38) Ainsi Va La Vie 2: Un, Personne Et Cent Mille

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Periferia di Batstraw, ore 01:00 circa


Gli inutili festeggiamenti erano finiti ed ogni tediosa faccenda era stata sbrigata. Era tempo di rientrare a casa, dimenticarsi delle seccature quotidiane e staccare la spina.

Questo è quello che voleva fare Mandisa.

Tornò nel suo piccolo appartamento dopo una lunga nottata passata a girarsi i pollici in un postaccio, e per di più ascoltando solamente chiacchiere senza senso; oltre al danno s'era beccata anche la beffa.

Non sapeva se prendersela prima con la location o con l'organizzatore della festa.
Non riusciva proprio a digerire quell'uomo tanto disgustoso. Lo odiava, quel maiale.
Era un soggetto con una gran faccia da schiaffi, gonfio sia di personalità che di corporatura. Non sopportava né il suo aspetto nauseante né la sua voce antipatica. Giocava a fare il premuroso e l'elegante quando invece era una sudaticcia ed egocentrica palla di lardo. Si presentò al suo teatrino solo perché era necessario farlo, per motivi suoi, sennò non ci sarebbe andata neanche da morta.
In ogni caso non voleva saperne più nulla, festa o non festa.

Era stanca, nervosa, stressata.

Centinaia di pensieri e migliaia di vocine l'assillavano ogni secondo, aveva bisogno di alleggerire la mente.

Appese il suo ingombrante giaccone all'attaccapanni con una certa foga, gettò i guanti a terra quasi a strapparli dalle dita e si liberò degli stivali scaraventandoli contro il muro. Fece un gran fracasso, ma pensò che i vicini potessero tranquillamente andarsene a quel paese.

Non voleva perdere nemmeno un minuto, gli istanti di relax si contavano sulle dita di una mano.

Accese la luce e diede uno sguardo veloce in giro: era tutto a soqquadro come sempre. Nella sua umile dimora aveva il minimo indispensabile per vivere, eppure quel poco lo curava a malapena.

Il divano nel salotto era sgangherato, sembrava che le gambe potessero cedere da un momento all'altro; ne aveva passate tante, quel mobile. Poi le briciole nascoste negli angolini e il lenzuolino ancora inzuppato e attorcigliato su sé stesso non facevano di certo una bella figura...

Piatti fondi, piatti piani, ciotole, pentole e posate varie erano sparpagliate sul tavolo a penisola della cucina. Non che fossero sporchi o maleodoranti (anzi, erano splendenti), ma era la disposizione ad essere piuttosto ambigua: perchè mettere in mezzo l'intera argenteria e il vasellame tutto avendo a disposizione dei comodissimi stipi e cassetti?

Lo sapeva e non lo sapeva.

Così come sapeva e non sapeva della plastica lasciata sul pavimento. Per essere precisi erano i brandelli di una plastica bianchissima, e dava nell'occhio poiché rifletteva la luce. A lei stava bene che stesse lì, era in grado di sopportare un pizzico di essenziale sporcizia, e allo stesso modo tollerava il letto matrimoniale sfatto che intravedeva dalla porta spalancata della camera.

La porta del bagno, invece, rimase socchiusa. A farglielo notare fu un debole luccichio scappato da una fessura; qualcuno aveva dimenticato di spegnere l'interruttore. Un'altra volta.

Per fortuna non aspettava ospiti.

Non li aspettava mai, a dire il vero.

Nessuno veniva a trovarla.

Mandisa era una lupa solitaria.
Stava bene da sola, diceva.

Sotto sotto, però, dei contatti li aveva. Un suo conoscente, ad esempio, era talmente gentile da accompagnarla a casa ogni volta che ne avesse bisogno, ma in nessuna occasione mise piede nell'appartamento.

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