Portici

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Portici, borbonici fasti,
destino di lava.

Restituisci il tempo
delle corse nel sole,
dell'anima, dell'amore
smarriti lungo il porto
dolce nauseante volgare.

Ai miei passi la via
dei palpiti alitanti,
dell'ingenuo sorriso.

Portici, lascia che corra
tra le strade deserte,
quando spente le risa
dei giovani e delle taverne
resta il silente rumore
di chi monda i tavoli
solitari e putridi.

Ospitami, invisibile.

Che incontri in te
i miei demoni
e che ritrovi
gli angeli smarriti
sul porto dei melograni
nell'ultima battaglia.

Li cercherò ancora
profanando le vie
di bicchieri volgari e vuoti
lungo le scale,
tra le chiese,
nel buio splendore
del superbo Miglio,
tra gli echi lontani
del frastuono della musica,
nelle preghiere della sera
al tuo santo patrono,
sui binari senza meta,
bella Portici
di cui non sono figlia.

Non piangerò
nella tua folla
dal fascino oscurato:
tornerò per imparare
a piangere
ancora.

Al vespro,
Portici non mia,
lontana e amata,
disperdi nel tuo braccio
marino ceneri di tracce
mai calcate, di cammini
mai da alcuno visti.

Aiutami a cogliere
I gelsi bugiardi
ed ancora allontanarli. Ed io
andrò via, vivrò
nel mio piccolo nome,
a passo svelto
e cuore lento.

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