Capitolo 16

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La sveglia la riportò nel mondo reale. Aveva dormito si e no due ore, e ora si sentiva stordita e assonnata.

"Sof... Sof, sveglia." Scosse la piccola, che brontolò prima di aprire gli occhi e poi togliere il suo peso dal corpo di sua sorella, dolorante. La convinse ad andare a fare colazione, mentre lei si chiudeva in bagno. Si guardò allo specchio, prendendo dei respiri profondi mentre si teneva il fianco. Poteva riuscire a coprire le occhiaie, ma non quel livido violaceo sullo zigomo. Lo sfiorò, sobbalzando dal dolore. Le salirono le lacrime agli occhi per la rabbia, ma le fermò scuotendo la testa. Non voleva cadere di nuovo in quel vortice di autocommiserazione. Doveva pensare a cose più importanti. Quel bastardo non ha usato nemmeno un preservativo. Prese il cellulare e iniziò a fare ricerche, senza rendersi conto del trascorrere del tempo. Un lieve bussare alla porta del bagno la interruppe.

"Kaki, sei pronta?"

"No, ci metto ancora due minuti." Si lavò e vestì rapidamente, con la solita felpa che utilizzava dopo ogni pestaggio. Raggiunse la sorella, prendendola per mano.

"Non fai colazione?"

"È tardi, mangerò qualcosa a scuola tra una lezione e l'altra."

Sofi la fissò, consapevole di aver ricevuto l'ennesima bugia a fin di bene. I suoi occhi si soffermarono per un attimo sul suo zigomo, per poi guardare altrove mordendosi un labbro. Un vizio che aveva preso per osmosi da lei. Dieci minuti dopo la stava lasciando davanti la sua scuola, senza rendersi conto di qualcuno che la stava aspettando vicino alla propria auto.

"Camila. Ehi, Camz." La chiamò Lauren, agitando un braccio per farsi notare. Il sorriso le morì sulle labbra quando la ragazza si voltò verso di lei. "Cazzo." Mormorò, avvicinandosi.

"No, Lauren. Non qui, per favore." Disse la mora sottovoce, allontanandole la mano che stava raggiungendo il suo viso. La corvina annuì.

"Sali in macchina."

"No, Lauren. Non vengo a scuola oggi."

"Troveremo una spiegazione a quello." Intendeva il livido.

"Non è per quello. Devo fare una cosa." Disse distogliendo lo sguardo lucido.

"Sali, me lo spieghi strada facendo. Se ti va." Le accarezzò il braccio per infonderle tranquillità, mentre incrociava lo sguardo col suo. Uno sguardo profondo che le diceva che sarebbe stata lì per lei, se lo avesse voluto. Rimasero a fissarsi qualche istante. Gli occhi di Camila erano più angosciati del solito. Alla fine Camila annuì, non sapeva se era stato il conforto trovato in quegli occhi, o altro, ma annuì. Salì in auto, mettendosi la cintura di sicurezza. Lauren salì al posto del guidatore, mettendo in moto l'auto.

"Dove andiamo?" Chiese con incertezza, girandosi a guardare la cubana che sospirò, rispondendo dopo aver ponderato a lungo.

"In ospedale." Cercò il pacchetto di sigarette custodito nello zaino, e con voce strozzata chiese se potesse fumare in auto. Aveva un peso che le opprimeva il torace. Ignorò lo sguardo di Lauren che la studiava preoccupata, prima di partire verso il luogo menzionato. "Laur, se vuoi andare a scuola, posso andarci da sola."

"Lo so che puoi, ma non voglio farti andare da sola." Si fermò ad un semaforo, voltandosi a guardarla. Avrebbe voluto che si aprisse e si sfogasse con lei, ma allo stesso tempo ne rispettava il silenzio. La cubana aspirò nervosamente ancora una volta dal filtro della sigaretta, prima di spegnerla nel posacenere. "Camz"

Fu fermata da un sospiro dell'altra, che poggiò la testa sul finestrino. Capì che non aveva voglia di dare spiegazioni, o sentire le sue domande, confermando i suoi pensieri. Voleva solo starle accanto. Le prese la mano abbandonata sulla coscia, e dolcemente intrecciò le dita con le sue. Le si spezzò il cuore quando Camila si sciolse in lacrime e singhiozzi, inconsolabile. Continuò semplicemente a stringerle la mano, mentre guidava verso l'ospedale più vicino col cuore pesante.


Camila era dentro da quasi cinque interminabili ore, e Lauren l'aspettava nelle vicinanze dell'auto, passeggiando nervosamente in attesa della cubana. Era davvero preoccupata per l'altra ragazza. Non le aveva permesso di accompagnarla all'interno, non le aveva detto nulla dopo aver pianto, ma era evidente il dolore fisico e soprattutto quello psicologico. Prese il cellulare, chiamando suo zio.

"Ehi, piccola." La salutò lui con la sua voce roca, come sempre.

"Ciao, zio. Dimmi che avete fatto un passo in avanti con quel bastardo." Evitò di fare nomi, come le aveva insegnato lui l'ultima volta che si erano visti.

"Ancora problemi con la tua amica?"

"Si, l'ho accompagnata in ospedale." Sospirò. "Non so cosa le ha fatto quel pezzo di merda, ma la deve smettere."

"Tempo al tempo, piccola. Hai fatto come ti ho detto?"

"Non ne ho avuto la possibilità, ancora."

"Ok, non ti preoccupare. Ne avremo la possibilità. Sei sicura di voler andare avanti? Può essere pericoloso. Posso trovare un altro modo, cercare di farlo io."

"No, lo faccio io, sono più che convinta. Lo farò appena possibile. Ora ti devo lasciare. Ciao." Fissò gli occhi su Camila che si stava dirigendo verso di lei, mentre riagganciava senza nemmeno ascoltare la risposta di suo zio. Accolse la cubana che si rifugiò tra le sue braccia, abbattuta, senza dire nulla. La strinse a sé, dolcemente, sentendo le braccia dell'altra attorno alla sua vita. Le accarezzò i capelli. Avrebbe voluto prendere una parte del suo dolore al suo posto, per farla stare meglio.

Dopo qualche minuto, Camila si allontanò dal suo corpo, intrecciando titubante le dita con quelle di Lauren. La guardò quasi con timidezza, e la corvina sorrise, incoraggiandola.

"So che è una domanda stupida, ma... come stai?"

Camila alzò le spalle. "Mi hanno dato degli antidolorifici, per le costole. Ne ho tre incrinate." Si portò la mano libera al fianco, rendendo l'idea.

"Ti hanno fatto problemi?"

"Un po'. Volevano sapere chi mi avesse aggredito, ho detto di non saperlo. Dopo un po' hanno smesso di chiedere." Lauren annuì ancora una volta, aprendole lo sportello.

"E ora? Dove ti porto?"

"Ovunque ci sia un letto morbido. Credo che le medicine stiano facendo effetto, e mi sta venendo sonno."

"Ok. A che ora devi riprendere Sofi?"

"Praticamente ora."

"Ok, andiamo a prendere lei e Taylor, e andiamo a casa." Si rimise in auto, dirigendosi verso l'istituto. Durante il tragitto, Camila si addormentò con la testa contro il vetro, Lauren cercò di andare adagio per non farla svegliare, e abbassò il volume dello stereo, lanciandole spesso degli sguardi apprensivi. Le bimbe uscirono pochi minuti dopo che si fu parcheggiata lì avanti. Le aspettò davanti all'auto, spiegando loro che Camila era stanca e si era addormentata, pregandole di non fare casini fino a casa.

Notò le occhiate preoccupate di Sofi alla sorella, e la rassicurò. Si diresse verso casa sua, parcheggiandosi infine nel vialetto. Le bimbe corsero subito in casa, e Lauren si chiese come avrebbe fatto a far salire Camila fino in camera sua. Vide sua madre uscire dalla porta d'ingresso, dirigendosi verso di loro. Uscì silenziosamente dall'auto, avvicinandosi a lei.

"Lauren, che succede?"

"Mamma, ti spiego poi con calma. Mi aiuteresti a portarla in camera?" Indicò la ragazza in macchina.

"È drogata o qualcosa del genere?" Si preoccupò la donna.

"No, mà, è la sorella di Sofi. L'ho accompagnata in ospedale stamattina, e lì le hanno dato degli antidolorifici. E per strada si è addormentata."

"Possono portare sonnolenza se sono forti. Dai, portiamola su." Acconsentì Clara, avvicinandosi allo sportello mentre studiava la ragazza. Non poté non notare il livido. E sommato a quello che aveva captato dalla sorellina della ragazza, si fece un quadro approssimativo della situazione. Camila si svegliò quando aprirono lo sportello, ma era troppo stanca e assonnata, confusa e praticamente senza energie. La sorressero, quasi portandola di peso su per le scale. Pochi minuti dopo era profondamente addormentata sul letto di Lauren.

Thinkin' About You - CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora