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CINQUE MESI DOPO

Aprii gli occhi, più stordita ed intorpidita che mai.

Mi guardai intorno e tutto quello che trovai fu la coda pelosa di Bounty davanti ai miei occhi e il suo corpicino – non così tanto piccolo – accanto alla mia nuca. Nel ripostiglio di casa.

Tutt'un tratto mi tornò alla mente la notte trascorsa a consolarlo in silenzio, cercando di reprimere i suoi ululati, causati dalla tempesta che si era abbattuta su Los Angeles. Presi un respiro profondo solo al ricordo e abbozzai un misero sorriso. 

Avevo fatto tutto quello che Noah avrebbe fatto in quel caso, sperando di non tenere sveglio anche Drew insieme a me.

Sbadigliai, tirandomi su e svegliando così anche Bounty che in un batter d'occhio se ne andò, lasciandomi completamente sola in quello stanzino impolverato. Chissà da quanto tempo non lo pulivo!

Mi stiracchiai lentamente mentre raggiungevo la cucina per preparare la colazione, sia a me che a Drew, eppure quando feci per aprire il frigo in cerca del latte mi ritrovai davanti un post-it giallo – che sicuramente quel birbante aveva fregato dalla mia borsa di lavoro.

"Mi dispiace che tu abbia dormito nel ripostiglio. Ho preso la metro per andare a scuola, con i tuoi soldi :)"

Sorrisi e guardai l'orologio. Seppur fossi in ritardo, mi presi tutta la calma del mondo per fare un'ottima colazione in grado di ridarmi le energie che mi sarebbero servite per affrontare la giornata: mi scaldai una tazza di latte nel microonde, poi mi preparai due toast con il burro d'arachidi e un bicchiere di succo.

Segnai in un post-it che sarebbe stato meglio passare a fare la spesa dopo il lavoro, per comprare le cose che servivano a Drew e le crocchette di Bounty, che rimase appollaiato al mio fianco con la lingua lunga penzolante.

Lo accarezzai diverse volte prima di finire la colazione e riempirgli la ciotola di cibo. Poi mi vestii, nel modo più casual possibile, e portai fuori il cane prima di dirigermi verso l'ufficio. 

Corsi senza sosta con Bounty che mi scorrazzava a destra e a sinistra, finché non finimmo nel lungomare di Venice Beach. Mi bloccai, obbligando Bounty a fermarsi. L'acqua del mare era cristallina e tutti i surfisti stavano approfittando della quiete dopo la tempesta.

Questa era l'unica cosa positiva dell'essere sola: correre con Bounty, o meglio venir trascinata da lui, mi impediva di pensare a come la mia vita stesse andando a rotoli.

Evitai lo sguardo di tutte le persone che mi guardavano curiose, con un milione di domande riguardo la mia relazione sentimentale ormai pubblica, e con il cappuccio in testa rientrai in casa. 

Quando misi piede dentro l'agenzia, iniziò a scoppiarmi la testa. 

Non mi sentivo più a casa, più felice di circondarmi di persone che non facevano altro che giudicarmi, e giudicarci. Eppure mi chiedevo perché lo facessero: stavo andando bene. Mandavo avanti una casa, una famiglia e mi preoccupavo ancora per i miei amici. Tutto questo senza che Noah volesse nemmeno vedermi da lontano in quella cazzo di prigione.

Sapevo comunque che se avessi continuato in questo modo, non sarei arrivata tanto lontano.

«Miguel devi passare in tipografia, ritirare i croccantini e portarli qui affinché io possa analizzarli. Il progetto a Las Vegas è andato bene, ma adesso dobbiamo preparare il Met Gala.» era già più di tre ore che giravo per gli uffici.

«Allyson...» alzai la testa verso di lui, aspettando a chiudere la porta per rintanarmi nel mio ufficio. «Perché non ti fermi un attimo?» scossi la testa, approfittando del momento per appoggiare un plico di fogli sulla sua scrivania.

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