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Staccai finalmente il telefono dell'ufficio e mi appoggiai con tutta la forza contro lo schienale della mia comoda sedia, lasciandomi sfuggire un sospiro di sollievo.

Anche l'ennesima giornata di lavoro si era conclusa!

Eppure c'era ancora qualcosa che non stava andando come avevo desiderato: il mio cellulare squillò per la notifica di una chiamata e nello stesso istante Mig entrò nel mio ufficio con un sorrisetto poco rassicurante.

«Non darmi brutte notizie Miguel, non lo sopporterei.» chiusi gli occhi, accavallando le gambe nude per la gonna che stavo indossando.

«Purtroppo sono costretto a riferirtelo.» sollevai gli occhi al cielo, ma mi alzai dalla sedia e mi chinai fino ad appoggiare le mani sulla scrivania aspettando la sua notizia. «Anche Mary Jane e il suo segretario vogliono licenziarsi.» mi caddero le braccia, metaforicamente.

«Siamo sull'orlo del fallimento.» gracchiai per la delusione. «Voglio un incontro con il capo e lo voglio il prima possibile.» infilai gli occhiali da sole e raccolsi le mie cose, sperando di uscire il prima possibile dall'edificio.

Non era più possibile lavorare così!

Il mio telefono acceso mostrava la notifica della chiamata persa da parte di Noah. Era arrivato.

Scesi con calma fino ad arrivare al parcheggio sotterraneo dove avevo lasciato la macchina, salutando i pochi colleghi che rimanevano. Le porte dell'ascensore si aprirono dopo qualche secondo, dandomi la visuale di un ragazzo in felpa appoggiato alla mia macchina.

Si guardava l'orologio a polso, ticchettando con le dita della mano libera contro il cofano. Indossava un cargo jeans nero con una felpa grigia in tinta unita, le sue scarpe da ginnastica si spostavano frequentemente nell'attesa del mio arrivo e sui suoi occhi scuri erano appoggiati degli occhiali da sole Ray-Ban dai contorni oro.

Sentivo il suo profumo persino a distanza e quando alzò il capo, capii che si prese qualche secondo per osservarmi a lungo e dettagliatamente.

Il cappotto color cammello chiuso che indossavo nascondeva la gonna nera e gli stivali in camoscio mi coprivano le gambe lunghe e abbronzate, i miei capelli ricadevano morbidi sul petto e gli occhiali da sole Ray-Ban mi oscuravano leggermente la visuale.

Feci per avvicinarmi, ma lui mi indicò la sua macchina a qualche parcheggio di distanza e io tagliai la strada e raggiunsi il suo fuoristrada. Adoravo la sua macchina, era dannatamente accogliente e profumava di lui.

«Dovrei ingelosirmi per caso?» corrugai la fronte, afferrandolo per il collo e tirandolo verso di me prima che potesse fare il giro dell'auto. Gli scoccai un bacio tenero e sorrisi, entrando in macchina dopo aver posato il cappotto nei posti posteriori.

«Non penso.» mi tolsi gli occhiali da sole e li appoggiai dentro la borsa. «Perché questa domanda?» mi osservò qualche secondo, studiandomi con il suo sguardo preciso, poi scosse la testa e accese il veicolo.

Destinazione: casa di mia nonna.

Passai il viaggio a canticchiare le canzoni della sua solita playlist, alla quale mi ero ormai abituata anche se il suo non fosse proprio il mio genere musicale preferito, e osservarlo mentre - con i suoi movimenti puliti e attenti - stringeva il volante e il cambio delle marce.

Era perfetto sempre, ma c'erano delle sue sfaccettature che me lo facevano apprezzare ancora di più.

Prima di spegnere il motore, una volta fermi davanti la piccola villetta, prese un respiro profondo e tamburellò le mani sulla parte inferiore del volante, influenzandomi con il suo nervosismo.

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