Parcheggiai la macchina davanti casa e, prima di entrare in casa, mi appoggiai allo sportello chiuso per rispondere all'ennesima chiamata lavorativa.
Che mi procurava tanto stress il mio lavoro non era da negare. Ma che mi piacesse, era una cosa risaputa.
Avevo sempre amato tutto ciò che riguardava l'arte e pensare persino di poter organizzare eventi che potessero appassionare le persone a ciò che mi piaceva, mi rendeva estasiata.
Ecco perché non avevo mai pensato di licenziarmi o cambiare lavoro. E non me ne pentivo, nonostante tutti i sacrifici.
Aspirai l'aria fresca dopo ore passate all'interno dell'ufficio di lavoro e poi, quando la chiamata terminò, mi diressi verso il portone d'ingresso del mio appartamento. E sapevo che lo avrei trovato lì, indaffarato con la preparazione della sua valigia.
Appena misi piede all'interno del salotto, lo vidi marciare a destra e a sinistra fra il bagno e la sua camera.
Lo salutai, ma non ottenni nemmeno risposta così filai in cucina dove mi versai del succo di frutta all'interno del bicchiere e guardai il frigo cercando un'ispirazione divina per la cena.
Che probabilmente avrei dovuto fare anche da sola data la sua trasferta!
Controllai i vari social, appoggiata al piano cottura, e mandai un messaggio ad Alayna per sentire come andasse la situazione con Aiden e se si fosse decisa. Al contrario Eva mi chiese se dovesse prenotare un tavolo per il sabato che stava arrivando in modo da poter andare poi a ballare.
Quando sentii un tonfo arrivare dal soggiorno, alzai lo sguardo sulla porta della cucina e ballonzolai all'avanti.
«Dioo...» sorrisi, accostandomi allo stipite della porta e lanciando uno sguardo divertito al mio coinquilino.
Era chinato sopra una valigia nera, smaneggiava alla ricerca di qualche capo e poi tirò un urlo di esasperazione. I capelli spettinati, la schiena rigida e i bicipiti contratti flessi tra i vari capi di abbigliamento già preparati e altre trousse appoggiate vicino al divano.
«Ti serve per caso una mano?» quando la mia voce riempì il silenzio successivo alla sua 'imprecazione', lui sussultò per poi voltarsi verso la mia figura alle sue spalle e sembrò stupito.
«Che ci fai qui? Non eri al lavoro?» mi avvicinai, appoggiando il telefono sul mobile più vicino.
«Eri troppo impegnato per sentirmi.» ammisi, accorciando le distanze. «Sono arrivata circa cinque minuti fa.» si sedette sul pavimento, appoggiato allo schienale del divano posto al centro della stanza, e si portò una mano tra i ciuffi ribelli.
Lo guardai mentre continuava a borbottare. «Avanti, dimmi qual è il problema.» i suoi occhi neri si scontrarono con i lineamenti del mio volto bronzeo, stralunati dal mio improvviso aiuto.
«Non so cosa portare via, dove infilare tutto e dove sia la riserva della divisa.» alzai gli occhi al cielo e mi piegai su di lui, girandomi verso il borsone della squadra sportiva.
«Non ti è saltato per la testa di guardare nel terrazzo?» tirai fuori tutti i capi dalla valigia e poi li appoggiai delicatamente accanto ai suoi piedi, cercando di ordinarli. «La riserva della divisa l'ho lavata l'altro giorno, quando sei crollato sul divano.»
«Mi daresti veramente una mano con le valigie?» annuii e poi alzai lo sguardo su di lui e sorrisi, ricambiando la sua espressione confusa. «Non sei stanca?» scossi la testa, eppure entrambi sapevamo che fosse una bugia.
«Allora... Dov'è che si va?» strisciò verso di me.
«Las Vegas.» mi leccai le labbra. «Dobbiamo tenere conto che l'allenatore non ci farà girare tra i locali e men che meno bere prima della partita.» rimasi a guardare i vestiti appoggiati accanto a noi e poi li sfogliai per decretare cosa mancasse.
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Per Sempre Tuo
ChickLitIN FASE DI SCRITTURA Diventare un automa non era mai stato il suo sogno, ma a volte non sempre le cose vanno come ce le aspettiamo e questo Noah Mancini lo sapeva bene. Lasciandola, si era perso. Era caduto di nuovo nella trappola del lupo e si era...