Capitolo 3

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DUE ANNI E MEZZO PRIMA

Sei mesi. Erano passati sei mesi da quando Sanem aveva conosciuto Can. Sei mesi di pura felicità.

Dopo il servizio fotografico lui le aveva chiesto di rivederla e le aveva fatto una corte serrata, finché, lei, non aveva ceduto.

Metin l'aveva avvertita di stare attenta, dicendo che non era l'uomo adatto a lei, ma lei ne era rimasta irretita e se ne era innamorata.

Can la faceva sentire unica, speciale. Quando stavano insieme niente aveva più importanza, né il tempo, né il luogo, tutto diventava superfluo, esistevano solo loro due e il loro amore, almeno così credeva.

Con lui, Sanem, aveva sperimentato numerose prime volte: il primo palpito, il primo bacio, la prima gelosia, il primo donarsi a un uomo e non si era pentita, perché tutto era stato bello, lui lo aveva reso bello. Romanticamente pensava che i suoi sentimenti fossero ricambiati e che nulla avrebbe potuto separarli, nemmeno quell'incarico che aveva ricevuto e che lo avrebbe portato in Congo per alcune settimane. Sanem era felice per lui, perché sapeva quanto ci tenesse e quanto fosse importante per la sua carriera e ne era orgogliosa. Lo stimava molto come fotografo. Attraverso i suoi scatti sapeva cogliere la vera essenza delle cose. Quelle immagini, diceva, avevano un'anima.

Non avevano mai parlato del futuro, non avevano mai fatto progetti che andassero oltre la settimana successiva. Vivevano il presente con ogni particella del proprio essere e questo bastava a farli sentire completi. Quando Sanem scoprì di aspettare un bambino, non si spaventò, anzi, fu contenta, perché quella creatura era la prova che quello che stava vivendo con Can non era un sogno, ma la realtà e non vedeva l'ora di condividere con lui la splendida notizia.

Per l'occasione aveva cucinato il suo piatto preferito e disposto al centro tavola alcune candele, in modo da creare l'atmosfera adatta.

Quando rincasò, quella sera, gli corse incontro allegra, come faceva sempre, e lo abbracciò entusiasta.

"Ehi piccola, festeggiamo qualcosa di particolare?"le chiese Can, baciandola dolcemente e guardandosi intorno, leggermente sorpreso.

"Non posso semplicemente viziarti e coccolarti un po'?"

Lui la guardò dubbioso e lei scoppiò a ridere.

"D'accordo...in effetti c'è una cosa che devo dirti, ma non è nulla di preoccupante, per cui intanto godiamoci la cena e poi parliamo con calma, va bene?"

"Come vuoi tu... Lo sai che non riesco mai a dirti di no", acconsentì Can.

Cenarono tranquillamente, chiacchierando del più e del meno, raccontandosi vicendevolmente la propria giornata finché Sanem gli chiese: "Hai mai pensato di crearti una famiglia? Di avere dei figli?" L'espressione di Can cambiò immediatamente, ma lei finse di non accorgersene e continuò, in un sussurro: "Aspetto un bambino!"

Seguì un attimo di silenzio e Sanem pensò che non l'avesse udita. Stava per ripeterlo, ma Can la precedette: "E' mio?"le chiese.

Tutto si sarebbe aspettata, ma non quello. Come poteva insinuare che lei fosse stata con un altro uomo, quando sapeva benissimo che il primo era stato lui? Come poteva umiliarla in quel modo?

Lo guardò come se lo vedesse per la prima volta. Quello non poteva essere lui. Senza dire una parola si alzò dalla tavola, raccolse la sua borsa e se ne andò senza mai voltarsi.

Quello fu il loro ultimo incontro.

Un paio di settimane dopo Can partì per la Repubblica Democratica del Congo. Non aveva più saputo nulla di Sanem, nonostante l'avesse chiamata più volte e avesse cercato di avere sue notizie da Metin e dai suoi amici, ma questi avevano eretto un muro protettivo attorno a lei e si erano rifiutati di dargli informazioni. Ogni tentativo di rintracciarla si era rivelato un buco nell'acqua.

Can sapeva di aver sbagliato, era stato colto alla sprovvista ed era stato precipitoso, ma era convinto di poter rimediare una volta tornato in Turchia, perché ci teneva a lei e certamente non si sarebbe tirato indietro di fronte alle proprie responsabilità. Quando Sanem gli aveva annunciato di essere incinta, nella sua mente aveva visto svanire il progetto del suo viaggio all'estero, si era visto costretto a una vita che non aveva scelto e una paura irrazionale si era impossessata di lui. Da lì quella reazione inqualificabile che aveva ferito Sanem come non avrebbe mai voluto che accadesse. Ma, ripeté a se stesso, avrebbe sistemato ogni cosa.

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