Capitolo 8

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DUE ANNI E MEZZO PRIMA

"Mi ha chiesto se sono sicura che il figlio sia suo", disse Sanem ad Ayan.

Dopo la discussione con Can, se di discussione si poteva parlare, perché in realtà tra i due c'erano state solo poche parole, Sanem se n'era andata e aveva raggiunto la sua amica. Non se la sentiva di tornare a casa dai suoi genitori, che non avevano mai visto di buon occhio quella relazione, ritenendo Can "troppo di mondo", e così era andata da quella persona che considerava comunque parte della famiglia.

Non aveva fatto scenate, non si era lasciata andare a pianti disperati, non aveva gridato, non erano atteggiamenti da lei. Si era limitata a riportare i fatti così come si erano svolti, con tono piatto, neutro, quasi fossero accaduti a un'altra e non a lei. Ma dentro soffriva, eccome! Quelle due parole l'avevano spezzata, perché significavano che lui, in realtà, non l'aveva mai conosciuta fino in fondo, non si era mai fidato completamente di lei e probabilmente non era mai stato sincero. Si era divertito, giusto per occupare il tempo fino alla sua partenza per il Congo, per quel viaggio di lavoro a cui teneva tanto.

E lei ci era cascata.

Aveva pagato con la sua ingenuità, il suo romanticismo, il suo desiderio d'innamorarsi ed essere amata, ma non si sarebbe commiserata. Non poteva permetterselo, aveva troppo da perdere.

Una nuova vita stava crescendo in lei ed era suo dovere prendersene cura.

Ayan la guardò, non sapendo bene cosa dire e tanto meno cosa consigliarle.

"Non posso credere che Can abbia potuto pensare una cosa simile... Cosa hai intenzione di fare?"

"Come prima cosa dovrò dirlo ai miei genitori e sperare che comprendano e poi vorrei trovare un posto tutto per me e il piccolo dove ricominciare."

"Beh, forse, in questo, ti potrei aiutare. Che ne diresti di venire qui?"

"Intendi qui con te?"

"Sì! In realtà io vorrei trasferirmi in centro, in modo da essere più vicina al lavoro, ma finché non trovo qualcosa potremmo vivere insieme... Poi ti lascerei la casa. Che ne dici?"

"Tu, tu faresti questo per me?"chiese, commossa, Sanem.

"Certo, ma non lo farei solo per te. Lo farei anche per me: sei la mia famiglia e un po' di compagnia mia farà bene!"

Sanem accettò grata la proposta di Ayan e la settimana successiva si trasferì da lei.

I suoi genitori appresero la notizia della gravidanza con un misto di gioia e dispiacere. Erano felici di diventare nonni: in fondo, dissero, i bambini sono un dono di Allah, ma sapevano, anche, quanto sarebbe stato difficile per Sanem crescere un figlio da sola.

Le risparmiarono la solita frase: "te lo avevamo detto...", ma il comportamento di Can confermò l'opinione che si erano fatta di lui e si ripromisero di non pronunciare più il suo nome.

Lo cancellarono, come se non fosse mai esistito, come si fa con una parola scomoda che impedisce a una frase di essere scorrevole.

Sanem, però, per quanto si sforzasse, non riusciva a dimenticare. L'amore che nutriva per Can era ancora lì, nel suo cuore, nonostante l'avesse ferita profondamente. Aveva messo radici profonde, che non sarebbe mai riuscita a estirpare, ancor meno adesso che quell'amore era diventato tangibile grazie al bambino che aspettava.

Seppe che lui l'aveva cercata, prima di partire, ma lei non aveva bisogno del suo rimorso o dei suoi sensi di colpa e fece in modo che non la trovasse. Lo lasciò libero di andarsene, senza zavorre, senza chiedergli nulla e lui partì.

I primi mesi furono davvero difficili. Lo vedeva ovunque, in ogni luogo, in ogni volto che incontrava. La notte sognava di essere tra le sue braccia, di fare l'amore con lui, di progettare il loro futuro insieme. Poi, poco a poco, le cose migliorarono. L'avanzare della gravidanza la costrinse a concentrarsi sul presente e sulle cose da fare: preparare la cameretta, il corredino e acquistare tutte le altre cose che sono necessaria a un neonato. La sua mente si spostò dal pensiero costante di Can al bimbo che cresceva nel suo ventre, finché si rese conto che ricordarlo non faceva più così male, anzi, quando accadeva, un sorriso le saliva alle labbra, perché era vero che l'aveva lasciata, ma non completamente: una parte di lui sarebbe stata sempre accanto a lei e questo la rincuorava, le dava coraggio e le regalava la serenità cui tanto anelava.  

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