Capitolo 21

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Camila chiuse piano la porta d'ingresso, accostandola silenziosamente. 

"Chi era quella puttanella?" La voce di suo padre la fece sobbalzare. Sentì i palmi sudati, iniziò a tremare mentre restava in silenzio. "Ti ho chiesto chi è?" Urlò tirandole i capelli per farla girare.

"È... è solo una vicina."

"Una vicina, eh?" Disse lasciandole i capelli. Camila tirò un sospiro di sollievo, forse troppo precoce perché qualche istante dopo uno schiaffo la raggiunse al viso.

"È solo una vicina, davvero." Si difese la ragazza, sperando di sembrare sicura e sincera, mentre tratteneva le lacrime. La guancia le bruciava, ma mai quanto la sua rabbia.

"In ogni caso. Ti ho detto mille volte che non voglio estranei in casa mia."

"Va bene così, Alejandro." La voce di Austin la fece rabbrividire. Un conato le bruciò l'esofago, ma si trattenne. "Se la mia fidanzata dice che è solo una vicina, chi siamo noi per contraddirla?" Disse, aprendo le braccia teatralmente. Si era avvicinato alla mora, prendendole il viso con un sorrisetto. Camila si scostò bruscamente, e Austin la fissò con fastidio. "Va' in camera tua. Gli uomini di casa devono parlare di affari." La spinse bruscamente nella direzione indicata. Camila quasi cadde, poi riacquistò l'equilibrio e si allontanò veloce. Arrivata in camera sua si chiuse a chiave, tirando un sospiro di sollievo. Sentiva le voci dietro la porta, dove aveva poggiato le spalle. Suo padre stava dicendo che dovevano insegnarle a stare lontano dalle ragazze. Maledetto. Austin rispose a voce bassa. Non riuscì a capire cosa stesse dicendo, ma il tono basso le fece venire dei brividi di paura.


Erano trascorsi quattro giorni da allora. Il livido era sparito, con un po' di trucco non si sarebbe notato. Si preparò per ritornare a scuola. Non vedeva l'ora di uscire da quella casa. Austin e suo padre l'avevano ignorata per la maggior parte del tempo. Solo la sera prima il ragazzo l'aveva raggiunta nella sua camera, mentre suo padre rispondeva ad una telefonata urgente. Andava di fretta, quindi si era accontentato di qualcosa di veloce. Cancella tutto, Camila. Fai finta che non sia mai accaduto.

Accompagnò Sofi a scuola, poi si diresse verso la propria, pensando. Pensava al messaggio che le aveva inviato Lauren tre giorni prima, al quale non aveva risposto.

Quando hai detto che vuoi stare con me... Lo pensavi davvero? Lo vuoi davvero?

Eccome se lo voglio... Ma non posso. Non posso metterla in pericolo. Se loro venissero a saperlo, sarebbe in pericolo. Quando ci siamo trasferiti qui, mi sono promessa solo due cose: proteggere Sofi e stare alla larga da tutti. Questo è quello che devo fare.

Era arrivata nel parcheggio, le sue amiche erano lì. Non avrebbe mai immaginato di farsi delle amiche, e invece era successo. Ma doveva mettere un punto, soprattutto con Lauren. Sapeva cosa fare. Ignorarle, stare lontana da tutte loro. Stare lontana da lei.

Si diresse verso l'entrata, sperando non la vedessero mentre lei le osservava con la coda dell'occhio. Stavano parlando e ridendo con delle altre ragazze della scuola, e non l'avevano notata. Soprattutto lei non l'aveva notata. Nemmeno di striscio. E certo, è troppo impegnata a fare l'oca con quella lì. E che cazzo, prima mi manda quel messaggio e poi si ferma al primo ostacolo. O forse era troppo impegnata con quella. Cosa avrà tanto da ridere quella deficiente? Basta. Devo stare lontana da loro. Cazzo.

La sua mascella si contrasse mentre la mano di quella tipa rinsecchita sfiorò il fianco di Lauren, accarezzandolo per poi posarsi lì.

Lontana.

Quella cazzo di mano era ancora fissa sul fianco di Lauren, e la tipa le sorrideva come una cretina. Cos'ha, una paralisi? Che problemi ha? Ma non doveva pensarci, non erano problemi suoi, doveva starle lontana. Continuò a camminare senza pensarci.

Lontana da lei. Si. Tenere le distanze da lei. Devo...

"Togli le mani da lei." Sbottò, tirando Lauren indietro verso di lei. Come cazzo sono finita qui? Come ci sono arrivata? Non se ne era resa conto, e ora fissava minacciosa quella tipa, che aveva un'espressione sbigottita sul viso.

"Cosa, scusa?"

"Cosa c'è, oltre ad avere una paralisi, hai anche problemi d'udito? Non le devi mettere le mani addosso." La sua voce non ammetteva repliche, così come l'espressione del suo viso. Cosa cazzo mi viene? 

Ora anche Lauren e le sue amiche la stavano fissando, oltre alla tipa e alle ragazze che aveva accanto. Era sceso un silenzio scomodo. La tipa batté le palpebre un paio di volte, guardando la mano di Camila, possessivamente stretta sul fianco di Lauren, come a rivendicarla. Alzò il sopracciglio.

"E tu saresti?" Chiese con astio nella voce.

"Camila Cabello. Karla Camila Cabello Estrabao, per la precisione." Rispose con altrettanta animosità.

"Ah già. La tipa strana che viene da Cuba. Perché non te ne torni nel tuo giardinetto a fare la solitaria?"

"Perché oggi non mi va." Era quello che volevo fare finché non ho visto che ronzavi attorno a Lauren, brutta stronza. 

"Va' a farti un giro, bellezza. Stavo parlando con Lauren."

"Beh, Lauren ha da fare. Con me." Le prese la mano, tirandola verso la scuola. "Ciao, rinsecchita." Aggiunse ad alta voce quando era già lontana.

"Camila. Camz, fermati, dove stiamo andando? Che sta succedendo?" Lauren si fermò, tirandola per la mano e facendola girare verso di lei.

"Quella ci stava provando con te!" Quasi urlò la cubana.

"Chi, Lucy? Ci prova da anni, ormai." Rise Lauren.

"Io la strozzo." Si voltò verso il gruppo di ragazze, con un lampo di odio negli occhi. Fu fermata dalla corvina che la tirò a sé per la vita. "Mollami. Laur, mollami. Glielo faccio vedere io con chi ha a che fare. Mollami, ho detto!"

Lauren faticava a tenerla, mentre gli occhi delle persone lì intorno erano puntati su di loro.

"Cazzo, Camz, smettila." La sua voce si abbassò e mollò improvvisamente la presa. "E poi che te ne importa? Non ti sei degnata nemmeno di rispondere al messaggio." La sua voce sembrava ferita.

Camila si calmò, abbassando le spalle e lo sguardo. Aveva ragione. Lauren aveva ragione. Anche se le sue ragioni erano più che valide, la stava illudendo. E la stava facendo soffrire. E per cosa, poi? Non avrebbero mai potuto stare insieme. Doveva darci un taglio. E doveva farlo ora.

"Hai ragione." Calò il silenzio tra di loro, prima che la cubana si allontanasse da lei.

"Camz... aspetta, Camz." La corvina provò a richiamarla, intontita. "Camila!" La vide uscire rapidamente dal parcheggio, avvertendo un forte senso di angoscia.

Thinkin' About You - CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora