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I ALLYSON'S POV  I

Cosa ne stavo facendo della mia vita precisamente?

Insomma... sembravo una madre e neppure avevo un ragazzo. La cosa era alquanto imbarazzante, si può dire.

«Dovresti già aver preso la metro.» borbottai dalla mia camera mentre mi specchiavo e osservavo come quella gonna di lana mi fasciava le cosce in modo esageratamente elegante e sexy al tempo stesso.

«Se in questa casa c'è un solo bagno la colpa non è di certo la mia.» vedevo Drew correre da una stanza all'altra della casa, raccattando tutto il materiale per andare a scuola mentre il bagno era occupato dal fratello.

«Invece di lamentarti, perché ti sento e non sono sorda, avresti dovuto impostare la sveglia prima.» trattenni i vari aggettivi poco decorosi da affibbiargli e appoggiai sul braccio il cappotto che mi sarei portata al lavoro.

«È sempre colpa vostra se arrivo tardi.» lo ignorai perché iniziare a litigare proprio dalle prime ore del mattino non era salutare né per la mia mente né per il mio corpo.

Gli arraffai lo zaino malandato e lo appoggiai sul tavolo del salotto, aspettando che tornasse davanti ai miei occhi con un aspetto presentabile invece che solo con un asciugamano avvolto attorno ai fianchi.

E la scena era abbastanza divertente...

Nel frattempo si sentiva la vocina di Noah che, sotto la doccia dopo la sua solita maratona mattutina insieme a Bounty, canticchiava qualche canzone.

Quando Drew corse in camera mia per osservarsi allo specchio – perché diceva che il mio sfinasse – controllai di avere tutto nella borsa e lanciai uno sguardo all'orologio appeso accanto alla televisione.

Il Golden Retriever alzò il muso nella mia direzione, facendo penzolare la lingua di lato. Gli mandai un bacio al volo, poi appoggiai la borsa sulla superfice del tavolo e infine andai in cucina per prendere a Drew un pacchetto di biscotti al cioccolato e una merendina al cocco.

«Se tra cinque minuti non avrai ancora finito, resterai qui.» il ragazzino si fermò in corridoio con i pantaloni della tuta che gli avvolgevano le gambe snelle e il torso nudo. Mi sorrise beffardo, provando ad avvicinarsi con la sua solita aria da ruffiano.

«Lo sapev...»

«Chiudi la bocca e vai a cambiarti.» sia lui che Bounty abbassarono lo sguardo e mi evitarono: Drew rientrò in camera di Noah – dove teneva la maggior parte dei suoi vestiti – per indossare una felpa, mentre Bounty si alzò solo per girarsi dalla parte opposta alla mia. «Ti aspetto in macchina.» urlai.

Ma nel giro di qualche secondo, giusto il tempo di scendere gli scalini di casa, Drew mi sfrecciò vicino con il suo zaino nelle spalle e il borsone della squadra in mano pronto per caricarlo nel baule della mia macchina nera lucente.

Attraversai il vialetto e aprii la portiera per prendere posto dietro al volante, misi in moto solo quando Drew fu al mio fianco con il pacco di biscotti in grembo e la merendina al cocco sotto i denti.

«Ti ho detto che stasera non ci sarò?» scossi la testa, fermandomi al semaforo davanti allo stadio dei Los Angeles Rams e portando tutta la mia attenzione sul ragazzino accanto a me.

«Dove dovresti andare?» appoggiai il gomito contro il finestrino, poi spiaccicai la guancia contro il palmo aperto mentre lo guardavo con un sopracciglio inarcato.

Era sotto la mia responsabilità, che fosse o meno fratello del mio coinquilino. Non potevo non farmi gli affari suoi, se gli fosse successo qualcosa non avrei esitato a raggiungerlo. Era più forte di me.

Per Sempre TuoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora