OGGI
I giorni passarono veloci e si tramutarono in settimane e poi in mesi.
La pratica per il riconoscimento di Efe si concluse e il piccolo ottenne il cognome di Can, oltre a quello della madre.
Il bambino si affezionò sempre di più a lui, pendeva letteralmente dalle sue labbra. Con lui non era mai capriccioso, lo ubbidiva sempre e quando gli parlava lo ascoltava immobile, con gli occhi spalancati, come se comprendesse alla perfezione ogni parola.
Quando Can lo andava a trovare, a casa, il piccolo lo riconosceva ancora prima di vederlo o sentire la sua voce, dal rumore della macchina che si fermava nel piccolo giardino antistante la villetta e allora era tutto un agitarsi di manine, un borbottio incomprensibile che esprimevano la sua incontenibile gioia. Allo spalancarsi della porta, poi, gli si gettava addosso, aggrappandosi alle sue gambe finché non veniva preso in braccio dove, finalmente si quietava.
Sanem era felice che il bimbo avesse accettato Can con tanta facilità e soprattutto che avesse una figura maschile cui fare riferimento, perché non aveva mai creduto di poter svolgere lei stessa sia il ruolo di madre che di padre, ma lentamente, in lei, si fece strada un sentimento che la spaventò: la gelosia.
Non aveva paura che Efe si disaffezionasse a lei, ma era gelosa delle attenzioni che Can aveva per lui. Tempo addietro le aveva detto che avrebbe voluto riscrivere la loro storia e lei aveva creduto che volesse riavvicinarsi, che volesse riconquistarla, ma non aveva fatto nulla, assolutamente nulla perché questo accadesse. Oltre a quel fugace bacio al parco, non c'era stato altro. Mai uno sguardo, una parola, un tocco anche accidentale e lei, doveva ammetterlo, ne soffriva e questo la rendeva ancora più scostante e astiosa nei suoi confronti.
Intanto si stava avvicinando il secondo compleanno di Efe e la classica visita pediatrica.
Sanem pensò di chiedere a Can di accompagnarla.
"La prossima settimana devo portare il piccolo dal medico..."
"Ha qualcosa che non va?" la interruppe preoccupato.
"No, si tratta di una visita di routine... Sai per verificare la sua crescita... Ecco mi chiedevo se volessi venire anche tu..."
"Assolutamente sì", rispose senza esitare Can.
"D'accordo, allora potresti passarci a prendere martedì pomeriggio, se non hai impegni..."
"A che ora?"
"La visita è fissata per le 15.00...quindi direi verso le 14.30..."
"Sarò puntuale!"
Entrare nello studio pediatrico al fianco di Can, che teneva in braccio Efe, provocò in Sanem un profondo moto di orgoglio. Finalmente non si sentiva più osservata, chiacchierata e giudicata per essere una madre single, ma poteva guardare le altre donne senza più vergognarsi. Quando il medico la fece accomodare e lei gli presentò Can, un'espressione sorpresa si dipinse sul suo volto.
"E' davvero un piacere fare la sua conoscenza sig. Divit", gli disse stringendogli la mano.
"Il piacere è tutto mio. Purtroppo varie vicissitudini mi hanno costretto all'estero più di quanto avrei voluto e così non ho potuto stare accanto a mio figlio e a Sanem. Ma lo farò d'ora in avanti", spiegò.
"In ogni caso Sanem se l'è cavata egregiamente. E' davvero un uomo fortunato ad avere una donna così al suo fianco!" asserì il dottore "E ora se siete d'accordo procederei col visitare quest'ometto, che mi pare goda di ottima salute", proseguì, afferrando il piccolo dalle braccia di Can.
Al termine di tutti i test il pediatra confermò la sua impressione: "Potete stare tranquilli, il bambino cresce magnificamente e mi pare anche sereno." Poi, rivolto a Sanem, disse "Non so come tu abbia fatto, con tutto quello che hai passato, ma hai davvero fatto un ottimo lavoro..."e ancora "Adesso come va? Come ti senti?"
A quelle parole lo sguardo indagatore di Can saettò su di lei, che divenne rossa per l'imbarazzo: "Sto bene dottore, molto bene. Efe è un bambino molto dolce, non è difficile prendersi cura di lui."
"Bene, allora direi che la visita è conclusa e che potremmo rivederci tra circa sei mesi. Se però dovessero sorgere dei problemi prima, o per qualunque altro motivo, non esitate a contattarmi!"
Una volta risaliti in macchina Can le chiese: "A cosa si riferiva il medico prima?"
"A nulla di particolare...e, in ogni caso, è tutto passato. Non ha senso parlarne adesso".
Lui fece finta di crederle ma una volta arrivati a casa e messo a letto Efe, che nel frattempo si era addormentato, tornò sull'argomento: "Non penserai mica che io mi accontenti della risposta che mia hai dato, vero?"
"Perché insisti Can? E' successo tempo fa, come ti ho già detto, e poi è qualcosa che riguarda solo me..."
Ma lui scosse il capo: "Tutto quello che riguarda te e il bambino riguarda anche me", disse avvicinandosi pericolosamente a lei.
La sovrastava con la sua figura imponente e non le staccava gli occhi di dosso. Sanem si sentiva come un animale in gabbia, senza via di fuga. Cosa significavano le sue parole? Cercò qualcosa da dire ma non riusciva a pensare lucidamente. Averlo così vicino, sentire il suo respiro e il suo sguardo che la passava da parte a parte la privarono della volontà e così finì col dirgli la verità, o, almeno, una parte delle verità.
"Durante gli ultimi mesi della gravidanza ho rischiato di perdere il bambino a causa del distacco della placenta...ma poi tutto si è risolto per il meglio, come vedi..."
"E' tutto?" le chiese ancora, afferrandole il mento e costringendola a guardarlo negli occhi.
"Sì è tutto", in quel momento avrebbe detto qualsiasi cosa pur di porre fine a quella tortura. Era arrabbiata e delusa di se stessa: possibile che le facesse ancora quell'effetto?
Finalmente la lasciò andare e lei, avanzando la scusa di sentirsi stanca, gli chiese di lasciarla sola.
"Mi dispiace", le disse "non volevo turbarti, ma dovevo sapere..."
"Va bene, Can, ora lo sai, ma come vedi non fa alcuna differenza. Quando è accaduto tu non c'eri e ora non ha più importanza."
"Ce l'ha per me", osservò lui "perché questa e un'altra cosa che non potrò mai perdonarmi..."
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Ricominciare da Noi
RomanceLe parole possono ferire più di un coltello dalla lama affilata e i silenzi possono costruire muri difficili da abbattere. Amare, allora, diventa difficile. Un atto di coraggio indispensabile per ricominciare da dove Can e Sanem si sono lasciati.