Capitolo 12

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Isaky corse velocemente dal suo Capitano, lì c'erano anche tutti gli altri componenti del gruppo della squadra principale di Darren. Era felice e sorrideva tantissimo, era emozionata e mentre correva i suoi occhiali rimbalzavano sul viso, per poco non caddero a terra.
«Darren! Darren!», continuava a gridare la piccola Isaky. Darren, seduto su un divanetto alzò appena lo sguardo, la vedeva tutta affannata e i capelli arruffati, stringeva al petto uno dei suoi schermi. Saltellava euforica e attiva, faceva quasi strano vederla così, dato che negli ultimi giorni era sempre rimasta silenziosa e con un'espressione affranta in viso.
Darren le fece cenno di avvicinarsi con la mano, e lei prese un profondo respiro per ricomporsi, raddrizzò la schiena, si pettinò i capelli con le dita, si sistemò gli occhiali. Poi andò davanti a Darren, alzò lo sguardo su di lui e girò lo schermo riuscendo a dire solamente: «L'ho trovata!»
Darren prese lo schermo in mano e osservò l'immagine di un'astronave, inizialmente aveva un'espressione neutra. Ma man mano che la osservava il ricordo riaffiorava in lui, lentamente il suo sguardò si concentrò, si raddrizzò e prese con entrambe le mani lo schermo, alzò lentamente le sopracciglia mentre più attento osserva i dettagli. Poi sussurrò: «Non è possibile.»
Isaky sorrise ancora di più, poi con voce allegra disse: «Sembra impossibile lo so, ma è proprio lei! Potremmo tornare ad avere una casa! Ci credi? Ce ne erano solo duecento, si pensava che fossero tutte distrutte, e invece no! Ce n'è ancora una. Lo stesso identico modello della SpaceX-197. Il numero è 138.»
Darren quasi non riusciva a parlare mentre osservava i dati muoversi sotto i suoi occhi, era davvero identica al loro modello: la forma, la potenza, la velocità, le armi, le diverse funzionalità. Sapeva che le duecento navicelle, eccetto la loro X, erano state tutte distrutte, ma continuando a leggere quei dati scoprì che non era per niente così, anzi. Dopo che Drako fu fuggito con la SpaceX-197, un potente attacco causato dai Blood-Gobblers distrusse molte navicelle. Era stata una vera guerra durata cinque anni nell'ottavo quadrante, morirono tanti Blood-Gobblers, ma anche tantissimi da parte dell'ASAPU.
In quegli anni, si formarono i Ribelli, e tutti erano a conoscenza che gran parte della flotta di entrambi i fronti erano state distrutte, ma a quanto pare non era del tutto vero. L'astronave 138 era stata salvata solo parzialmente, e con i pezzi salvati delle altre astronavi l'avevano rimessa in sesto, ma non era mai più stata usata. Tutto era stato dato per distrutto e annientato, persino negli archivi dello cyberspazio non era stato trovato nulla. Per circa cinque notti, Isaky non era riuscita a dormire, passava il tempo davanti ai suoi schermi a navigare in quel mondo online pieno di trappole e segreti da far venire alla luce, ciò la distraeva dalla sofferenza che provava e le permetteva di pensare di essere utile, se mai fosse riuscita a trovare informazioni davvero utili. Finché uno dei suoi quattro occhi non si fissò su un'informazione piuttosto curiosa, intitolata "Progetto 138". Dovette fare diversi giri per hackerare il sistema e scoprire cosa nascondesse l'associazione, ma quando ci riuscì tutta la fatica fu ripagata: aveva trovato tutti i dati specifici, nonché foto e progetti della navicella.
Tutti fremevano e aspettavano ordini da parte del loro Capitano, ma Jack notò negli occhi verdi nell'amico un sentimento che non aveva mai visto in lui prima d'ora: vendetta.
Darren si alzò in piedi osservando l'immagine, scosse lentamente la testa e sul suo viso comparve un ghigno maligno. «Finalmente una buona notizia.»
Isaky sorrideva ancora allegra e quando ricevette indietro lo schermo se lo strinse al petto come se fosse il suo più grande tesoro, Darren strinse i pugni talmente forte che le nocche diventarono bianche, digrignando i denti, finché poi a passo pesante uscì dalla stanza con il bisogno di restare solo con i suoi pensieri.
Una volta che il ragazzo se ne fu andato anche il resto del gruppo si divise andando ognuno per la sua strada: Isaky tornò ai suoi schermi cercando altre informazioni utili; Aghio andò all'esterno delle navicelle ad addestrarsi con altri alieni, fare esercizio fisico nello spazio, agganciati alle navicelle con cavi e tute da astronauti per la sua razza lo aiutava a tenere la mente impegnata e attiva; Paco controllava come sempre che ogni cosa fosse in ordine, Dreams si dileguò quasi senza che nessuno se ne accorgesse e Jack, che questa volta preferì non seguire l'amico, stava per raggiungerla quando si sentì chiamare. Non appena si voltò, notò per prima cosa i vaporosi boccoli rossi di Harriet, poi il suo viso, lo raggiunse e sorrise. «Ti stavo cercando.»
«Beh direi che mi hai trovato» rispose Jack con un tono neutro.
«Pensi che Darren inizierà a farci muovere? Combattere? Insomma, ha un piano?»
Jack annuì. «Sì, qualcosa gli sta frullando in testa, ma non so ancora cosa. Che ti serve?»
«Oh nulla di che» rispose Harriet con un'alzata di spalle. «Che dici, facciamo un giro?»
Jack annuì ancora una volta e la seguì in un angolo più appartato della Nyx, muoveva la coda a destra e sinistra lentamente.
«Qualunque scelta prenderà, io voglio stare con lui e con te, aiutarvi. Adesso che non siamo più coperti dalla SpaceX-197 vi serve ora più che mai un medico nella squadra» disse d'improvviso Harriet.
Ancora una volta il ragazzo-lupo annuì, stranamente silenzioso, non aveva alcuna voglia di parlare.
«Che ne pensi?» insistette Harriet.
Jack rispose con un sospiro, poi la guardò negli occhi. «Ma certo che saresti utile, sei un bravo medico, e adesso Darren deciderà bene come sarà meglio agire, e tu saresti molto utile nella squadra.»
Harriet sorrise dolcemente, si prese il braccio con la mano per poi dire: «Mi dispiace che Darren sia dovuto diventare Capitano in questo modo e in queste condizioni.»
Jack concordò. «Anche a me, aveva immaginato tutto in un modo molto diverso.»
«Raccontami dai.»
«Okay, allora vediamo» sorrise il ragazzo-lupo. «Darren non avrebbe mai voluto prendere il posto del padre in realtà. Però, sapeva che sarebbe successo, anche se ancora non conosceva bene il quando. L'idea era di fare una prova di iniziazione, un passaggio in cui Drako avrebbe lasciato il suo posto a Darren con tanto di cerimonia. Ma alla fine nulla di tutto ciò è avvenuto.»
Harriet fece un sospiro triste. «Già, purtroppo è così. Anche se non mi sembra che Darren sia come il padre. Nel senso che Drako dirigeva tutto alla perfezione, entrando anche in azione certo, però Darren è più tipo da prima linea.»
«Oh puoi dirlo forte!» Ridacchiò di rimando Jack. «Fin da quando era piccolo, non è mai riuscito a stare fermo un solo secondo. Era iperattivo a dir poco, non stava fermo.»
«Lo conosci da tanto?»
«Sì, da quando avevo tredici anni. Dunque fammi pensare, quindi adesso sono circa quattordici anni. Ma dicono che era una vera e propria peste fin da piccolo piccolo. O almeno è così mi hanno sempre raccontato, soprattutto Paco, che lo ha visto salire sulla navicella con il Capitano.»
«Ma davvero? E Paco è così vecchio?»
«La sua razza riesce a raggiungere i duecento anni di vita, quindi sì.»
«Avete una lunga amicizia, avete legato subito?»
«No, per niente» ridacchiò ancora una volta Jack.
Harriet stupita sorrise e lo incitò a raccontare la sua storia, il suo passato e così Jack iniziò: «Non ho mai avuto genitori, vivevo in un orfanotrofio che era molto povero. Crescevo lì, senza mai essere adottato e senza mai vedere un essere umano anche solo avvicinarsi. Finché non fui adottato da un alieno molto alto, era un polpusite come Cornus, ma non aveva la sua massa muscolare. Era molto magro, in effetti. Io ero contento, finalmente una casa. Ma non fu così, ben presto scoprì che voleva usarmi come cavia, ma io ero troppo spaventato per scappare. Lui collezionava animali di ogni pianeta, e dalla Terra aveva prelevato e tenuto in gabbia due lupi giganti, dai denti aguzzi. Dal momento che ero un bambino terrestre, decise di mescolare il mio gene con quello di quelle creature, non era la prima volta che lo faceva. I risultati di ragazzi come me erano già avvenuti con successo, con tutto il pacchetto completo di orecchie, denti, unghie, coda, naso. Proprio per questo motivo andava sul sicuro con operazioni e iniezioni, il vero problema era poi mantenere il soggetto in vita.»
Jack prese una breve pausa pensando alla sua infanzia passata in laboratorio, a quelle volte che si addormentava sotto anestesia e si risvegliava con nuove capacità, come velocità o olfatto. Ma i momenti più terribili era quando si addormentava ragazzo e si risvegliava con pezzi da lupo, una volta un orecchio, una volta l'altro, poi le unghie, i denti e la coda. Non sapeva dire se uscivano dal suo corpo o se erano stati cuciti, ma non aveva mai trovato cicatrici. Il suo corpo cambiava, la sua mente cambiava, persino i suoi gesti, assumevano somiglianze animalesche e lo facevano sentire sempre più strano e solo. Inoltre più cresceva più diventava aggressivo e pericoloso, motivo per cui volevano abbatterlo.
Jack prese un profondo respiro e continuò: «Cambiavo e diventavo sempre più forte e più aggressivo, così hanno cercato di farmi fuori definendomi "Soggetto pericoloso e instabile". Ma intervennero i Ribelli a smantellare tutti i laboratori, perché fornivano arme biologiche agli eserciti dell'ASAPU. Io venni addormentato e portato a bordo della X, e Darren, che era solo un anno più grande cercò subito di fare amicizia e di farmi integrare. Ma io non ne volevo sapere né di lui né di essere un Ribelle.»
Harriet rapita da quel racconto così emozionante lo incoraggiò a continuare domandando: «Come siete diventati amici? Avete un legame così stretto adesso.»
Il ricordo di quel giorno era nitido nella sua memoria come se fosse accaduto solo il giorno prima e non addirittura quattordici anni prima. Sul viso di Jack nacque un grande sorriso vero, che mostrava addirittura i canini affilati, ridendo rispose alla domanda: «Come ogni ragazzo che si rispetti attraverso la rissa. Scoppiammo a litigare nel bel mezzo della mensa della X, abbiamo iniziato con frecciatine per terminare con lanci di tavoli. Ci picchiavamo, nessuno dei due voleva darla vinta all'altro. Nessuno osava mettersi in mezzo tra me e lui, persino il Capitano ne rimase fuori, dicendo che quella era una questione che dovevamo risolvere da soli. Non durò tantissimo e le ferite non erano poi tanto gravi, insomma, ce la cavammo con fasce sulle braccia, sui pugni e lividi ovunque. Lui anche qualche graffio da parte mia. Ma da quel giorno eravamo inseparabili, Darren era ed è il mio migliore amico ed io il suo. Lentamente iniziavamo a dirci qualsiasi cosa e ad aiutarci in qualunque circostanza e avversità.»
«È davvero una bella storia.»
«Sì, Darren mi è sempre stato vicino, anche se ero aggressivo e anche se non mi fidavo di nessuno, non mi ha mai abbandonato, per questo io ora non abbandonerò lui» rispose il ragazzo-lupo quasi d'istinto, senza nemmeno rifletterci molto.
Gli occhi nocciola del ragazzo poi si posarono su quelli grandi e scuri del medico, sorrise dolcemente e alla fine quella ragazza non era poi così male, aveva un carattere duro e diretto, ma sicuramente come lui e come ogni altro Ribelle, avrà avuto sicuramente i suoi motivi e così, domandò con leggerezza: «E tu? Da dove salti fuori?»
Harriet sbatté le palpebre più volte, come se non avesse capito, non sapeva nemmeno cosa dovesse rispondere, finché non aprì le labbra e disse con aria molto vaga: «Nulla. Io non ho passato. Non ricordo molto almeno, so che venivo trasferita da un luogo all'altro, non ricordo molto. Finché all'ultimo non siete arrivati voi Ribelli a salvarmi dai lavori forzati a cui Vytron l'Elecde ci condannava. Il resto lo sai insomma.»
Jack annuì, tutta quella vaghezza gli aveva fatto un po' strano, ma non ci rimase a riflettere perché aveva visto finalmente il suo amico tornare e ordinare con un tono secco: «Chiama la squadra principale, ci vediamo alla Nyx. Dobbiamo parlare.»
Jack lo osservò allontanarsi senza fiatare, alla fine salutò con un cenno del capo Harriet poi chiamò tutti i suoi compagni. Aghio rientrò nella navicella e anche Paco si traferì nella Nyx. In meno di mezz'ora tutti erano a bordo, seduti in ordine e composti in attesa di sentire cosa aveva da dire il Capitano.
Una volta che il ragazzo ebbe riordinato le idee si alzò in piedi e si mise davanti a tutti e dopo un respiro, iniziò: «"ASAPU, Associazione Aliena dei Pianeti Uniti, l'unica in grado di portare ordine e ricchezze a tutte le razze", così si definiscono loro. Peccato che la ricchezza ce l'hanno i soliti, quelli che stanno in alto alla scala sociale, le razze non sono integrate ma nettamente e rigidamente separate. Il "mondo migliore" che vogliono costruire lo fanno sopprimendo e reprimendo i pianeti che non sono in grado di pagarli. Chi li fermerà? I Ribelli sono nati con questo scopo, non hanno mai avuto intenzione di mettersi a governare o avere scopi di lucro, si vuole solo dare la libertà a tutti, togliere il potere a chi fa il tiranno e darlo a chi è aperto alla collaborazione e ai patti di pace. In quanti pianeti abbiamo fatto questo? Innumerevoli. Ma l'ASAPU non è mai stata attaccata direttamente, nella speranza che vedesse il vero motivo delle nostra gesta e cambiasse idea, che cambiasse il suo modo di fare. Ma sono ciechi, ci hanno sempre attaccato e adesso guardateci, siamo senza casa, senza aiuti, siamo finiti in prigioni. Mio padre era molto buono e permissivo con loro, tutti i Ribelli sanno che prima di fondare questa nostra squadra, questo nostro equipaggio, questa nostra famiglia era uno di loro e ha sempre avuto pietà di loro, ma ne hanno avuto con lui? No. Perciò adesso io dico che è il momento di fare un attacco diretto, di dare una grande risposta all'ASAPU e dimostrare che i Ribelli sono inarrestabili.»
Darren si fermò un attimo, poi prese un profondo respiro e con convinzione e con gli occhi che luccicavano di rabbia, gridò: «L'ASAPU ha distrutto la nostra casa, adesso noi andiamo a colpirli nel vivo, prendendoci l'astronave madre 138, torneremo a essere i Ribelli di prima, torneremo con ancora più forza!»
Jack a quelle parole fremeva di eccitazione, la sua coda si agitava, saltellava sul posto con agitazione. Aghio faceva tintinnare le sue braccia di lame e Isaky stringeva forte al petto lo schermo sbattendo velocemente le palpebre dei suoi quattro occhi. Dreams aveva gli occhi lucidi e con le mani, in automatico, mimava una battaglia spaziale a bordo della Nyx, Harriet ascoltava con estrema attenzione con gli occhi puntati sul suo capo, mentre Paco restava sempre composto e attento.
Darren osservò con attenzione ciascuno di loro, sapeva già che lo avrebbero seguito, ma suo padre gli aveva insegnato a non dare mai nulla per scontato, che doveva essere un leader che guida e protegge, non un capo che manda gli uomini a morire con bei discorsi restando nascosto nelle retrovie. Esattamente per questo motivo, chiese: «Voi cosa pensate? È giusto? Siete d'accordo? Avete altre idee?»
Il primo a parlare fu Paco, che provò a dire: «Sono d'accordo con tutto quello che avete detto, Signor Rebel, ma siamo sicuri che non sia solo una questione di vendetta?»
«Hai perfettamente ragione, Signor Paco, non nego il fatto che voglio vendicarmi a livello personale. Ma questo va oltre la mia vendetta, io voglio far smettere questo circolo vizioso, far risorgere i Ribelli, una volta per tutte e far sì che tutti i pianeti siano finalmente liberi una volta per tutte. Per farlo bisogna avere una nuova casa e poi attaccare direttamente l'ASAPU.»
Paco annuì e alla fine disse: «Sono d'accordo, attacchiamo. In onore del Capitano Drako Rebel, sarebbe orgoglioso di voi, signore.»
«Avremo di nuovo la nostra SpaceX-197?» Domandò ingenuamente Isaky, sistemandosi gli occhiali.
«No» rispose Darren con dolcezza. «La nostra X non tornerà più, ma sarà una nuova.»
Con gli occhi sognanti e un sorriso smagliante la piccola Mousina disse con aria solenne: «SpaceX-138.»
Jack ridacchiò. «Suona bene, io ci sto.»
Erano tutti d'accordo e i lavori di l'elaborazione del piano per andare a prendere la nuova astronave e come organizzare il tutto, iniziarono immediatamente. Vennero studiati tutti i dettagli e solo quando si furono accertati di tutto fecero sapere le decisioni prese agli altri Ribelli.
Quando la notizia raggiunse Alchemy, Elvira e Oyer i tre lanciarono un grido di gioia.
«Finalmente! Si va alla conquista della casa perduta!» disse Oyer svolazzando.
Elvira annuì. «Sì, abbiamo bisogno di riparo e di stabilità. Nella nuova X avrò un armadio pieno di stoffa e seta e farò dei vestiti meravigliosi in onore della ribellione.»
«Ma non ci servono vestiti, stilista del nulla!» controbatteva Oyer. Mimando poi con le ali un fucile continuò: «Ci servono armi!»
«Io stilista del nulla? Intanto però apprezzi la fascia che ti ho fatto! La porti sempre in fronte!»
Sbattendo le palpebre, Oyer ghignò: «Si intona con i miei occhi turchesi.»
I due scoppiarono a ridere, ne avevano bisogno. Ma Alchemy se ne stava zitto in un angolo.
«Che cos'hai?» chiesero in coro i due.
«Un attacco del genere sarà difficile da realizzare» rispose l'Emolooniano con la faccia grigia della confusione. «Spero solo che vada tutto bene.»
«Non preoccuparti, ce la faremo» gli disse Elvira.
«Già, sarà una bella vendetta» commentò Oyer.
«Vendetta?» chiese Alchemy.
«Ma certo, colpiremo l'ASAPU al cuore, il nuovo Capitano potrà finalmente riscattarsi. E noi con lui. La faremo vedere a quelli là!»
Alchemy annuì, la sua faccia cambiò colore e divenne gialla dalla gioia. «Sì! Una meravigliosa vendetta!»

I Ribelli della X        [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora