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Aprii gli occhi quando un vociare confuso mi ridestò dal mio sonno profondo.

Noah stava incerando la sua tavola da surf – sì, perché era stato così cocciuto da portarsela anche in aereo – mentre Theo cercava di convincerlo a fargliela utilizzare e Jane ridacchiava in sottofondo guardandoli.

«Smettila Carlisle.» lo fulminò, serio e imprescindibile.

«Perché? Voglio provare anche io a fare quello che sai fare tu.» affondai il volto contro il braccio per nascondermi.

«Ma non sai neanche se lo so fare.»

«Ma hai una tavola e la stai lucidando, questo vorrà dire qualcosa.» Noah alzò gli occhi al cielo. «Saprai insegnarmi qualcosa.»

«Okay Theo, basta.» la tavola era decorata in maniera sublime, come se i colori fossero stati scaraventati sulla superfice in un impeto di rabbia. Una miriade di schizzi di colori differenti la rendevano affascinante.

«Dai Noah, cosa ti costa?» il mio sguardo si fermò sull'addome abbronzato e tonico del mio coinquilino e persi gran parte della conversazione.

Nella mia mente vorticarono così tanti pensieri, e per lo più peccaminosi, tanto che sentii il mio corpo inondarsi di calore. Mi imbambolai, letteralmente, ad adorare il corpo possente di Noah davanti a me finché Wil – nel telo accanto al mio – mi ridestò dalla mia perversa immaginazione.

«Quella... quella tavola, è della sorella.» ruotai il capo verso di lui, ma prima che potessi dire qualcosa la voce di Jane, bassa e quasi come un sussurro, catturò la mia attenzione.

«Se gli insegni a fare quella cosa a riva?» gesticolò velocemente, indicando il mare e imitando probabilmente l'azione. «È divertente.» Noah ci pensò su, poi spinse Theo in modo giocoso al suo fianco.

«Okay Theo...» cinse con il braccio la tavola, poi guardò il mare con un sorriso splendente in volto. «Ti insegnerò questo, presta attenzione.»

Corse verso la riva con la tavola sotto braccio, quando arrivò pressoché vicino la lanciò sulla sabbia e questa scivolò dritta finché non incontrò l'acqua del mare e i piedi di Noah ci saltarono sopra. La tavola ruotò sulla cresta della piccola onda, ritornando con la prua verso la spiaggia e uscendo fuori dall'acqua con una scivolata finché Noah non saltò via.

Che diavolo era quella mossa?

Jane si alzò, con un sorrisino si avvicinò a Noah e gli lasciò una pacca sulla spalla per complimentarsi mentre andava a recuperare la tavola da surf prima che qualcuno ci passasse sopra.

E in quella spiaggia eravamo veramente pochi. Oltre a noi, c'era una famiglia con due ragazzi e una coppia di vecchietti. Forse perché il tempo non era dei migliori e i nuvoloni non se n'erano ancora andati dalla mattina.

Fissai Noah insegnare a Theo la base di quell'azione: provarono la rincorsa con la seguente salita sulla tavola per almeno un'ora, cercando di fare il più piano possibile per non infastidire gli altri,  ma ogni volta che Theo sbagliava le risate erano assicurate.

E sbagliò diverse volte.

Una volta finì con la testa contro la sabbia, l'altra direttamente in acqua. Ma la più divertente fu quando inciampò e cadde ai piedi della vecchietta, ribaltandola a terra insieme al succo che la donna aveva appena comprato.

Io e Wil ci trattenemmo dal ridere per cinque minuti buoni, con la faccia infossata nel telo mare e le braccia che coprivano il lieve rumore che provocavamo.

Al contempo, Jane scoppiò a ridere e Noah si portò una mano sul fronte esasperato mentre cercava di nascondere anche lui il sorrisino divertito che gli spuntò in volto.

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