1975, maggio.
Jennifer si era ripromessa di non versare una sola lacrima, ma venne a meno alla sua promessa quando si ritrovò a tirare su col naso più volte di fila.
Alla vista della sua migliore amica in quelle condizioni pietose, sul volto del povero Danny, che già si sentiva profondamente a disagio, apparve un'espressione affranta e dispiaciuta.
"Dai, Jen, ti prego. Se fai così, mi rendi le cose ancora più difficili"
"Scusami, hai ragione, io non voglio piangere, è solo che..." la giovane si bloccò e sbatté più volte le palpebre per ricacciare indietro le lacrime, che proprio non ne volevano sapere di ritornare indietro "come farò senza di te? Insomma, non stiamo parlando di giorni... Devi partire per forza? È proprio necessario? Non puoi proprio rifiutarti di andare lì?"
"Mia zia non ha figli, noi siamo gli unici parenti che ha, ed ora che verrà dimessa dall'ospedale ha bisogno di qualcuno che si prenda cura di lei, almeno fino a quando sarà costretta a portare il gesso. Non posso rifiutarmi di partire, Jen, i miei hanno tanto insistito perché pensano che sia un'occasione da non perdere per me, ed io la penso allo stesso modo... Insomma... Stiamo parlando di Amsterdam!"
"E come farò io senza di te?"
"Jen, non starò via per sempre. Ritornerò, tranquilla. Possiamo sentirci per telefono tutte le volte che vuoi e possiamo parlare anche per ore ed ore se lo desideri. Non potrei mai stancarmi delle nostre telefonate"
"Ohh, Danny, ho paura di non farcela".
Spinto da uno slancio improvviso, del tutto estraneo al suo carattere timido, Danny prese la sua migliore amica per mano, per infonderle un po' di coraggio.
"Jennifer, ce la farai, stai tranquilla. Sei una persona più coraggiosa di quello che pensi, e vedrai che tornerò molto prima di quello che tu immagini. Coraggio, fammi un sorriso ora, perché devo proprio andare, altrimenti l'aereo partirà senza di me" disse il giovane con un sorriso; Jennifer non riuscì a ricambiare ed abbracciò con trasporto il suo migliore amico, nella speranza di fargli percepire almeno in piccola parte la sua profonda disperazione.
Danny emise un profondo respiro, strinse a sé la giovane e poi, a malincuore, si ritrovò costretto ad allontanarla.
"Ora devo proprio andare, Jen. Ti chiamo non appena sarò a casa di mia zia. Prometto che ti porterò un bellissimo souvenir dall'Olanda".
La ragazza non riuscì a pronunciare neppure una parola e si limitò a guardare il suo migliore amico che si allontanava in direzione del Terminal giusto; quando non riuscì più a distinguerlo tra la folla non le rimase altro che uscire dall'aeroporto a testa china e raggiungere la madre adottiva, che la stava aspettando in macchina.
Occupò il sedile posteriore sinistro senza dire una parola e continuando a tenere il viso rivolto verso i piedi; Pamela le lanciò una rapida occhiata attraverso lo specchietto retrovisore, sospirò e mise in moto la macchina.
"Allora, tesoro, è andato tutto bene?"
"Se per andato tutto bene intendi dire se ha preso l'aereo, allora la risposta è un sì"
"Non sembri molto contenta, tesoro"
"Sono solo molto combattuta, mommi, tutto qua"
"Perché, Jen?"
"Perché dovrei essergli di supporto, visto che va in Olanda per occuparsi di sua zia, e dovrei anche essere contenta per lui, dato che ha l'opportunità di visitare un Paese in cui non è mai stato, ma in verità, e mi sento terribilmente egoista per questo, mi sento abbandonata dalla persona che più di tutte vorrei avere a mio fianco in questo momento" mormorò la giovane con uno sguardo sconsolato.
In realtà, c'era un'altra persona che avrebbe voluto avere al proprio fianco in un momento così difficile... Ma al momento era ben lontana dall'Inghilterra, e comunque non aveva notizie concrete sul suo conto da diversi mesi. E non vedeva neppure questa persona da diversi mesi, per la precisione da quando Ginger se ne era andata.
Anche sul viso di Pamela apparve un'espressione sconsolata, perché vedere l'unica figlia che le era rimasta stare così male la faceva sentire male a sua volta.
"Tesoro mio" sospirò la donna, lanciandole una breve occhiata attraverso lo specchietto retrovisore "so che non è molto come consolazione, ma Danny è partito per l'Olanda perché deve prendersi cura di sua zia, altrimenti sono certa che non ti avrebbe mai lasciata sola proprio in questo momento. Vedrai che starà via solo per poche settimane, e comunque potete sentirvi telefonicamente tutte le volte che vorrai e questo è già qualcosa... Non credi?"
"Ma non è lo stesso"
"Ohh, Jen, non mi piace proprio quando ti vedo così triste ed abbattuta... Sai cosa facciamo ora? Anziché tornare subito a casa, ci fermiamo in una bella pasticceria a bere una tazza di the e mangiare qualche dolcetto, che ne dici? Dove preferiresti fermarti? Per me è lo stesso, lascio a te la scelta"
"Grazie, mommi, apprezzo veramente tanto quello che stai provando a fare, ma, non prendertela, oggi non sono proprio dell'umore adatto per fare qualcosa di simile. Ormai non ha più senso..." rispose Jennifer, lasciando la frase in sospeso.
'Senza Ginger' concluse mentalmente, facendo un altro profondo sospiro e rivolgendo il viso verso il finestrino; che senso avrebbe avuto fermarsi a bere qualcosa, se adesso non potevano più farlo insieme a Ginger? Quello di bere una tazza di the in una pasticceria era un rituale che avevano sempre compiuto in tre, ora non avrebbe fatto altro che sottolineare ancora di più la mancanza che regnava all'interno della loro famiglia.
Ed era già dura in casa, perché tutto lì dentro riportava alla mente la sorella e la figlia adottiva che avevano perso per sempre, a partire dalle numerose foto incorniciate appese sulla parete delle scale.
Pamela lanciò un'altra occhiata preoccupata alla figlia adottiva più piccola e preferì non insistere per farle cambiare idea; strinse con più forza il volante e concentrò lo sguardo sulla strada davanti a sé.
Avvertiva in modo concreto e tangibile la sofferenza di Jennifer, perché era l'eco della propria, e si sentiva terribilmente impotente perché non sapeva cosa fare per lei: come non era riuscita a fare nulla per salvare la vita alla sua primogenita, ora provava lo stesso smarrimento nei confronti della più piccola che si stava lasciando andare e che non sembrava essere intenzionata a riprendere in mano la propria vita.
Danny era partito proprio nel momento peggiore, ma non era colpa di quel povero ragazzo se la zia materna era scivolata nella vasca da bagno. Era stato solo un tragico incidente, di quelli che accadono in continuazione, ogni singolo giorno.
Anche la scomparsa prematura di Ginger era stata solo un tragico incidente, ed ora a tutti loro spettava il duro compito di rimboccarsi le maniche ed andare avanti senza lasciarsi macerare dai fantasmi del passato; lei lo stava facendo per il bene dell'unica figlia che le era rimasta e degli adorati nipotini, David aveva Virginia al proprio fianco, ed anche Richard aveva la sua famiglia pronta a sostenerla.
Coloro che la preoccupavano maggiormente erano Roger, di cui non aveva più notizie da dicembre, e Jennifer.
Soprattutto Jennifer.
Aveva appena vent'anni e già era stata dolorosamente catapultata nel mondo degli adulti; nel giorno del funerale di Ginger, Pamela aveva visto spazzata via ogni traccia della tipica innocenza fanciullesca di qualunque ragazza dagli occhi di Jennifer: a cerimonia conclusa, era ormai una donna.
Pamela riempì i polmoni d'aria e la lasciò silenziosamente uscire dalle labbra socchiuse, imponendosi immediatamente di calmarsi e di smetterla con quei pensieri carichi di pessimismo.
Doveva lasciare tempo al tempo. Jennifer aveva subìto un profondo trauma, la ferita era ancora fresca e doveva portare pazienza.
Danny e le sue telefonate l'avrebbero aiutata a non crollare ed a sfogarsi, evitando così di continuare a reprimere il dolore.
A tutto il resto ci avrebbe pensato quando sarebbe rientrato dal viaggio in Olanda.
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Remember A Day; Pink Floyd (✓)
FanfictionRaccolta di Missing Moments tratti da: "The Dark Side Of The Moon" e "What Shall We Do Now?" Cover by: aliss19