And even when it rains, it feels like a starry night with you.

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[ATTENZIONE. WATTPAD MI HA DATO PROBLEMI E HA PUBBLICATO QUESTO CAPITOLO NELL'ORDINE SBAGLIATO. PER COLORO CHE STANNO LEGGENDO, ASSICURATEVI DI LEGGERE PRIMA IL CAPITOLO SEGUENTE A QUESTO E POI QUESTO QUI. PER CHI NON AVESSE CAPITO, BISOGNA PRIMA LEGGERE IL CAPITOLO "LOVE AND FRIENDSHIP"...E POI QUESTO. GRAZIE]❤️

Ancora non mi capacito di star pubblicando davvero...mi faccio paura da sola. Enjoy!

Come sempre, lasciate una stellina ai capitoli precedenti e a questo, e commentate cosa ne pensate!

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Canzone per il capitolo: Shallow, by Lady Gaga and Bradley Cooper.

Quella fresca domenica di fine marzo, Glen St Mary si era tinta di meravigliosi colori tendenti al rosa e al bianco...mentre la brezza tipica primaverile faceva muovere gli steli d'erba del giardino di Ingleside come se stessero danzando.

Walter Blythe si trovava proprio lì, steso per terra in prossimità della casa sull'albero, osservando le nuvole e cercando di dar loro una forma. Amava la sensazione dell'erba fresca sotto di lui, sentire i caldi raggi del sole sul viso e vedere piccoli fiori gialli intrappolarsi tra i suoi ricci neri...lo faceva sentire libero, un tutt'uno con la natura che lo circondava, in un luogo in cui con la sola immaginazione avrebbe potuto esplorare ogni singolo angolo del mondo.

Poco lontano, le risate degli adulti facevano eco tra gli alberi. Ormai era una specie di tradizione: ogni domenica, per pranzo, i Gardner, i Ford e i Barry si riunivano per pranzare insieme all'aperto dopo la messa, e in questo modo i ragazzi avevano la possibilità di trascorrere del tempo insieme. Tranne nel caso di Walter, che adorava stare da solo anche in mezzo alla gente...

Stava giusto pensando alla storia che sua madre gli aveva raccontato la settimana prima...quella delle lucciole, che secondo lei erano fate che svanivano alla luce del giorno, visibili solo a quella della luna...ma nemmeno a farlo apposta, improvvisamente il sole si oscurò, e il bambino aprì gli occhi di scatto non riuscendo a capire la provenienza di quell'ombra.

"Si stavano chiedendo dove fossi finito." disse Kenneth alzando gli occhi al cielo "Si può sapere che cosa fai qui da solo? Siamo tutti di là, smettila di fare il bambino e raggiugici."

"Ma io sono un bambino" rispose lui con sincerità...con un tono che però Kenneth interpretò come una sfida

"Già. Un bambino strano."

"Meglio strano che triste."

"Chi ti dice che io sia triste? E cosa puoi saperne tu di tristezza? Hai solo dieci anni" disse severamente lanciandogli un'occhiataccia

"Potrò anche non saperne molto, ma non sono stupido. Si vede che sei triste dallo sguardo, come...se volessi piangere."

"Mi conosci da sempre, Blythe, e sai che se c'è una cosa che non farò mai, quella è piangere. Non sono così debole."

"Perchè non ti siedi un po' qui?"

"Grazie, ma non mi interessa imparare i nomi delle farfalle proprio oggi. Penso che tornerò a giocare a baseball con Jem. Almeno lui riesce a capirmi, sai...vive nel mondo reale"

"Vivono solo un giorno."

"Scusa?"

"Le farfalle! Me lo ha detto la mamma...non pensi che questa sia una cosa per cui valga la pena piangere? Insomma, se sapessi già alla nascita che alla fine della giornata me ne andrò, probabilmente piangerei!"

"Tu sei strano forte..."

"E tu mi stai ancora ascoltando!"

"Solo per testare il tuo livello di pazzia, prima di dire ai tuoi di rinchiuderti in un ospedale psichiatrico" sbuffò arrendendosi e sedendosi "Se a forza di stare da solo diventerò come te, meglio che mi impegni di più a trovare nuovi amici."

Chiamatemi Anna [SETTIMA STAGIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora