Capitolo 37

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OGGI

C'erano voluti più di due anni per concludere l'adozione e diversi viaggi in Congo per conoscere i bambini, perché alla fine per Can e Sanem erano risultati idonei due fratellini: un maschietto di cinque anni e una femminuccia di due. Il padre era rimasto vittima dei combattimenti, mentre la madre era morta dando alla luce la bimba e separarli sarebbe stato crudele.

Il processo di valutazione dell'idoneità ad adottare non era stato privo di difficoltà, come pure di momenti dolorosi.

Gli organi competenti avevano passato al setaccio la vita di Can e Sanem e, così, avevano appreso dell'abbandono di lui e del suo disturbo da stress post traumatico, che lo aveva condizionato per molto tempo dopo il suo ritorno in Turchia.

Furono chiamati in causa i medici che lo avevano curato, oltre agli amici e a tutti i familiari e non era stato facile, soprattutto per Can, non lasciarsi prendere dallo sconforto e rinunciare.

Ancora una volta il suo passato, i suoi errori, il suo comportamento, ritenuto irresponsabile, gli presentavano il conto e lui si sentiva terribilmente in colpa nei confronti di Sanem, perché, se fosse accaduto, sarebbe stato lui la causa del fallimento di quel bellissimo progetto.

Per mesi furono osservati da psicologi che si presentavano in casa all'improvviso, ma, alla fine, la serenità di Efe, la sua gioia, la sua vivacità e l'entusiasmo che manifestava nei confronti di Can, li convinsero che era decisamente un buon padre e che lui e Sanem sarebbero stati dei genitori ideali.

Su suggerimento di Camille impararono anche le basi del congolese. Quel tanto che bastava per farsi capire dai piccoli e cominciarono a preparare Efe all'arrivo dei fratelli.

Gli spiegarono che, presto, sarebbero arrivati a fargli compagnia due bambini, che erano rimasti senza la mamma e il papà e per questo si sentivano soli e molto tristi. Avrebbero vissuto insieme a loro e, se si trovavano bene, sarebbero rimasti per sempre, come se fossero suoi fratelli, così anche lui avrebbe sempre avuto qualcuno con cui giocare, soprattutto quando era brutto tempo e non si poteva andare al parco. Gli dissero che quei bambini provenivano da un paese lontano, non parlavano ancora il turco e avevano la pelle di un colore più scuro, ma, questo, non aveva nessuna importanza, perché sarebbero stati contenti di avere un nuovo amico come lui.

Efe ascoltò tutto con estrema attenzione e poi chiese: "Ma voi sarete sempre la mia mamma e il mio papà? E mi vorrete sempre bene?"

"Ma certo", risposero in coro Can e Sanem "tu sarei sempre il nostro ometto e noi non potremmo mai vivere senza di te!"

In realtà, chi si adattò più facilmente alla nuova situazione fu proprio Efe, che non ebbe nessun problema a relazionarsi con i due nuovi arrivati, utilizzando quel linguaggio, tipico dei bambini, fatto di gesta e istinto, che gli faceva capire quello di cui avevano bisogno molto prima che a Can e Sanem.

Per lui fu naturale prenderli per mano e condurli nella sua cameretta. In loro non vedeva nessuna diversità e accettarli e affezionarsi a loro fu quasi immediato.

Per Sanem fu lo stesso. Il suo istinto materno si risvegliò all'istante, non appena li prese tra le braccia, mentre Can non sentì quella scintilla che era divampata nel suo cuore quando aveva visto, per la prima vota, Efe.

Per quanto si sforzasse non riusciva a sentire nulla per quei bambini se non una forte responsabilità che, però, non aveva nulla a che fare con l'amore e si chiese se mai sarebbe riuscito a provarlo.

Sanem capì che qualcosa non andava e, una sera, decise di affrontarlo. Si erano ripromessi di dirsi tutto, ma lui le stava nascondendo qualcosa: "Cosa c'è che non va, Can? Cosa ti turba?"gli chiese.

Lui sospirò e si passò una mano sul viso, rassegnato: "Non so come spiegarlo Sanem e mi vergogno ad ammetterlo, ma pensavo che avrei amato subito quei bambini, invece non provo nulla e mi sento in colpa per questo..."

Lei sorrise comprensiva: "Non devi... datti tempo, Can. Impara a conoscere quei bambini senza importi di amarli. L'amore è qualcosa di inspiegabile, insondabile, che non possiamo programmare e soprattutto non aspettarti di amarli come ami Efe perché questo non sarà possibile. Lui è sangue del tuo sangue e questo legame che vi unisce è unico e inviolabile. Ma sono certa che, se tu aprirai il tuo cuore senza pregiudizi, loro sapranno conquistarlo!"

"Cosa ho fatto per meritarti, Sanem?" le chiese quando ebbe finito di parlare, prendendola tra le braccia.

"Hai solo saputo amarmi, Can, perché tu SAI amare, fidati!"

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