Capitolo 27

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"Come facciamo a trovarla?" Chiesero all'unisono Lauren e Sinuhe, fissando lo sguardo in quello di Jack.

"Sembra stupido, ma non hanno pensato di toglierle il cellulare. Stiamo provvedendo a rintracciarlo. I federali hanno bloccato la linea per evitare che squilli, ma permettendole di chiamare in caso di necessità."

Un sospiro di sollievo si alzò nella stanza. 

"Finché sono stati in movimento, non era possibile capire precisamente dove fossero, ma appena si sono fermati abbiamo avuto la posizione. È stato così che abbiamo trovato il corpo di Alejandro. Da quel momento non si sono più fermati, ma probabilmente si fermeranno per la notte, e noi li troveremo. E comunque, abbiamo degli informatori con le orecchie ben aperte."

Scese la sera e non si avevano ancora novità, così le Dinah, Ally e Normani si apprestarono ad andare via, chiedendo a Lauren di aggiornarle su eventuali novità.

"Bene, andiamo anche noi?" Chiese Sinuhe, rivolta a Sofi.

"Io... non voglio tornare in quella casa. Non senza Kaki."

"Tranquilla, andremo in hotel." La rassicurò la madre, accarezzandole la schiena. Lauren e Clara si accorsero della rapida occhiata che la piccola aveva rivolto nella loro direzione, abbassando poi lo sguardo. Comunicarono con gli occhi, e Clara parlò per entrambe.

"Oppure potreste restare a dormire qui. Probabilmente Lauren costringerà Jack a restare per avere notizie, e per noi non sarebbe un problema avervi qui." Si strinse nelle spalle.

"Mamma, possiamo?" Le chiese Sofi con il suo sguardo da cucciolo, al quale era impossibile dire di no. Quando la mamma annuì, la bambina si tuffò nuovamente tra le braccia di Lauren. Chiudendo gli occhi, le sembrava di essere tra quelle di Camila.


"Ancora nulla?" Chiese Lauren a suo zio, a bassa voce, mentre accarezzava la schiena a Sofi. Sentiva il suo respiro leggero farsi regolare, si era appena addormentata. Le si strinse il cuore per quella cara bambina che ne aveva passate già tante nella vita.

"Devono essere ancora in movimento." L'uomo si accomodò sulla poltrona, accarezzandosi la barba.

"Saranno già fuori dallo Stato a quest'ora!" Sinuhe non riuscì a trattenere la frustrazione. "Maledizione! Dove la sta portando?"

"Abbiamo parlato con alcuni informatori, qualcuno ha parlato di Atlanta."

"Perché lì?" Chiese Lauren, interessata.

"Le più grandi organizzazioni criminali dei dintorni si riuniscono lì. Con Alejandro fuori dai giochi, e Camila tra le sue mani, potrebbe voler reclamare Miami come sua. Con l'unione dei due club, assumerebbe davvero il controllo di tutti i traffici della città. Ma per farlo, ha bisogno dell'ok degli altri club. Cosa che riceverà prima dell'alba, a quanto sembra."

"E Camila in tutto questo che...?" Non sapeva come finire la frase. O meglio, lo sapeva, ma non voleva dirlo ad alta voce. Ma suo zio aveva capito cosa intendeva.

"Questo non possiamo prevederlo. Se non la riterranno una minaccia, potrebbero lasciarla... sotto la responsabilità di Mahone." L'uomo tirò un sospiro affranto, passandosi la mano anche nei capelli. "Non lo so, ci sono troppe variabili." Potrebbe anche essere già morta per quanto ne sappiamo. 

Lauren approfittò del momento di silenzio per alzarsi, con Sofi tra le braccia, dirigendosi al piano superiore. La mise a letto, lasciandole un bacio sulla fronte. Poi scese di nuovo in salotto, troppo agitata anche solo per pensare di poter chiudere occhio quella notte. Evidentemente Clara la pensava allo stesso modo, perché stava distribuendo delle tazze di caffè, e ne porse una anche a sua figlia, facendole un sorriso rassicurante.



L'avevano spinta in quella camera, e mentre loro discutevano nella stanza accanto, Camila trovò il coraggio di accendere la luce e darsi un'occhiata intorno. Era una stanza da letto, c'era anche un'altra porta socchiusa. Entrò in quello che era un piccolo bagno, guardandosi intorno. Fissò il suo viso smunto nello specchio, sofferente, pallido, concentrandosi poi a cercare all'interno delle ante qualsiasi cosa alleviasse il suo dolore. Trovò degli antidolorifici, e tirando un sospiro di sollievo ne mandò giù due con un po' di acqua dal rubinetto. Bevve avidamente, rendendosi conto solo in quel momento della sete che aveva.

Prese le pillole restanti e se le mise in tasca. Poi una malsana idea le balenò nella testa. Un'idea che aveva avuto già diverse volte nella sua vita, ma aveva avuto sempre una ragione per andare avanti. Questa volta invece, non vedeva via d'uscita tranne quella.

Si voltò per chiudere a chiave la porta del bagno. Sofi era salva, ormai, suo padre non c'era più e non avrebbe più potuto fare del male a sua sorella, e sua madre non si sarebbe mai più risvegliata. Cos'aveva da perdere?

Probabilmente se non lo avesse fatto lei, l'avrebbe fatto uno di quei due che erano in casa con lei. Comunque non sarebbe mai riuscita a tornare viva dalla sua sorellina. Lei andrà in affidamento, e troverà una famiglia certamente migliore della nostra. Avrà una vita migliore. Sono riuscita a salvarla, ho compiuto il mio scopo nella vita. È inutile continuare a soffrire così, nelle mani di un sadico che non farà altro che picchiarmi e stuprarmi. No, non posso più permettermi di sopportare tutto questo.

Riempì la mano con le pillole restanti nell'armadietto. Ne riconobbe solo alcune, ma non le interessava. Sonniferi, ottimo. Ossicodone. Quest'altro cos'è? Non importa, servirà allo scopo.

Guardò la data di scadenza di un flacone che non conosceva. Cazzo, sono scadute. Poi rise amaramente, ricordandosi cosa stava per fare. Meglio, magari mi uccideranno più velocemente.

C'erano abbastanza pillole da stendere una mandria di cavalli.

Si guardò allo specchio, immaginando un paio di occhi verdi che le erano rimasti dentro. Sentì il cuore palpitarle. Gli occhi le si riempirono di lacrime, e non provò a trattenerle, lasciandole scorrere sulle guance.

"Addio, Laur." Mormorò chiudendo gli occhi. Mandò giù una manciata di pillole.

"Addio, Sof, piccola mia." Mandò giù un'altra manciata.

"Addio, mamma." E giù altre pillole.

"Addio, ragazze." I volti sorridenti di Dinah, Normani e Ally le comparvero davanti agli occhi, mentre prendeva l'ultima manciata e la mandava giù. Poi ricordò le pillole che aveva messo in tasca, le ripescò e mandò giù anche quelle. Era un peccato sprecarle.

Si guardò per l'ultima volta nello specchio. "Addio, Karla Camila Cabello Estrabao." Si fece un sorriso triste, dando poi le spalle alla sua immagine riflessa. Si lasciò cadere lungo il muro, trattenendo dei conati di vomito e aspettando. Sperò che la sua fine fosse rapida e indolore. Del resto i sonniferi e gli antidolorifici avrebbero fatto il loro effetto, no? Il braccio rotto non le faceva quasi più male.

Chiuse gli occhi, mentre la testa iniziava a diventare pesante, così la poggiò sulle ginocchia che aveva tirato vicino al corpo. Cercò di concentrarsi sui ricordi delle persone a cui teneva di più, mentre pian piano scivolava nell'incoscienza. Voleva che gli ultimi istanti fossero pieni di cose belle. Il sorriso di sua sorella. Le colazioni la domenica mattina con Sofi e sua madre. I baci di Lauren. Gli scherzi di Dinah. La bontà di Ally. La spontaneità di Normani. Il suo sogno erotico più grande, avveratosi con le ragazze a cui voleva più bene. Aver trovato delle vere amiche. Aver trovato qualcosa che avrebbe potuto essere amore, in circostanze diverse.

Un furioso bussare alla porta le sembrò talmente lontano da farla sorridere.

"Fottiti, bastardo." Biascicò prima di scivolare nel buio. Era finalmente libera.

Thinkin' About You - CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora