1992, luglio.
Quando Polly Samson aprì gli occhi nel cuore della notte e trovò l’altra piazza del letto vuota, non rimase affatto sorpresa; anziché allarmarsi o chiamare ad alta voce il compagno, la giovane emise un sospiro, si alzò dal letto, indossò una vestaglia da notte ed uscì dalla camera.
Sapeva perfettamente dove si trovava David e, scendendo le scale, non rimase affatto sorpresa alla vista di una luce soffusa che proveniva dal salotto della loro abitazione; e quando entrò nella stanza, vide che la luce proveniva dalla TV accesa.
Il suo compagno era seduto sul divano e stava guardando un vecchio filmino amatoriale di famiglia in cui Demi era un bambino piccolo; avvicinandosi, Polly si accorse che sopra un tavolino c’erano le custodie di altre vecchie VHS, ed una bottiglia aperta di whisky.
David aveva tra le mani un bicchiere che aveva riempito fin troppo generosamente con il liquore ambrato.
Il giorno del funerale era stato un vero strazio: il suo compagno aveva impedito a Malcom di partecipare alla funzione ed era quasi arrivato ad alzare le mani quando il ragazzo americano aveva insistito per essere presente, aveva relegato infondo, negli ultimi banchi, Jennifer e Pamela, e non aveva detto una sola parola; da quando era arrivato troppo tardi a Brighton si era chiuso nel mutismo più assoluto, rompendolo solo per lo stretto necessario, come durante l’organizzazione del funerale.
Né Richard né Nick erano riusciti a smuoverlo in qualche modo, ed a nulla era servito l’intervento di Virginia, che non appena saputa la notizia aveva preso il primo volo per Londra per essere vicina al suo ex marito.
Perfino Roger aveva chiamato, ma Polly non aveva avuto il coraggio di passare la cornetta a David.
“Demi aveva tre anni in questo filmato” la giovane sussultò, colta del tutto alla sprovvista dalla voce di Gilmour “è stato quando ha iniziato ad avvicinarsi al mio mondo: un giorno l’ho portato in Studio con me, perché nessuno poteva badare a lui, e per tutto il tempo che abbiamo registrato non ha fatto altro che continuare a fissarmi mentre suonavo la chitarra. Quando abbiamo finito, ha subito iniziato a fare domande su domande riguardo la mia chitarra e così ho deciso di prendergliene una per il suo compleanno. Ricordo che quando ha scartato il pacco ha subito sgranato gli occhi ed è rimasto senza fiato perché non riusciva a credere che gli avessimo preso proprio una chitarra. Qui eravamo nel mio Studio domestico: Virginia ci ha filmati mentre registravamo la nostra personale versione di Echoes. Demi ha sempre adorato quella canzone. Gliela cantavo ogni volta che faticava ad addormentarsi ed ha sempre funzionato”.
Il filmato terminava con il bambino biondo che, a causa di un attacco di timidezza causato dai complimenti di Virginia per la sua esibizione canora, nascondeva la testa contro la spalla destra del padre e con lui che rideva divertito e gli sfilava dalle orecchie un paio di cuffie fin troppo grandi e larghe per un bambino di appena tre anni; quando sullo schermo apparve un segnale disturbato, il chitarrista spense la TV ed accese una piccola abatjour.
“Credi che io sia una persona orribile?” domandò dopo una lunga pausa, ma senza sollevare lo sguardo verso la compagna; non la guardò negli occhi neppure quando lei prese posto a suo fianco sul divano.
“No, Dave, perché mai dovresti considerarti in questo modo?”
“Ginger mi ha escluso completamente durante il corso della sua malattia: tutti lo sapevano, tranne me. Ne sono venuto a conoscenza solo quando ormai era la fine e sono riuscito a vederla solo un’ultima volta prima che ne se andasse. Demi ha agito nello stesso modo e con lui non ho avuto neppure la possibilità di dirgli addio”
“Non penso che lo abbiano fatto per odio personale. Piuttosto, credo che entrambi lo abbiano fatto per proteggerti in qualche modo… Anche se, forse, col senno di poi non è stata la migliore delle decisioni”
“Non lo so. Io so solo che l’ultima volta che ho visto mio figlio ho litigato con lui, gli ho detto che sua madre sarebbe delusa da lui e di non tornare indietro perché non avrebbe trovato altro che una porta chiusa, e adesso non posso rimediare in nessun modo. Non posso parlare con lui, non posso chiarire il litigio che abbiamo avuto, non posso dirgli che quando si è arrabbiati si dicono molte parole che non si pensano veramente… E non posso fare nulla di tutto questo perché mio figlio, di appena vent’anni, si trova sotto terra, dentro una maledetta cassa di legno, e lì ci rimarrà per sempre. Avrei potuto farlo in questi mesi, ma nessuno ha pensato di avvisarmi se non quando era ormai troppo tardi… D’altronde ero solo suo padre, e quindi che senso aveva comunicarmi che a mio figlio era stata diagnosticata la stessa malattia terminale della madre?”
“Dave”
“Ma ormai non ha senso discutere su questo perché Demi non c’è più e se ne è andato con la convinzione che io lo odi”
“Ed io invece credo che Demi sapesse perfettamente che tu non lo odi affatto, anche se non avete avuto la possibilità di parlare un’ultima volta e di chiarirvi”
“Tu credi?” il chitarrista si voltò di scatto a guardare finalmente la compagna negli occhi “Polly, io non so che farmene di una semplice supposizione. Non ho avuto la possibilità di parlare con mio figlio prima che se ne andasse! L’ho visto che era in perfetta salute ed un anno dopo l’ho rivisto che se n’era andato. Non gli sono stato accanto, non l’ho aiutato, non gli ho dato il mio supporto e non ero insieme a lui quando… Mi sono comportato come il peggior padre del mondo. Ho deluso Ginger. Ho deluso Demi. Mio dio, come farò ad andare avanti con questo peso? Perché quella sera gli ho detto quelle parole? Perché non sono riuscito a calmarmi e ad affrontare la situazione in modo diverso? Perché?”
“Tu non c’entri nulla con la malattia. Se Demi ce l’aveva da sempre dentro di sé, prima o poi si sarebbe comunque manifestata. Io sono certa che ti ha perdonato per quella sera e che non vorrebbe affatto vederti in queste condizioni. Né lui né Ginger. Pensa che adesso sono insieme”
“È una consolazione molto magra e non penso proprio che mi aiuterà in qualche modo con i sensi di colpa”
“Temo che quelli non se ne andranno mai via del tutto, potrai solo imparare a conviverci in qualche modo, col tempo… Ma non facendo ricorso a questo” disse Polly in tono risoluto, prendendo il bicchiere col whisky dalle mani di David e facendo lo stesso con la bottiglia: era intenzionata a svuotare entrambi nel lavandino della cucina ed avrebbe fatto fare la stessa fine anche a tutte le altre bottiglie di alcolici presenti in casa, così il compagno non sarebbe ricaduto in tentazione nei momenti di sconforto più profondo “ti preparo qualcosa di caldo e dopo verrai a letto con me”
“Non penso proprio che riuscirò a dormire”
“Vedrai che una tisana calda ti aiuterà a distendere i nervi e presto o tardi riuscirai a chiudere gli occhi. E se avrai qualche brutto incubo, ci sarò io pronta a svegliarti”
“Polly” David bloccò la giovane per il polso destro, e lei si voltò a guardarlo con un’espressione interrogativa, in attesa che parlasse “non lasciarmi, per favore. Se adesso mi lasci anche tu, non so proprio come potrei mai riuscire ad alzarmi”.
La ragazza, colpita dalle parole e dallo sguardo disperati del compagno, posò il bicchiere e la bottiglia, si sedette di nuovo sul divano e gli passò le braccia attorno alle spalle; appoggiò la fronte contro quella di David, e le parole che disse subito dopo fecero capire al chitarrista di aver finalmente trovato la donna della sua vita, quella con cui sarebbe rimasto insieme per sempre.
“Non ho nessuna intenzione a lasciarti, David, e non m’importa se ci vorranno mesi o anni perché tu possa iniziare a sentirti un po’ meglio, o dei momenti peggiori che passerai, in cui non vorrai vedere ed avere a che fare con nessuno, me compresa: prenditi tutto il tempo necessario perché io sarò sempre lì con te, a tuo fianco, ad aiutarti passo dopo passo. Perché è questo che si fa in una coppia”.
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Remember A Day; Pink Floyd (✓)
FanfictionRaccolta di Missing Moments tratti da: "The Dark Side Of The Moon" e "What Shall We Do Now?" Cover by: aliss19