conoscenza mi hanno interrogata subito e stanno ancora piantonando la mia stanza, in ospedale. Non ho ancora guardato fuori dalla finestra e le tende sono sempre tirate, così che non ho idea se sia giorno o notte.

Mi hanno confermato di aver smantellato la quasi totalità degli affari di papà, così come mi hanno informata che lui è morto durante il blitz. Non so come mi sento al riguardo, perché anche se non condividevo nulla della sua filosofia, ora so per certo che l'unica parente che mi è rimasta, è Lavinia.

Non andrò da loro, non rischierò che qualche socio silente o sconosciuto di papà possa farne dei bersagli. Ho consegnato ai federali tutto quello che potevo riguardo gli affari di papà, ma non ho idea se ci sia altro, dopotutto mancavo da casa da due anni. Non sapevo dei club della tortura, ad esempio. Ma ho buona memoria e le sporadiche volte in cui sono stata nello studio di Sage mi sono state utili per dare informazioni. Chiaramente ho detto che erano solo voci, loro li ho nominati solo per dire loro dove sono stata negli ultimi mesi.

Ho raccontato la teoria di Sage secondo cui papà fosse il mandante dell'attentato costato la vita a mio fratello e alla sua compagna e so che stanno lavorando anche in quel senso.

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