And I don't care if I loose my mind...I'm already cursed.

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AO SO VIVA.

Sorry, sono in ritardo, ma ho quasi raggiunto le 20 000 parole. ("Da questo momento in poi capitoli corti" -cit.)

Beh, ma almeno ce l'ho fatta in due giorni e non in due mesi, è da apprezzare dopo tutto. Ma basta chiacchiere, lasciatemi una stellina (almeno non mi esaurisco troppo per non aver ancora studiato HAHAHA) e commentate quello che volete. Sul serio, potete pure scrivermi la lista della spesa nei commenti, lo apprezzo ugualmente.

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Canzone per il capitolo: Fairytail, by Alexander Rybak.

Quando quella fresca mattina di inizio giugno Jem Blythe aprì gli occhi, sbuffò nel ritrovarsi su quel sudicio e scomodissimo materasso dell'orfanotrofio, sentendo la mancanza del suo amato letto, di Walter che lo buttava giù ogni giorno, dell'odore del caffè e dei pancake appena preparati da Susan in cucina...

Sia lui che Jo avevano trovato due stanze, in quel macabro edificio, con i letti vuoti in attesa di essere riempite. Non volevano stare con gli altri ragazzi troppo a lungo, o avrebbero sicuramente sospettato qualcosa. La sera prima, infatti, quando per la prima volta erano scesi alla mensa, tutti li avevano guardati in modo strano, chiedendosi chi fossero...ma loro, astuti come volpi, non avevano tardato a trovare dei vestiti nuovi di zecca in un vecchio armadio nell'ufficio della direttrice, una sorta di uniforme che tutti gli orfani indossavano per essere riconosciuti dallo staff.

"Buongiorno" sorrise il ragazzo dai capelli rossi affiancando Jo ad un tavolo "Dormito bene?"

"É una battuta?" sussurrò lei bevendo il suo caffè "Continuo a pensare che il mio materasso sia imbottito di sassi."

"Difficile adattarsi dopo essere stata sempre abituata a un letto a baldacchino, eh?"

"Vuoi smetterla di farmi sentire in colpa?" chiese arrabbiata e Jem scoppiò a ridere

"Cerco solo di farti guardare in faccia alla realtà" fece spallucce "Oggi abbiamo molto lavoro da fare e voglio tornare a casa domani...sono stanco di questo posto e soprattutto di questo cibo" disse disgustato facendole vedere come il porridge restasse incollato al cucchiaio "Mio padre cucina gourmet in confronto..."

"Sono d'accordo, ma...onestamente non so con quale faccia dovrei guardare Roy e Cole dopo essere scappata" abbassò lo sguardo e Jem posò la mano sulla sua

"Hey...non sei tu a dover dare spiegazioni. E sono sicuro che questa nostra fuga stia facendo riflettere tutti un bel po' su molti aspetti...vedrai che una volta tornati a casa le cose cambieranno."

"Ma io non tornerò finché non avremo scoperto la verità. Tu vai, se vuoi, ma io resto."

"Non ti lascio nemmeno se me lo chiedi" disse serio "Torneremo insieme perché per quanto mi riguarda sei sotto la mia personale custodia. Ho un dovere di diligenza!"

"Un dovere di diligenza?" scoppiò a ridere "Che paroloni, Blythe!" disse e lui le fece l'occhiolino scherzosamente

"La finestra della mia camera dà sul retro, c'è un giardino pieno di erbacce che porta verso est...magari lì troveremo qualcosa" continuò

"Non ne sono sicura...ieri sera a cena parlavo con alcune ragazze e hanno detto che quella zona è pericolosa, che sono successe cose orribili in passato e che non ci vive nessuno. Durante le escursioni, ai ragazzi dell'orfanotrofio, è severamente vietato andarci, Jem..."

"Fortuna che noi non siamo ragazzi dell'orfanotrofio, allora!" sorrise furbamente "Sono elettrizzato!"

"All'idea di farci uccidere e far gettare i nostri cadaveri in un fosso?"

Chiamatemi Anna [SETTIMA STAGIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora