27) A Gorgeous Dream Can Become A Horrible Nightmare

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*Durante l'ultimo anno delle medie ci fu una svolta. Un evento in particolare poteva cambiare la mia patetica quotidianità.
Poteva.* ricordò Alexander.

Ricominciò il tormento.

La motivazione che lo portava a ripensare a quegli episodi era ignota.

È un fenomeno così strano, ma così normale.
Quante volte ci sarà capitato di rammentare momenti imbarazzanti, tristi o strazianti, senza un motivo apparente, durante serate oppure notti solitarie?

Forse posso darvi una risposta.
Fanno parte di noi.

Se rievochiamo momenti vergognosi, riproviamo il disagio, esprimendo più volte il desiderio che non fossero mai accaduti.

Se rimembriamo i momenti tristi, li rimpiangiamo.

Se si ripresentano dal nulla momenti strazianti, legati ad un dolore di qualsiasi natura, questo viene amplificato facendoceli rivivere.

Per tempo imprecisato ce ne dimentichiamo ma, non appena ci ritroviamo soli, tornano dal nulla come se avessero allestito un agguato.

Potrebbe essere colpa della "Solitudine Temporanea", certo.

Però, personalmente, sono dell'idea che la motivazione possa essere anche un'altra e la troveremo attraverso la mente di Alexander, per mezzo delle sue memorie. Intraprenderemo un viaggio che ci condurrà alla scoperta della sua personalità odierna.

*Sanem. Lei rappresentava la mia svolta. La prima persona che si avvicinò volontariamente a me...non per prendermi i giro, non per minacciarmi, non per picchiarmi...mostrava una gentilezza che nessuno, escludendo Martha, mamma e papà, aveva avuto nei miei confronti fino ad allora.
Era l'unica in quella classe a non avermi mai offeso.

Come lo so?

Posso definirmi un ottimo ascoltatore e osservatore.
In quegli anni imparai ad origliare e ad informarmi per sentito dire, contando che anche gli occhi facevano la propria parte.

Man mano conobbi le persone che mi circondavano senza frequentarle a tutti gli effetti.

Capivo e assimilavo tutto di loro, intuivo le loro vere intenzioni e giunsi, in un certo tal senso, a prevederli; comprendendo attraverso gli sguardi, il tono della voce, le reazioni ad un messaggio sul telefono, le conversazioni, i loro modi di fare.

Tutto questo non per scopi maligni, posso dire di essere stato schiavo di una fobia.

Avvertivo frequentemente una stranissima sensazione, come se coloro che si trovassero vicino a me mi offendessero o ridessero alle spalle.
Ho stampato nel cervello un momento in particolare:

Stavo andando in bagno e, per i corridoi, passai oltre due ragazzi.
Sentii critiche riguardanti un abbigliamento discutibile e un aspetto tutt'altro che presentabile, coniugate a sghignazzate che avvertivo insopportabili.

Mi davano fastidio e accendevano una fiammella di rabbia.

Girandomi di scatto verso di loro mi resi conto che stavano rivolgendosi ad una foto.
O almeno così intuii, uno dei due mostrava all'altro il suo cellulare con aperta una pagina social, forse.

<E se mi avessero scattato una fotografia?> pensai <Trovano buffo il mio modo di camminare? O forse non sono adatti i miei vestiti? Ho qualcosa in faccia? Sono spettinato e sembro un tipo malconcio?>

Riconnettendomi al mondo reale, abbandonando alle spalle quelle paranoie, mi resi conto di esser rimasto impalato in un punto come uno stoccafisso.
Voltandomi verso la parte opposta mi allontanai, tentando di evitare un qualsivoglia impaccio e, per qualche misteriosa ragione, volevo nascondermi...o persino scomparire, malgrado fossi sicuro che l'oggetto delle accuse non fosse la mia persona.

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