31.

136 5 1
                                    

Mi aveva raccontato tutto.

Tutto quanto.

Bugie, verità non dette, passato e presente. Era venuto tutto fuori, seduti di fronte in quel tavolino di casa nostra avevamo deciso di essere sinceri una volta per tutte.

Avevamo imparato dai nostri errori, eravamo cresciuti e maturati e forse – dopo cinque anni – sarebbe stato il nostro corso.

Ritornai alla realtà quando Eva mi prese sotto braccio, euforica nel camminare verso l'entrata dell'aereo che ci avrebbe portato in vacanza.

Beh, Tenerife ci aspettava.

Passai il viaggio in aereo a dormire e leggere uno dei miei libri e mi immersi così tanto nella lettura, immaginando di essere uno dei meravigliosi personaggi che giocavano in quel magico gioco, che non mi accorsi nemmeno di essere arrivata a destinazione se non quando il mio vicino di posto si sgranchì le ossa per la durata del volo.

Per dodici ore di volo non mi ero alzata una sola volta, ero rimasta terrorizzata dall'idea di sentirmi male.

Ringraziai che i cartelli nell'aeroporto fossero in inglese e in fretta io e miei amici uscimmo dall'enorme edificio, chiamando i primi taxi disponibili.

Passai il tempo a guardare fuori dal finestrino di quell'automobile e a chiacchierare con Alay e Theo.

Eva, Logan e Wil avevano preso il taxi successivo mentre Noah e Jane erano stati gli ultimi a recuperare i loro bagagli e ad uscire.

Fu strano fare conoscenza con la sorella gemella di Eva, soprattutto perché erano due persone completamente differenti se non per l'aspetto fisico. L'unica cosa che le distingueva era che Eva portava i capelli ricci e quelli di Jane, oltre ad essere corti, erano perfettamente lisci.

Erano due dee, con la loro carnagione scura e la loro altezza spropositata, facevano concorrenza anche alle modelle più belle.

Ma Eva, a differenza di Jane, aveva un portamento più elegante. Si poteva scambiare perfettamente per una di quelle ragazze frivole e superficiali, ma – noi che la conoscevamo – sapevamo che Eva era tutto l'opposto nonostante le sue uscite.

Quando arrivammo davanti all'hotel e io pagai il conto del taxi, rimanemmo imbambolati di fronte a tutta quella maestosità.

Per aver pagato così poco, l'hotel era immenso e personalmente molto raffinato.

La piccola scalinata finiva con due archi monumentali che facevano ombra su una piccola veranda impreziosita da decorazioni tropicali e eleganti. L'ingresso era accessibile attraverso una porta scorrevole elettrica rotonda e ciò che si presentò davanti ai nostri occhi quando varcammo l'entrata fu uno spiazzo esageratamente grade decorato con colonne di marmo intagliato.

Passai al setaccio tutta la stanza: dalla sala ricevimenti sulla nostra sinistra nella quale si entrava attraverso un portone in legno nero, alle poltrone bianche e grigie davanti a noi fino al biliardo posto di fronte alla reception, situata alla nostra destra.

Fu lì che ci dirigemmo.

Ci vennero assegnate quattro doppie, tutte sullo stesso piano, e ci vennero spiegate le diverse regole da rispettare e gli orari di apertura del ristorante.

Ringraziammo Jane e la sua perfetta parlata in spagnolo - anche se, avendolo studiato, avevo capito qualcosa anche da sola - e poi ognuno si diresse verso la propria stanza. Essendo sera, ci riposammo giusto qualche minuto prima di ritrovarci tutti davanti all'ingresso del ristorante.

Eva e Jane erano chiaramente perfette, nonostante le dodici ore di volo nessuna delle due sembrava essere stanca o stressata – al contrario di tutti noi, pronti a rintanarci nelle nostre camere per dormire.

Per Sempre TuoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora