Capitolo 13

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Con il favore del buio, Lauren si avvicinò alla porta della casa. Al suo interno, l'uomo, sulla quarantina, aspettava con trepidazione quell'incontro. Era da tanto tempo che non la vedeva, Lauren l'aveva evitato come la peste dopo quello che era accaduto quasi un anno prima. Quasi saltò sulla poltrona quando un bussare deciso gli indicò che la sua ospite, tanto attesa, era finalmente giunta. Si alzo, avvicinandosi all'uscio mentre si passava una mano per lisciare la camicia che aveva indossato per l'occasione.

Aprì la porta per accogliere la ragazza, facendosi di lato per farla entrare mentre sfoderava il suo sorriso irresistibile.

"Ciao, piccola." La salutò fissando i suoi occhi verdi in quelli identici della ragazza.

"Smettila di chiamarmi così, e passiamo al sodo."

"Sempre così decisa. Come stai Lauren?" Lei lo guardò con sguardo torvo, senza rispondere, così si rispose da solo cercando di imitare la voce della ragazza. "Oh bene, sto benissimo. E tu? Mi sei mancato tantissimo, avrei dovuto darti la possibilità di spiegare, ma sono troppo testarda per cedere ed ammettere che ho torto." Un sorriso gli spuntò sulle labbra, mentre aspettava una reazione della corvina.

"Non è per niente divertente." Il suo viso era rimasto serio.

"E invece si." Ribatté lui. "Oh andiamo, Lauren!" Sollevò teatralmente le mani, lasciandole poi ricadere sulle gambe. "Mi hanno scagionato persino gli affari interni, perché tu non puoi darmi almeno il beneficio del dubbio?" Lei non rispondeva, così si giocò l'unica carta che poteva. "Me lo devi, se vuoi le tue informazioni." Attese, accomodandosi sulla poltrona. Si passò le mani tra la barba nera e folta, ma corta e ben curata.

Era un gesto che Lauren conosceva molto bene, avendolo osservato per molto tempo. Da una parte ne aveva addirittura nostalgia. Ricordò delle tante volte che, comoda tra le sue braccia, anche lei si era rilassata ad accarezzare quella peluria, a volte ridacchiava tirandogliela un po'. Sospirò, rassegnandosi a parlare una volta per tutte.

"Perché la questione mi toccava da vicino. Mi tocca ancora da vicino." Prese tempo, non sapendo come continuare.

"Perché sei lesbica?" Tirò dritto lui, notando lo sguardo sorpreso e spaventato della ragazza.

"T-tu... Lo sa-sapevi?" Balbettò, con gli occhi che si velavano.

"Laur, piccola, certo che lo sapevo. Da quando eri piccolina e Clara ti regalava le barbie. E tu invece di farle baciare con Ken, le facevi baciare tra di loro." Rise l'uomo, facendo illuminare così i suoi occhi verdi. "Come puoi pensare che avessi anche solo potuto sapere di quell'attacco?" La sua voce tornò seria. "Se lo avessi saputo, avrei fatto di tutto per impedirlo."

La ragazza era rimasta senza parole, così lui continuò.

"Lauren, il tuo orientamento sessuale non cambia la splendida persona che sei, e il bene che ti ho sempre voluto. Anche se tu mi hai tirato fuori dalla tua vita, io continuo ad essere fiero di te. Spero tu lo sappia." Si rabbuiò improvvisamente. I suoi occhi cambiarono da verde acceso a grigio. La sua voce si abbassò. "Quando c'è stato quell'attentato al club gay, il mio primo pensiero è stato per te. Sono andato sul posto, ma non facevano avvicinare nessuno, per nessun motivo. Ho avuto paura che potessi essere lì, così sono venuto in tutti i luoghi che frequentavi tu, e ti ho vista da lontano mentre eri con le tue amiche. È stato un sollievo. Poi è sopraggiunta la rabbia."

"P-per cosa?"

"Perché avresti potuto essere lì, cazzo. Perché i ragazzi feriti non avevano nessuna colpa, se non quella di amare. Perché quel pazzo ne è uscito illeso, ed è ancora libero tra la gente. Perché potrebbe colpire ancora. Ma giuro su Dio, Laur, che lo prenderò. Fosse l'ultima cosa che faccio." Dichiarò solennemente. Ora anche i suoi occhi erano velati di lacrime.

Lauren si gettò tra le sue braccia, singhiozzando senza più freni con la testa rovesciata sul suo torace ampio e muscoloso.

"Mi-mi dispiace. Mi dispiace aver dubitato di te."

"Va tutto bene, piccola. Quel bastardo ha lasciato delle false prove per far ricadere tutto su di noi, ma fortunatamente siamo riusciti a dimostrare che erano infondate. Io ero in servizio in quel momento, ero in centrale ed interrogavo un rapinatore."

"Mi dispiace aver dubitato di te." Le tirò su la testa per incrociare i suoi occhi smeraldo, resi ancora più brillanti dalle lacrime e dalle emozioni. Si sentiva protetta tra quelle braccia che le erano tanto mancate. Non immaginava nemmeno quanto, finché non l'aveva stretta a sé.

"Va tutto bene... va tutto bene..." Le ripeteva, per farla tranquillizzare. Quando si fu calmata, cambiò drasticamente discorso. "Laur, piccola. Cosa hai a che fare tu con Cabello?"

"Lui è il padre di una mia amica, e..."

"Ed è un tipo violento, lo so. Posso immaginare. Ma non voglio che ti avvicini a lui, è pericoloso Laur."

"Lo so, ho visto cosa le ha fatto l'ultima volta."

"Beh se l'hai vista, è già fortunata. Ha ridotto la moglie in stato di coma lo scorso anno. E quelli che hanno avuto problemi con lui, non hanno avuto sorti migliori. Ma si era fatto troppi nemici a Cuba, e sembra che abbia scelto di venire qui per allargare i suoi traffici vari. Laur, devi stare lontana da Alejandro Cabello."

"Purtroppo non riesco a stare lontana dalle sue figlie. Non posso." Negò con la testa.

"Non riesci a tenere gli ormoni a bada?"

"Non è solo questo. La piccola avrà sei o sette anni, ma a volte ha degli occhi così tristi... Sembra così grande per la sua età, sempre preoccupata per Camila che puntualmente ha dei nuovi lividi..."

"Mh..." Rifletté l'uomo, accendendosi una sigaretta. "Finora non sono riusciti a incastrarlo in nessun modo, ma se tu riuscis... No" Si bloccò, alzandosi dal divano e iniziando a camminare nervosamente avanti e indietro per il salotto.

"Cosa?"

"No, Lauren. Stai lontana da quella famiglia, ti prego."

Lei sospirò, passandosi una mano tra i capelli, portandoli dall'altro lato. "Non posso. Non mi posso voltare dall'altro lato. E non solo perché Camila mi piace, ma perché lei e Sofi non meritano questo trattamento." Si alzò anche lei, fronteggiando l'uomo con quello sguardo da cucciolo che gli faceva puntualmente quando voleva averla vinta. "La picchia perché lei è come me. E Dio sa cosa sia capace di farle per questo. Fai finta che sia io al posto di Camila. Fallo per me. Fallo per la mia causa. So che puoi riuscirci, tu solo puoi fermarlo."

Sconfitto, l'uomo si passò la mano tra la barba, sospirando. Lauren sapeva che quella era una resa. Gli gettò le braccia al collo, abbracciandolo felice e scoccandogli un bacio sulla guancia.

"Grazie, zio Jack."

Thinkin' About You - CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora