Capitolo 17

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OGGI

Quel viaggio in Francia non aveva portato le risposte che Sanem cercava, ma, almeno, le aveva dato la conferma che per Can, lei non era stata solo un'avventura, un semplice passatempo come aveva temuto. Aveva parlato di lei alla madre e a Kevin e, a quanto sembrava, non era stato solamente un breve accenno, ma qualcosa di più.

Quella sera Can le aveva chiesto di cenare insieme, ma lei aveva rifiutato, dicendo di essere stanca e di voler riposare perché l'indomani mattina doveva essere all'aeroporto di buon'ora per tornare a Istanbul.

In realtà desiderava stare da sola. Aveva bisogno di pensare, di riflettere sugli ultimi avvenimenti, su ciò che aveva visto e sentito e cercare di rimettere ordine nei propri sentimenti.

Lo amava? Sì, a dispetto di tutto ne era ancora profondamente innamorata e questo la spaventava.

Kevin aveva detto che era un uomo leale e onesto, ma con lei si era comportato nel peggiore dei modi e questo la confondeva. Kevin aveva detto, anche, che gli avrebbe affidato ciecamente la propria vita, lei lo aveva fatto e ne era uscita a pezzi. Qual era il vero Can? Quello che aveva conosciuto lì alla mostra, attraverso le parole degli altri, o quello che, guardandola negli occhi, l'aveva umiliata, o, ancora, quello che stringeva amorevolmente al petto Efe e lo cullava?

Pensando al bambino si chiese se per lui poteva rischiare ancora. Era giusto negargli la possibilità di crescere in una famiglia normale, con entrambi i suoi veri genitori? Una parte di lei, quella più romantica ed emotiva non aveva dubbi sulla risposta, mentre l'altra, quella più razionale aveva mille ripensamenti e Sanem aveva imparato che nella vita di tutti i giorni di romantico c'era ben poco!

Decise di aspettare il ritorno di Can e, in base al suo atteggiamento, avrebbe valutato il da farsi. In fondo, si disse, la prossima mossa spettava a lui.

E quella mossa non si fece attendere a lungo.

Un paio di giorni dopo il suo rientro da Parigi, mentre era al parco e stava controllando alcuni messaggi al cellulare, un grido improvviso le fece alzare il capo, giusto in tempo per vedere Efe cadere rovinosamente dall'altalena, che un altro bambino, un po' più grande aveva cominciato a spingere.

Si precipitò subito da lui ma non riuscì a evitare che battesse la testa. In un primo momento non sembrava nulla di grave, ma poi Efe cominciò a impallidire e sembrò appisolarsi fra le sue braccia. Impaurita lo portò immediatamente al Pronto Soccorso, dove i medici decisero di tenerlo in osservazione almeno per 24 ore.

"Il bambino ha una leggera commozione cerebrale, ma stia tranquilla, si riprenderà perfettamente", le dissero.

"Posso rimanere con lui?"

"Certamente, anche se non è necessario."

Sanem chiamò Ayan per avvertire l'amica di quanto accaduto e, soprattutto, perché aveva bisogno di una parola di conforto.

"Vuoi che venga lì?"

"Ti ringrazio Ayan, ma non è necessario e ti prego non dire nulla ai miei. Non ha senso spaventarli inutilmente."

"Come vuoi, ma se hai bisogno chiama immediatamente...e vedrai che tutto andrà bene!"

Appena terminata la telefonata con Sanem, Ayan contattò Metin e si fece dare il numero di Can.

Quest'ultimo rispose al primo squillo: "Pronto?"

"Ciao Can, sono Ayan..."

Lui non la lasciò andare avanti: "Cosa succede Ayan?"chiese preoccupato.

"Non è niente di grave, stai tranquillo, ma Efe ha avuto un piccolo incidente e ora è in ospedale...Ho pensato di avvertirti..."

"E Sanem?"chiese ancora, non capendo perché non fosse stata lei ad avvertirlo.

"Sta bene, è con lui, ma..."

"Ho capito, prendo il primo volo e arrivo!"

Era l'alba quando Can, stravolto, varcò le porte dell'ospedale ed entrò nella camera dov'era ricoverato il piccolo. Accanto a lui semi addormentata su una poltroncina c'era Sanem. Cercando di non far rumore le si avvicinò, le si inginocchiò davanti e delicatamente le scosse la spalla. Lei aprì gli occhi e quando lo riconobbe gli gettò le braccia al collo, scoppiando in singhiozzi.

Lui lentamente le cinse la schiena e la invitò ad alzarsi insieme a lui per poi stringerla in un abbraccio e cullarla dolcemente.

"Shhh, non fare così o sveglierai Efe..."

"E' tutta colpa mia Can, non sono stata attenta..."

"Non dire sciocchezze Sanem, tu sei una madre fantastica e i bambini è normale che giocando si facciano male. Andrà tutto bene, stai tranquilla."

Lei parve calmarsi e si scostò leggermente da lui per guardarlo in viso: "Ma tu non dovevi essere ancora a Parigi? Quando sei arrivato? Chi ti ha chiamato?" chiese tutto d'un fiato.

Lui le sorrise: "Non potevo non esserti accanto, non questa volta Sanem. Ho preso il primo aereo subito dopo che Ayan mi ha avvertito... Perché non lo hai fatto tu?"

Lei fu colta alla sprovvista e non seppe cosa rispondere. In realtà non ci aveva pensato, abituata com'era a risolvere sempre tutto da sola.

"Capisco", mormorò Can con un velo di tristezza nella voce, che non sfuggì a Sanem.

"Sono felice che tu sia qui!" disse lei per poi stringersi nuovamente a lui, cercando, in questo modo di scusarsi.

Poco dopo il bambino si svegliò. In un primo momento, non riconoscendo la stanza in cui si trovava, si spaventò, ma poi vide la mamma e il papà e il suo visino si illuminò di uno splendido sorriso che fece intuire come tutto andasse bene.

I medici lo visitarono e confermarono che tutto era passato e che non c'era motivo di preoccuparsi.

"Quello di cui ha bisogno, ora, quest'ometto, è solo di passare un po' di tempo con voi e di tante coccole", dissero prima di dimetterlo.

Can li accompagnò a casa e si fermò a giocare con Efe. Gli era mancato più di quanto si fosse immaginato e quando alla fine si addormentò nel suo braccio propose a Sanem di andare via solo loro tre per un paio di giorni. Agì d'impulso, senza pensarci e la risposta di Sanem lo sorprese e quasi lo spiazzò, perché non se l'aspettava.

"E' davvero una buona idea, credo che al piccolo farà bene", disse "cos'hai in mente?" chiese.

"E' una sorpresa. Fammi solo sapere quando sei libera con il lavoro e porta il costume. A tutto il resto penso io", le rispose enigmatico.

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