Prima regola nella medicina

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Il momento migliore di una giornata stancante è probabilmente quando ti stendi a letto e, non appena prendi contatto col materasso e il cuscino, cadi subito in un sonno profondo indipendente dai tuoi pensieri nella testa.
Incoscientemente speri di dormire il più possibile, magari di svegliarti anche senza sveglia e solo quando sarai riposato al massimo.
Indubbiamente la sveglia è uno degli arnesi più odiato, ma il telefono che squilla alle tre e mezza di notte col silenzio più totale intorno, non è sicuramente migliore.

«Sa' è il tuo» balbettò Niccolò totalmente assonnato dall'altra parte del letto, nel mentre coprì la sua testa col cuscino.

Lei si alzò di scatto, non aveva neanche cinque ore di sonno ed era sfinita, ma sicuramente non avrebbe lasciato che il telefono squillasse ancora per molto.

«pronto?» disse coprendosi un po' in più col piumone, appena sveglia sentiva sempre più freddo.

«Sara, Sara sono ludovica, dormivi?»

«che diamine vuoi che faccia alle tre e mezza di notte, certo che dormivo, ma che è successo?»

«okay ascolta.. so che non è il tuo turno e non c'è scritto da nessuna parte che tu debba farlo, ma dovresti fare un salto in ospedale» spiegò l'infermiera mordicchiandosi il labbro.

«adesso?»

«adesso..»

Sara si guardò per un secondo intorno, prima posando lo sguardo su Niccolò che stava cercando di tenere gli occhi aperti, poi sospirò e confermò il suo arrivo da lì e poco tempo.
Si alzò con cautela e si chiuse in bagno per rendersi decente e cambiarsi, non era per nulla nei piani quell'inconveniente.
Sciacquò il viso, indossò qualcosa di guardabile ma ugualmente comodo, legò i suoi capelli in una coda e uscì definitivamente dalla stanza.

«che corri a fa» sentì pronunciare dietro le sue spalle, e voltandosi si ritrovò Niccolò che indossava gli occhiali da sole e cercava di dare un senso logico ai suoi capelli, anche lui si era leggermente preparato per uscire di casa.

«Nic dormi, posso andare a da sola e comunque non potresti far nulla»

«non vengo per aiutarti a fare un trapianto, so le tre e mezza di notte e neanche potresti guidà, andiamo» sviò lui il discorso, per poi superarla e scendere le scale a passo veloce.

La bionda sospirò e annuì, sarebbe stato inutile anche dire no.
Il viaggio in macchina fu abbastanza silenzioso, un po' perché non c'era chissà quanto di cui parlare, un po' perché Sara era davvero preoccupata.
Avrebbero sicuro potuto chiamarla dal cercapersone, ma ludovica l'aveva chiamata sul suo cellulare personale e sembrava anche volere che nessuno la sentisse.
Si chiedeva cosa fosse mai successo, e continuò a chiederselo anche quando mise piede in ospedale.
Niccolò la seguì per qualche metro, anche per sentire quale fosse il problema.

«Sara finalmente, grazie» sospirò l'infermiera avvicinandosi alla bionda.

«che cosa-»

«Marta...»

Sara rimase immobile sul posto per qualche secondo, con le labbra schiuse e le braccia cadute ai lati del bacino; ma in poco trovò la forza di sbloccarsi, per poi correre come se fosse in una maratona verso la stanza di lei.
Tutto quello che continuava a pensare era a dove avesse sbagliato, cosa era andato storto in sua assenza, se fosse colpa sua o meno.. ma il pensiero principale era quella piccola anima che aveva promesso di salvare, e che in quel momento sembrava essere l'unica cosa importante.
Si bloccò poggiando un braccio alla porta spalancata, e appena vide Marta sdraiata sul letto con gli occhi socchiusi, parecchie strutture mediche attaccate al suo corpo e diversi dottori intorno, cacciò un sospiro poggiandosi una mano sul petto.

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