(32; PARTE UNO)

81 5 66
                                    

1991, febbraio.




Non erano solo i silenzi fatti di parole non dette a pesare come dei piccoli mattoni invisibili; anche quello delle bugie era un peso non indifferente, soprattutto nel caso di una persona come Jennifer che era una pessima bugiarda di natura.

La frequentazione segreta con l’ex marito la costringeva immancabilmente a nascondere la verità (almeno per il momento) e quando lui, dopo un lunghissimo silenzio durato diversi mesi, aveva incaricato la sua assistente personale di organizzare un piccolo soggiorno a Los Angeles per Jennifer, per trascorrere qualche giorno insieme, lei era stata costretta a dire a casa che partiva per andare a trovare Lindy; la bugia era stata così convincente che nessuno in casa aveva avuto qualche sospetto, né i suoi figli né la madre adottiva né i nipoti, ma ciò non faceva sentire meglio la giovane donna, che avvertiva uno sgradevole nodo alla bocca dello stomaco dal preciso istante in cui aveva raccontato quella menzogna.

Non era pentita della decisione che lei e Roger avevano preso a Berlino, perché continuava a pensare che la loro unica opzione disponibile fosse una frequentazione segreta, ma si domandava sempre più di frequente quanto tempo sarebbe trascorso prima che qualcuno iniziasse a sospettare qualcosa.

Se lei e Roger erano stati scoperti a Chicago, dopo aver trascorso insieme appena una notte, presto o tardi sarebbe accaduto lo stesso.

“Eccoci arrivati!” Bob parcheggiò la macchina nei pressi dell’aeroporto di Londra, girò il viso verso sinistra per guardare Jennifer e si accorse solo in quel momento del lembo di stoffa del maglioncino che continuava a tormentare “Jen? Jen, va tutto bene?”.

Non ottenendo alcuna risposta, l’uomo la scosse leggermente per la spalla destra, riuscendo a risvegliarla dal torpore in cui era caduta.

“Mh, come?” domandò la diretta interessata, sbattendo le palpebre e girandosi verso l’ex amante; lui le indicò qualcosa, lei abbassò lo sguardo e si rese conto a sua volta di quello che stava facendo: non si era accorta che nel momento stesso in cui era salita in macchina aveva stretto la stoffa del maglioncino come antistress per combattere l’ansia. La lasciò subito andare e sorrise “ohh, sì, va tutto bene, non ti preoccupare. Sono solo un po’ ansiosa perché è la prima volta che riprendo l’aereo dopo più di un anno e con tutte le notizie che oggigiorno si sentono al telegiornale… Grazie mille per il passaggio, Bob, ora devo proprio andare”.

Jennifer sperava di liquidare in fretta il suo ex amante, ma lui riuscì a fermarla prima che sgusciasse in fretta fuori dalla macchina per recuperare il bagaglio a mano dal bagagliaio e dirigersi verso il Terminal: le cinse con delicatezza il polso destro e le disse se poteva trattenersi solo qualche istante in più perché c’erano alcune cose che doveva dirle prima della sua partenza… Proprio quello che la giovane donna voleva evitare, perché era certa che le cose in questione avessero a che fare con il discorso lasciato in sospeso la sera del suo compleanno.

Quando si era preparata per la partenza, aveva fatto ben attenzione a lasciare a casa la catenella che Bob le aveva regalato perché era certa che Roger si sarebbe irritato parecchio se gliel’avesse vista ancora addosso.

Jen si considerava ancora una donna totalmente libera, ma non ci teneva a stuzzicare troppo la poca pazienza dell’ex marito: non voleva inaugurare la breve vacanza a Los Angeles con un litigio acceso per colpa di uno stupido e piccolo oggetto come una catenella.

Jen allontanò la mano sinistra dalla maniglia della portiera, tornò a sedersi ed invitò Bob a parlare, benché dentro di sé non fosse affatto ansiosa di sentire le sue parole; aveva le mani sudate ed il nodo alla bocca dello stomaco si era fatto più stretto.

Remember A Day; Pink Floyd (✓)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora