I NOAH'S POV I
Non era da sua madre, da sua nonna, a casa di Eva o di Logan e neppure a casa della sua migliore amica.
Dove cazzo era allora?
«Mi dispiace...» sussurrai con un nodo in gola. «Davvero, ma...» sua madre ridacchiò appena, poi mi rispose con calma e la potei immaginare con un sorrisino in volto.
«Non so nemmeno io dove sia finita, ma non sono più preoccupata.» rimasi di stucco. Non era sua figlia ad essere scomparsa dalla faccia della Terra? «Sparisce spesso senza dirmi nulla da anni, ormai ho imparato a conoscerla.»
Beh, io invece ero dannatamente preoccupato per la sua incolumità.
«Perciò può sembrare una cosa normale?» lei rispose affermativamente. «Anche se non scrive e non chiama nessuno?» la risposta fu sempre la stessa, anche alle mie successive domande perciò ad un tratto decisi di smetterla.
Non potevo assillare quella donna solo perché ero spaventato per sua figlia. Era grande e non mi voleva intorno, no? E allora dovevo darmi una regolata.
Controllai le ultime cose e poi issai il borsone della squadra sulla spalla e salii sulla mia macchina, accennando un saluto stringato al vicino di casa. Nello spogliatoio, tutti avevano di che parlare e sembrava che Wil fosse abbastanza interessato al dialogo al contrario mio.
Ma quando entrai in campo per l'allenamento, dimenticai ogni distrazione e mi impegnai sodo per fare minimi progressi. Sentivo ancora la mancanza del dirigente della società che ci guardava dagli spalti, ma potevo dire di essermici abituato in poco tempo.
Nei quattro anni in Italia, a parte Jane, nessuno si era assicurato che non combinassi casini. Jane era sempre stata l'unica a farlo, l'unica a costringermi a tirarmi indietro quando la situazione si scaldava e quando i problemi sembravano nascere da ogni parte della città in cui andavo.
Dovevo tutto a Jane perché mi aveva rimesso in riga, aveva impedito che continuassi a galleggiare nelle acque tempestose e si era buttata con me per salvarmi. E poi, aveva rinunciato al suo desiderio di tornare in Italia per restarmi affianco e non sapevo se mi ero sentito in colpa o se ne ero rimasto contento.
Quando anche la conversazione con il coach finì dopo aver parlato delle tecniche di gioco della squadra che avremmo dovuto affrontare, mi allontanai da lì assieme al mio migliore amico.
«Quindi?» mi insaponai, evitando di rispondere. Sapevo che mi avrebbe chiesto di Allyson, ne ero sicuro anche se non potevo vederlo a causa del muro che divideva i boxe doccia. «Rispondi testone, cos'è successo?»
«Mi sembra di avertelo già detto.» borbottai, lavando via il sapone dal mio corpo e afferrando l'asciugamano dal gancio esterno. «Abbiamo litigato ed è andata via.» limitai il discorso.
«E non è ancora tornata?» provocai un suono, facendo scontrare la lingua contro il palato. «Quanto è passato?»
«Due settimane.» uscii dalla doccia con l'asciugamano in vita e le goccioline d'acqua che scivolavano lungo i lineamenti del mio viso. «E no Wil, nessuno sa nulla di lei da quando è andata via.» mi affiancò davanti al lavandino, ma bloccai la sua prossima domanda accendendo il phon.
Lo vidi mettere su un bel broncio insoddisfatto, sghignazzai e poi mi voltai verso il muro per evitare anche il suo sguardo.
No, non riusciva più nemmeno lui a comprendermi con un solo sguardo. Eppure preferivo prevenire, non fosse mai che capisse cosa stavo provando. Non avevo voglia di parlarne, era così difficile capirlo?
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Per Sempre Tuo
ChickLitIN FASE DI SCRITTURA Diventare un automa non era mai stato il suo sogno, ma a volte non sempre le cose vanno come ce le aspettiamo e questo Noah Mancini lo sapeva bene. Lasciandola, si era perso. Era caduto di nuovo nella trappola del lupo e si era...